Un doppio salvataggio, e per giunta in meno di una settimana. Protagonista il Comune di Bologna, che è riuscito a salvare per ben due volte i maxi stipendi dei super manager di Hera, il colosso a maggioranza pubblica che gestisce rifiuti, acqua, energia elettrica e gas a Bologna e in un po’ tutta l’Emilia.
Non si tratta di piccole cifre. Il presidente di Hera, Tomaso Tommasi di Vignano, nel 2011 si è portato a casa 350mila euro di compenso fisso, 117mila euro alla voce “bonus e altri incentivi”, 6mila euro di “benefici non monetari” e 2mila alla voce “altri compensi”. In totale 475mila euro. Maurizio Chiarini, amministratore delegato del gruppo, ha superato di 18mila il mezzo miliardo di euro. Ma la sua annata è stata un po’ gonfiata, ad esempio dai 37mila euro di ferie maturate e non godute come dirigente Hera dal primo gennaio 2011 al 3 maggio dello stesso anno, e dai 75mila euro di stipendio sempre riferiti ai primi quattro mesi dell’anno. Nel 2011 i 18 membri del consiglio di amministrazione Hera sono costati 2 milioni e 300mila euro.
A decidere sui compensi dei membri del cda è l’assemblea di azionisti, controllata col 61% dai vari comuni dell’Emilia-Romagna. Venerdì scorso il presidente del patto di sindacato che controlla Hera (e nomina il cda), il sindaco di Imola Daniele Manca, ha chiesto ai manager di ridursi lo stipendio. La risposta la riferisce il sindaco di Minerbio, Lorenzo Minganti: “Il presidente di Hera Tommasi ci ha risposto di non essere in debito con nessuno e che la sua retribuzione è assolutamente giusta e congrua”.
Al momento del voto molti sindaci del bolognese si sono astenuti, i fondi di investimento e altri singoli soci hanno votato contro. A salvare i due top manager ci ha pensato però il Comune di Bologna con la sua quota del 13,7%. Senza quel pacchetto di azioni le retribuzioni proposte per Tommasi e Chiarini sarebbero state bocciate col 51,7% dei voti. Il secondo salvataggio invece arriva direttamente in consiglio comunale, dove il pidiellino Michele Facci ha chiesto un voto per procedere verso la diminuzione dei compensi dei manager della partecipate dal Comune di Bologna. Hera compresa dunque. I 16 no della maggioranza a guida Pd hanno respinto l’ordine del giorno non ammettendolo ai lavori e dirottandolo in commissione. “Con questo voto – ha detto Facci – il Comune ha dato uno schiaffo a tutti coloro che stanno chiedendo alla politica di ridurre i costi. Dov’è finito il rispetto per la cittadinanza?”
Ad attaccare il Partito democratico anche l’Italia dei Valori (“siamo indignati”) e il Movimento 5 Stelle. Il consigliere regionale del M5s, Giovanni Favia, ha lanciato su facebook un invito a tutti i cittadini emiliani. “Chiedete via mail al vostro sindaco cosa ha votato all’assemblea degli azionisti di Hera, anche se ho il sospetto che il sindaco di Ravenna Matteucci, di Rimini Gnassi, di Forlì Balzani, di Cesena Lucchi e di Ferrara Tagliani, viste le percentuali delle votazioni, abbiano seguito la scia di quello di Bologna. Con che coraggio chiedono sacrifici ai cittadini? Si vergognino”.
Lapidario il commento di Andrea Caselli, dei Comitati bolognesi per l’acqua pubblica. “Non solo le istituzioni stanno disattendendo il referendum del giugno scorso che impone di ripubblicizzare l’acqua, ma stanno anche dimostrando di non riuscire nemmeno più a controllare i manager che loro stessi hanno nominato”.