Raccoglie le opinioni di persone qualunque, desta stupore e simpatia, offre prestazioni che nessuno sembra potersi più permettere. “Forse tra qualche tempo, mi lasci il telefono” si sente ripetere. Molti sono nelle sue stesse condizioni, al Nord come al Sud, alcuni se la prendono con i politici, altri con il diffuso sistema clientelare, c’è anche chi crede che il problema non sussista affatto: “Manca la voglia di lavorare, non il lavoro” dice un signore che abita sulla Luna. Sotto alla comprensione e alle pacche sulla spalla, tira l’aria gelida della più crudele commedia all’italiana, come in un Monicelli che avesse studiato alla scuola di Sade.
L’idea non è originale, pare che l’inglese David Lowe l’abbia avuta prima, ma funziona a dovere. Quella di Pietro Mereu e Luca Merloni, che firma la regia di un film probabilmente condiviso in tutto con il protagonista, è un’inchiesta graffiante e urgente dove l’ironia cede spesso il passo allo scoramento. Non tanto di Pietro, fortunatamente lontano dal ricatto dell’autocommiserazione, ma di uomini e donne che vedono nella sua stramba iniziativa il loro futuro prossimo. Dopo diverso tempo che se ne parla, è come se questo documentario, cui purtroppo fa difetto un’eccessiva lunghezza, avesse assunto una diversa fisionomia. Ancora più drammatica, s’intende. Da quando è stato girato, nell’estate del 2010, il tasso di disoccupazione è cresciuto a dismisura: la doccia fredda dei dati Istat è di qualche giorno fa.