Da questa mattina sono disponibili sul sito del Comune di Milano due bandi per un valore totale di 4.166.985 euro del Fondo Anticrisi stanziati dall’assessorato alle politiche sociali. Il sostegno massimo che sarà concesso è di 5mila euro e le domande saranno accettate sia on line, che presso il punto di informazioni nella sede dell’assessorato, in Largo Treves (MM Moscova), mentre i disabili potranno recarsi all’apposito ufficio di via San Tomaso.
Molto varia è la tipologia di persone che potranno accedere ai fondi ‘anticrisi’. Si va dalle giovani coppie con meno di 40 anni, anche dello stesso sesso, sposate o conviventi nella stessa abitazione, ai cassaintegrati. Da chi ha perso il lavoro a chi è in mobilità. Anche i precari, ma solo se han lavorato almeno 300 giorni negli ultimi due anni. I requisiti sono diversi, ma il principale è quello di avere un reddito Isee inferiore ai 20mila euro annui nel caso di difficoltà lavorative e di 25mila euro in caso delle domande abitative che comprendono aiuti al reddito o aiuti all’acquisto della prima casa.
La matematica non è un’opinione, ma una
scienza esatta. Eppure non uno dei giornalisti che ieri ha così pomposamente pubblicato la notizia dei due bandi del Fondo Anticrisi, ha eseguito una semplice divisione. 4.166.985 che è la cifra stanziata dal Comune per i cittadini milanesi colpiti dalla crisi, diviso i 5mila euro di contributo massimo che verrà stanziato per ogni richiesta. Il risultato fa 833. Anche ammettendo il dimezzamento del contributo, i cittadini e le famiglie aiutate con 2500 euro non sarebbero più di 1666.
Un Welfare Metropolitano decisamente parziale. I numeri sono davvero esigui per una città che i
rilevatori del censimento hanno recentemente scoperto essere di ben 1.200.000 cittadini più almeno 100mila persone sfuggite al censimento secondo quanto ammettono diversi dirigenti dell’Anagrafe.
I fondi anticrisi, annunciati due giorni dopo la
MayDay, il 1 maggio precario che ha visto la partecipazione di oltre 15mila cittadini nonostante il diluvio, possono essere considerati solo il timido inizio di un welfare metropolitano. La MayDay ha lanciato la richiesta, corredata da proposte a bilancio, di un
biglietto unico e un abbonamento scontato valido oltre i confini del Comune di Milano, riassunta nelle campagne
‘Si può dare di più’ e ‘Facciamoglielo pagare’ promosse dalla Fornace di Rho, dal Foa Boccaccio di Monza e da San Precario.
L’idea di fondo è semplice e
non è un’elemosina alle istituzioni pubbliche. Se è vero che la precarietà è diventata ormai strutturale e crea valore per tutta l’economia metro-lombarda, quantomeno che si faciliti la mobilità di precari e disoccupati, invece che impedirla con costi esorbitanti, multe e controlli. A contribuire a questa elementare e moderatissima misura di politica economica non siano solo le istituzioni, ma anche le imprese e le fondazioni che producono profitti grazie ai precari, come
Fondazione Fiera Spa.
Se l’instabilità di reddito è un tratto comune per molti dei cittadini che si muovono e che lavorano nella grande area metropolitana, garantire la mobilità a prezzi scontati può diventare un aiuto determinante, non solo al reddito, ma volano di tutta l’economia ambrosiana. Per fare un piccolo esempio: con i soli 5 milioni del Fondo Anticrisi stanziato dal Comune, esclusi quindi i contributi di altri soggetti pubblici e privati che potrebbero partecipare, si potrebbero fornire abbonamenti scontati a 25mila cittadini.