A manifestazione conclusa un gruppo, con alcuni rappresentanti di Forza Nuova, si è diretto ai quartieri dove vive la comunità nel mirino in questi giorni, ma è stato bloccato dagli stessi ultras. La famiglia del giovane ucciso chiede che vengano catturati tutti i responsabili dell'omicidio
Dopo il dolore, c’è la rabbia. E a Pescara l’omicidio di Domenico Rigante, il giovane ultrà ammazzato da un gruppo di nomadi italiani, fa ancora male. E nonostante l’assassino, Massimo Ciarelli, ormai braccato, si sia consegnato alla Polizia, la tensione non cala. Ci sono gli altri partecipanti all’agguanto da prendere. Oggi in piazza, per le vie della città abruzzese sono scesi in tanti: un migliaio, non solo tifosi della squadra, ma anche cittadini che in parte a un certo punto si sono diretti verso i due quartieri dove i nomadi sono più presenti, Rancitelli e i Colli. I funerali, con corteo anche all’interno dello stadio, si sono svolti nella più completa tranquillità.
In un primo momento i manifestanti si erano assiepati sotto la sede del Comune. Bersaglio dei cori il sindaco Luigi Albore Mascia, che è stato più di una volta contestato come rappresentante delle istituzioni: “Abbiamo chiesto le istituzioni, dove sono le istituzioni?” e poi “Gli zingari dovete emarginarli voi” si è sentito urlare, ma anche “E’ dal tribunale che nascono i problemi, dopo due ore stanno a casa loro”. “Io la faccia ce l’ho messa” ha detto alla folla il sindaco. Alla fine a portare un po’ di calma è stato proprio il padre della vittima che rivolto alla folla molto eccitata ha detto: “Io vi ringrazio, ora torni la calma, scioglietevi perchè quello che dovevate fare lo avete fatto”. Il primo cittadino era apparso più di una volta in difficoltà, soprattutto quando è stato fatto l’elenco di presunti delitti insoluti e criminalità diffusa imputata alla comunità. “Pescara violenta? Da sindaco la cosa mi preoccupa – di Luigi Albore Massa – bene le forze dell’ordine. Ora bisogna arrestare gli altri del commando ma devo dire che questo fatto di sangue rappresenta una anomalia nella storia di Pescara, proprio per il modo crudele e violento con cui Rigante è stato assassinato”. Sono stati molti i cori in ricordo dell’ultrà assassinato: “Questa non è la lotta degli ultrà contro i rom, ma è la lotta dell’intera Pescara per la legalità, noi che siamo in una situazione difficile e che vogliamo rimanere onesti” fa sapere uno dei presenti.
La manifestazione sembrava conclusa, ma una parte dei manifestanti invece si sono diretti verso il quartiere di Rancitelli. E tra questi, alla testa del corteo, ci sarebbe stato anche Marco Forconi, candidato sindaco a Montesilvano (Pescara) nelle liste di Forza Nuova. Con lui c’erano anche molti esponenti di Forza Nuova sia di Pescara che di Montesilvano, circa trecento persone. Le forze dell’ ordine avevano già preso precauzioni, ma a fermare materialmente il corteo sarebbero stati gli stessi capi ultrà del Pescara, fra i quali il fratello della vittima Antonio Rigante. La Questura, comunque, sta vagliando immagini e testimonianze. Intanto la comunità dei nomadi si sente nel mirino. “Sono spariti – dice il questore di Pescara Paolo Passamonti – Ma vorrei ricordare che sono cittadini italiani a tutti gli effetti stanziali dagli anni ’40, e che non tutti sono dei delinquenti. C?è una parte che delinque e una che lavora. I rom che delinquono li stiamo perseguendo in tutti modi, abbiamo in previsione ulteriori sequestri di beni. Stiamo facendo, quindi, la nostra parte nel miglior modo possibile”. Molti in queste ore se ne sono andati da Pescara, altri se ne stanno rintanati a casa, e si parla insistentemente di comunità spaccata. E anche per questo aumenteranno i controlli nei quartieri.
“Chi sa parli. C’è qualcuno che sa più di quello che ha detto fino a ora. Queste persone possono aiutarci a collocare gli altri sei componenti del commando, di cui conosciamo i nomi, sulla scena del crimine. Chi vuole giustizia in memoria di Domenico deve venire a raccontare esattamente quello che ha visto”. Il capo della squadra mobile di Pescara Pierfrancesco Muriana rivolge un appello ai testimoni. Muriana, come ha già fatto anche il questore, ha spiegato che non ci sono state trattative con Ciarelli: “Noi non trattiamo. Il fatto che si è costituito è convenuto solo a Ciarelli dal punto di vista processuale e poi perché l’arresto ha stemperato i toni e ha contribuito ad abbassare il rischio che i suo familiari correvano. Alcuni di loro se sono andati da Pescara. Inoltre nel caso di un blitz armato il rischio sarebbe stato maggiormente per lui e non per noi. Ciarelli ha capito che attorno a lui c’era terra bruciata e che eravamo pronti a localizzarlo con precisione e ad intervenire e si è sostanzialmente arreso”. A base dell’omicidio ci sono futili motivi ” questo rende ancora più drammatica la morte di un ragazzo giovane, padre di una bambina”. Allo stato attuale delle indagini non si può dire con certezza che il rom abbia sbagliato persona e che, quindi, la sera del primo maggio cercava il fratello gemello di Domenico. Stando alle testimonianze risulta che Ciarelli e gli altri “erano in cerca dei gemelloni”.
Gli investigatori hanno inoltre detto che Ciarelli il giorno prima dell’omicidio è andato in Questura per denunciare lo smarrimento del documento di identità e che, in quell’occasione, ha raccontato di essere stato aggredito da persone che non conosceva. Ciarelli, però, non è poi tornato in Questura con il referto medico per sporgere denuncia. Il questore e il capo della mobile hanno rivolto un ringraziamento al padre della vittima che “ha stemperato in tutti i modi la situazione. In questo modo – hanno detto – si sono evitati grossi problemi”.