A Maastricht, il Coffee-shop Easy going mercoledì 2 maggio ha chiuso i battenti. Un mese di sospensione della licenza a causa del rifiuto da parte del proprietario, Marc Josemans, di vietare l’ingresso ai non residenti in Olanda. Una dozzina di coffee-shop in città hanno chiuso per solidarietà con la disobbedienza civile di Josemans. Tutti i coffee-shop avevano dovuto installare delle barriere elettroniche (tornelli stile metropolitana) che non si possono varcare se non si è in possesso dell’”erba-pass”, una carta per l’appunto riservata ai residenti in Olanda, appositamente schedati come consumatori di cannabis. Gli altri restano fuori, foss’anche che vogliano solo usare il bagno. Con alcuni cittadini europei, ci siamo presentati all’ingresso dell’Easy going e, d’accordo con Josemans, abbiamo presentato alla Polizia locale una denuncia contro il carattere discriminatorio del divieto. Il tentativo, in sintonia con la prassi del Partito radicale, è quello di far intervenire la giurisdizione europea per correggere gli errori degli Stati nazionali.
Accade così che Maastricht, cittadina di frontiera tra Olanda e Belgio, già simbolo per la firma dei Trattati sull’Unione del 1992, divenga oggi simbolo di una nuova barriera alla libera circolazione dei cittadini, nel cuore dell’Europa. Una prima questione, forse nemmeno la più rilevante, riguarda le politiche antidroga. Infatti, che il “turismo della cannabis” ponga questioni di ordine pubblico (non più gravi di quelle create dagli hooligans ubriachi che visitano anche le nostre città per le partite di Coppa) è certo vero. Come è vero che la soluzione individuata avrà l’immancabile conseguenza di rafforzare il mercato criminale, al quale sarà consegnato anche in Olanda il monopolio del mercato dei Non-residenti. Ma il fatto che un cittadino italiano (o persino olandese residente in Italia) sia respinto con appositi cartelli e barriere elettroniche solleva un problema molto più grande, che si chiama Europa, o meglio assenza di un’Europa federale dei diritti e delle libertà, cioè proprio quell’Europa che vent’anni fa a Maastricht i Capi di Stato e di Governo si illusero di nascondere sotto il tappeto, di rinviare a un “dopo” senza impegno e senza luogo, che infatti non è mai divenuto realtà.
L’Europa degli Stati Nazionali ha provato dalla metà degli anni ’90 a soffocare la tolleranza olandese. La Francia arrivò più volte a sospendere gli accordi di Schengen sulla (contro la) libera circolazione delle persone e re-instaurare i controlli alle frontiere con il Belgio proprio per esercitare pressione contri i Paesi Bassi. Gli Stati Nazionali hanno potuto fingere di non vedere i successi della politica olandese –in particolare la separazione tra mercato della cannabis e mercato delle droghe pesanti- grazie all’inesistenza di un’Europa delle libertà civili. Il tema droga, infatti, è stato gestito sempre e solo nell’ambito della cooperazione intergovernativa tra Ministri degli interni e Capi di Polizia, strutturalmente portati ad affinare l’apparato repressivo più che a valutare i costi-benefici delle diverse politiche.
I cartelli “No francesi” sulle vetrine di esercizi commerciali a Maastricht sono così l’ennesimo prezzo da pagare alla sconfitta del progetto di Stati Uniti d’Europa, che il Parlamento europeo, su iniziativa di Altiero Spinelli, aveva votato pochi anni prima che i potenti degli Stati Nazionali europei si perdessero sulla via di Maastricht.
Ironia della sorte, pochi giorni prima del Coffee-shop Easy going, anche il Governo olandese ha appena chiuso i battenti. Erano troppo forti i dissensi nella coalizione su come governare la piccola nave dell’economia olandese nel bel mezzo della tempesta economico finanziaria internazionale in assenza di politiche davvero…europee!