Domenica di maggio con mezza Europa che va alle urne: Francia, Grecia, un land della Germania, mille comuni in Italia, la Serbia al bivio tra un futuro nell’Ue le nostalgie slave. Un voto sulla crisi, è la formula di sintesi dei media. E, finora, nessun governo europeo è sopravvissuto alla crisi: con le elezioni, come in Spagna, Portogallo, Irlanda, e pure Finlandia, Danimarca, Olanda, Belgio e altrove, o senza, come in Italia e Grecia. Il che suona campane a morto per il presidente francese Nicolas Sarkozy, anche se gli ultimi sondaggi alimentano l’incertezza.

Quale che ne sia l’esito, le presidenziali in Francia e anche le politiche in Grecia avranno rilevanti ripercussioni nell’Ue. E, per l’Italia, si potrebbe consolidare il nuovo ruolo che s’è andato delineando negli ultimi mesi. Da Merkozy a Merkonti: il gioco di parole sul cambio di cavaliere in Europa della cancelliera tedesca Angela Merkel gira dal Vertice di Bruxelles, a inizio marzo. Troppo preso dalla campagna elettorale, Sarkozy non teneva più bordone alla Merkel sul fronte europeo; e Monti cercava di convincere la Germania a guadare il fiume della crisi, dalla sponda del rigore a quella della crescita.

E la storia va avanti: in settimana, il Wall Street Journal, che non sarà una bibbia sull’Europa, ma che non manca d’autorevolezza, scriveva che Mario sarà il prossimo fidanzato europeo di Angela. Un titolo ammiccante (“Il nuovo spasimante (romano)” della Merkel), ma dentro nulla di pruriginoso. La tesi è che se Sarkozy perdesse le elezioni contro il rivale socialista Francois Hollande, la lunga e proficua intesa franco-tedesca a guida dell’Europa si concluderebbe o, almeno, attraversarebbe una fase di aggiustamento. In tal caso, afferma il WSJ, “Roma è pronta a rimpiazzare Parigi”.

In realtà, c’è qualcosa di più che semplici illazioni giornalistiche. Negli ultimi mesi, Monti e il suo governo, dove spiccano le competenze europee del ministro per gli Affari europei –appunto- Enzo Moavero e del ministro per la coesione Fabrizio Barca, hanno saputo costruire un sistema di alleanze a geometria variabile –la definizione è dello stesso Barca- che ha riportato l’Italia nel cuore dei giochi europei (e che ha pure saputo ‘riportare a bordo’ la Gran Bretagna, quando, dopo il no al Patto di Bilancio, Londra poteva essere tentata di ‘prendere il largo’ da sola).

Prima, la ‘lettera dei liberisti e mercantilisti’: l’iniziativa per completare il mercato unico e liberarne le risorse, inizialmente sottoscritta da 12 capi di Stato o di governo –Monti e il britannico David Cameron in primo luogo, ma anche lo spagnolo Rayoj e il polacco Tusk fra gli altri- e inviata alla Commissione e al Consiglio nell’imminenza dell’ultimo Vertice europeo: Germania e Francia non c’erano, ma la Germania s’è poi lasciata convincere, con vari Paesi –oggi, sono una ventina- che quella era una via giusta, mentre la Francia mantiene le sue riserve (Sarkozy o Hollande, qui, fa poca differenza).

Poi, l’alleanza asimmetrica, cucita da Barca sul fronte della coesione, con la Gran Bretagna e la Polonia, unendo tre visioni diverse sui fondi strutturali: l’anglosassone, la centro-orientale e la mediterranea.

Infine, la lettera dei cosiddetti ‘amici dello spendere bene’, cioè tutti i Paesi contribuenti netti al bilancio Ue –tranne uno, la Gran Bretagna-, ben decisi a re-orientare nel senso della crescita il bilancio dell’Ue (ma non ancora pronti a investirvi di più: la battaglia sulle risorse finanziarie 2014-2020 s’annuncia aspra). Anche in questo caso, nei contenuti, Sarkozy o Hollande fa poca differenza: da domani, la Francia metterà di più l’accento sulla crescita.

E c’è pure l’idea che i parlamenti nazionali italiano e tedesco ratifichino insieme, simultaneamente, il Patto di Bilancio, con un gesto simbolico destinato a enfatizzare i legami fra i due Paesi.

Una serie di iniziative che il premier Monti e i suoi ministri non nascondono. Monti dice: “Siamo divenuti più presenti e, mi auguro, più persuasivi nel contesto europeo”. E racconta: “Il presidente Obama mi ha recentemente chiesto come si possono persuadere i tedeschi” a spingere per la crescita; e lui gli ha spiegato che, per i tedeschi, “la crescita è il premio a un comportamento virtuoso”. Si tratta di lasciarsi alle spalle il capo del Rigore per puntare, navigando di cabotaggio, alla baia della Crescita: “Quello che stiamo dicendo al Consiglio europeo, alla Commissione europea e alla cancelliera Merkel è che noi stiamo facendo le riforme strutturali con una riduzione del disavanzo forte, ma che è chiaro che il tema della domanda è altrettanto fondamentale”. Però, la Germania considera la domanda “un’entità cattiva”, soprattutto quella che viene “dal settore pubblico”.

Certo, l’Italia non si propone alla Germania come alternativa alla Francia. Ma quanto accade in Francia oggi influirà, e molto, sui rapporti europei prossimi venturi; e Monti crede che “l’Italia si sia piazzata in una buona posizione per aiutare Francia e Germania a trovare un nuovo equilibrio”, specie se Sarkozy perde e Hollande vince (ma non solo). La Merkel non ha nascosto in campagna elettorale la sua preferenza per Sarkozy, un po’ per solidarietà politica –entrambi stanno nel Partito popolare europeo-, un po’ per consolidata amicizia –o, almeno, frequentazione- e un po’ perché Hollande la irrita e la spaventa, andando in giro a promettere che, se sarà eletto, chiederà di rinegoziare il Patto di Bilancio, nonostante la cancelliera lo consideri ‘blindato’.

Ma il tandem, o l’asse, o il direttorio Parigi-Berlino non sparirà. Pur lontano dall’idea d’un’Unione piena, ma subordinando piuttosto l’integrazione a una visione intergovernativa, Sarkozy ha fatto asse con la Merkel per affrontare la questione del salvataggio di Atene e, soprattutto, per salvare l’euro. Il presidente e la cancelliera, da ultimo con l’aiuto del Professore, hanno trascinato 25 dei 27 – tutti tranne Londra e Praga – alla firma del trattato che serra i bulloni del rigore di bilancio, senza dare respiro alla crescita. Una vittoria di Hollande può spingere l’Unione verso politiche di crescita, ma senza rompere con la Merkel. Stretti collaboratori del candidato socialista non hanno dubbi: se sarà presidente, Hollande andrà in Germania per la sua prima missione estera. L’intesa franco-tedesca è stata forte anche quando è stata asimmetrica: anzi, il socialista Mitterrand ed il popolare Kohl andarono, mano nella mano, alla riunificazione tedesca, al passaggio dalla Comunità all’Unione e alla decisione di creare l’euro.

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