Ieri il caso di Piero Marchi, proprietario di un negozio di elettrodomestici. Nel capoluogo emiliano da inizio anno è il terzo, tra commercianti e artigiani, che si toglie la vita per debiti dovuti al fallimento della propria ditta. Le istituzioni locali: “Punto d’ascolto per aiutarli”. Rossi (Confesercenti): “Più consorzi fido dalle banche e un approccio nuovo per trattare questa categoria: sono pur sempre esseri umani e non società di capitale”
Ieri Piero Marchi, 48 anni, proprietario di un negozio di elettrodomestici, si è impiccato nel retro della sua bottega in via Duse. Nemmeno un mese fa Giuseppe Campaniello, un artigiano di 58 anni, si è dato fuoco davanti all’ufficio tributario dell’Agenzia delle Entrate di Bologna. Ad inizio anno Francesco Fabbri, ingegnere di 46 anni, proprietario di una ditta edile a San Lazzaro di Savena si era ucciso. In comune per tutti, dieci-quindici-ventimila euro di tributi fiscali improvvisamente da pagare e l’impresa travolta dalla crisi economica.
Così il tema dei suicidi dalla cronaca sfocia obbligatoriamente nel politico. Non più atto simbolico di un singolo individuo, ma un chiaro e conclamato problema sociale. “Non è più una normale crisi economica ciclica, qui si stanno modificando radicalmente le modalità con cui si consuma la merce e nessuno, in ambito istituzionale, ha proposto ancora soluzioni chiare per uscirne”, spiega Loreno Rossi, direttore provinciale di Confesercenti Bologna, “E’ la cosiddetta classe media che scompare, piccole imprese spesso a conduzione familiare di commercianti o artigiani che per via della grande distribuzione e dal calo di fatturato falliscono non solo professionalmente, ma soprattutto a livello esistenziale per l’intera famiglia a supporto dei proprietari”.
Perché quando si parla di commercio a Bologna, non va dimenticato che, raro caso in Italia, nel 1999 il primo, e ancora unico, candidato alla poltrona di sindaco a spodestare il Pci-Pds-Pd è stato proprio un commerciante doc come Giorgio Guazzaloca, il “sindaco macellaio”, ex presidente della potentissima Associazione Commercianti locale.
“Tantissime piccole imprese sono state la fortuna del nostro territorio e credo perfino di tutto il nord Italia”, prosegue Rossi. Un dato incontrovertibile tanto che subito dopo l’ultimo drammatico episodio di via Duse Comune e Provincia di Bologna hanno dichiarato esplicitamente di voler creare un Punto d’Ascolto per le vittime della crisi, “lavoratori e titolari di aziende consumati dalla fine del lavoro, dall’esaurimento delle risorse economiche e dalla solitudine di fronte a nuove difficoltà e ad ineludibili incombenze”.
L’annuncio degli assessori della giunta Merola è arrivato dopo la riunione di giunta di questa mattina: “si tratterà di una rete di sostegno dedicata agli operatori economici che si trovano non soltanto con l’esigenza di pagare delle tasse, ma anche di fronte a situazioni di crisi familiare e di gestione”.
“La rete funzionerà attraverso la disponibilità delle associazioni di categoria ed entro la prossima settimana convocheremo una riunione con le associazioni del territorio, la Regione, l’Asl e tutte quelle associazioni di medici e psicologi che si sono rese disponibili, anche in forma volontaria”, spiega l’assessore Lepore, “il Comune ne prenderà la regia e si farà da collettore di tutte le proposte per dare risposte celeri e immediate”.
“Nessuno in questo momento deve assumersi il ruolo di maestro”, aggiunge Rossi, “però per uscire da questa situazione di crisi vorremmo si agisse su tre punti distinti. Primo: ci piacerebbe cambiasse l’approccio culturale verso le piccole e piccolissime imprese, gente che si è creata un posto di lavoro in proprio, rischiando del suo, persone che lavorano spesso manualmente, che non speculano, non portano i soldi in Svizzera. Secondo: vanno rafforzati i “consorzi-fido”, cioè quei prestiti di garanzia dove le banche coprono il rischio fino al 50%. Terzo: bisognerebbe criminalizzare meno questa categoria. Si fa spesso del terrorismo sui piccoli commercianti che evadono, soprattutto quando arrivano cartelle esattoriali che sono più o meno dovute e subiscono modifiche successive ai primi accertamenti. Gli organi preposti alla riscossione dovrebbero recuperare un po’ di umanità verso questi commercianti o artigiani in difficoltà, sono pur sempre persone e non spersonalizzate società di capitale”.