“Cosa avrebbe detto Montanelli?” Quante volte in questi ultimi anni abbiamo ripetuto questa frase in casa? E le sue risposte abbiamo continuato ad immaginarle, a cercarle nelle sue pubblicazioni e così ci sembra che possa ancora parlarci. Perché di alcune persone ci si rassegna che non siano più tra noi, ma di altre proprio no .
Da piccola in casa c’era Il Corriere con i suoi articoli commentati dai miei, da ragazza arrivò il Giornale nuovo e, quando qualche anno dopo apparve la Repubblica quante le discussioni nel cortile della scuola sulle loro diverse posizioni. Infine la Voce. Si ascoltavano le notizie alla radio di primo mattino, ci si infuriava regolarmente, – non so cosa possa essere accaduto a tanti di noi da un punto di vista della salute psicofisica in questi ultimi diciassette, interminabili, lunghi e apparentemente difficilmente superabili anni -, e poi arrivava come un balsamo l’articolo di fondo di Indro Montanelli sulla Voce. Ed allora ci si sentiva meno illusi, meno sbagliati, meno depressi in un’ Italia che sembrava capovolgere anche gli elementi basilari del vivere civile che, non un’approfondita conoscenza della Costituzione, dell’Illuminismo, di Montesquieu, ma il semplice buon senso avrebbe potuto indicare. Ed eravamo solo all’inizio. Sparita la ragionevolezza, scomparsa la capacità di leggere la realtà, un’ubriacatura collettiva, basata sulle fandonie, ha alimentato l’inganno e l’autoinganno di un intero paese. Con qualche rara eccezione. Uno sparuto gruppo di giornalisti, magistrati, insegnanti, rappresentanti dello Stato e della società civile, hanno provato a resistere, resistere, resistere.
Indro Montanelli ed Enzo Biagi, – come non ricordare Il fatto e la loro speranza che gli italiani, provato una volta il governo Berlusconi, sarebbero stati vaccinati per sempre -, sostenevano quella resistenza. E le loro sconfitte professionali, la chiusura della Voce e la censura del Fatto, furono un ulteriore rafforzamento di quella resistenza, perché dimostrarono che non tutti gli intellettuali erano pronti a compromettere la propria reputazione per partecipare alla mensa del Principe di turno. Eh già, gli intellettuali e la corte, gli adulatori, siamo ancora inchiodati ad una visione del mondo che sembra inossidabile e che ci fa sembrare scritti oggi i pensieri di Dante e di Machiavelli, peggiorando così, se possibile, le suddette condizioni psicofisiche di chi, invece, vorrebbe migliorare il presente e progettare il futuro.
Ma per farlo il ricordo è fondamentale, tanto più in un paese dalla memoria corta perché con una storia troppo spesso connotata da errori e compromessi e quindi dolorosa. Ricordiamo, allora, tutti coloro che, come Indro Montanelli, hanno vissuto con grande impegno, con profonda onestà rimanendo costantemente fedeli alle proprie idee di uomini liberi.
Ed ora, prima che lui che tanto amava la sintesi e che detestava i panegirici sdilinquiti si spazientisca, chiudo perché, se continuassi a scrivere, non avrei in tal caso il coraggio di chiedere “Cosa ne direbbe Montanelli?”
Claudia Profumo