Ancora contestazioni per il sindaco di Imola Daniele Manca. Un gruppo di dipendenti comunali si è radunato in centro davanti a un banchetto della Cisl, nel quale era ospite il primo cittadino. Fischi e cartelli sono tornati in strada dopo la protesta del primo maggio, durante la quale sono stati contestati il sindaco e i più importanti esponenti del Pd di Imola.
Il motivo delle proteste è dato dal fatto che l’amministrazione comunale della città intende creare una società strumentale a totale partecipazione pubblica, per la gestione di alcuni servizi comunali, come edilizia pubblica, viabilità e infrastrutture, verde, patrimonio, cimiteri e gestione degli impianti sportivi.
L’operazione dovrebbe coinvolgere circa 90 lavoratori, attualmente dipendenti del Comune. Il loro timore è che, nel caso la società fallisca, possano avere difficoltà a rientrare nell’ente di appartenenza e vengano esternalizzati.
“Può una Giunta di sinistra, guidata da Pd e Rifondazione comunista, essere fischiata il giorno della festa dei lavoratori?” Se l’è chiesto Mario Zaccherini, che la tessera del Pd ha scelto di non rinnovarla. Il primo maggio a ricevere i fischi, oltre al sindaco Daniele Manca, c’erano il suo vice Roberto Visani e il segretario territoriale del Pd Fabrizio Castellari. Decine di dipendenti comunali, in un assembramento spontaneo, hanno ricordato loro che non sono “merce per società”.
Per giustificare la creazione di una società di questo tipo i cittadini devono percepire un vantaggio per la collettività, in termini di diminuzione della spesa, migliore qualità dei servizi erogati e maggiore efficienza nello svolgimento delle attività. Il progetto del Comune prevede la gestione flessibile del personale, con il superamento dei limiti imposti agli enti locali dalla normativa vigente, l’acquisto di nuovi macchinari, una migliore gestione dei flussi di cassa, una possibilità di intervento più tempestivo e di formare in modo ricorrente i dipendenti. Tutto ciò è possibile solo considerandosi al di fuori del patto di stabilità.
“In definitiva sulla base dei dati prodotti fino ad oggi dal Comune, il vantaggio essenziale deriverebbe dal diverso regime Iva della società”. Questa la spiegazione che fornisce Sel Imola, da subito contraria al progetto. “Il presunto minor costo di gestione di circa 1.500.000 di euro –proseguono i vendoliani – viene invece annullato dall’Iva indetraibile che il Comune deve pagare alla società per il canone di servizio, mentre il risultato economico può essere ulteriormente peggiorato dall’ammortamento economico delle nuove attrezzature che la società dovrebbe acquistare”.
Contro l’operazione della giunta Manca si schiera anche Mirella Collina, segretaria generale della funzione pubblica della Cgil imolese: “È una scelta politica quella del Comune. Ora che si sta andando avanti verso una normativa complessa di riorganizzazione della pubbliche amministrazioni, non capisco perché si voglia dar vita a una società e non si scelga piuttosto di procedere con un’associazione di servizi, come si è fatto per l’ufficio tributi”. “Il nostro sindacato – prosegue Collina – sta con i lavoratori, con i quali abbiamo già organizzato diverse assemblee. Loro sono disposti a una riorganizzazione interna, che permetta una maggiore flessibilità oraria, visto che il Comune ci dice che allo stato attuale esistono troppi vincoli. Ma ora mi chiedo – conclude la sindacalista – perché si debba mettere a repentaglio il lavoro dei dipendenti quando, per migliorare i servizi, è stato assunto un direttore generale, Michele Bertola, che prende 140 mila euro all’anno per tre giorni di lavoro alla settimana. Se i servizi non sono migliorati in questi due anni, perché dovrebbero migliorare con una gestione societaria?”.
Alle prese di posizione del sindacato replica il sindaco Manca: “La creazione di questa società è una scelta riformista, di grande cambiamento. I lavoratori non devono equipararla a una esternalizzazione. Agiamo così proprio per mettere in atto una trasformazione mirata a salvaguardare il diritto al lavoro di tutti i dipendenti, a evitare le privatizzazioni. Con la società si potrebbero fare nuovi contratti e applicare una contabilità economica diversa, potremmo altresì aggredire i costi e abbattere i tempi di intervento”.
“Vogliamo introdurre elementi di maggiore flessibilità – continua il primo cittadino -, in cambio lavoreremo per avere salari crescenti, non calanti, mentre oggi per i dipendenti c’è un blocco contrattuale. Se la loro preoccupazione è di perdere il lavoro, troveremo il sistema, di concerto coi sindacati, di mettere nero su bianco che nel caso l’azienda vada male i lavoratori verranno riassorbiti in Comune”.
Quanto alla proposta dei lavoratori di procedere a una riorganizzazione interna: “Non va incontro alle altre esigenze del settore – afferma Manca – come invece potrebbe fare la società. I meccanismi della manutenzione hanno bisogno di maggiore flessibilità, di fare investimenti e di essere svincolati dal patto di stabilità e dalle regole della finanza pubblica, che distinguono tra spesa corrente e spesa per gli investimenti”.
“C’è la volontà di arrivare a una soluzione il più condivisa possibile”, conclude il sindaco, non senza evitare di rispondere a coloro che lo accusano di aver voluto creare un nuovo poltronificio: “La società che avrà una governance snella, con un unico amministratore delegato, non verrà costituita certo per creare dei posti”.
A fronte delle rassicurazioni del sindaco permangono riserve a sinistra. “Con questo sistema – accusa Sel – il Comune di Imola rinuncia alla gestione e al controllo diretto di molte funzioni e servizi pubblici, ritagliandosi un ruolo di solo burocrate, in barba alla volontà dei cittadini elettori. E’ una linea che soccorre una classe dirigente in apnea, che vuole crearsi un alibi, scaricando le responsabilità di un’amministrazione non virtuosa sui lavoratori della stessa”.
Andrea Zucchini, vicepresidente del consiglio comunale di Imola, sceglie di rivolgersi direttamente all’assessore al bilancio e al personale Donatella Mungo: “Nella mia breve vita politica – dichiara – non ho mai visto e mai credevo di vedere un assessore comunista scagliarsi contro i suoi dipendenti pubblici e difendere lo stipendio del direttore generale del Comune (rifiutandosi di tagliarlo del 10%, come da me proposto) e quelli dei 9 direttori generali per un totale di 1 milione di euro annui”.