Sotto a chi tocca, con la giornata di domani decisiva per le sorti dell’euro e della Grecia. Il paese di Socrate alla disperata ricerca di un governo stabile e duraturo (così come chiedono i mercati, zavorrati dall’impasse ellenico) dopo il “non possumus” dei conservatori guidati da Antonis Samaras, prova con il giovane Alexis Tzipras, secondo al 16% con il suo partito Syriza, distintosi per una campagna elettorale arrembante ma non populista. Sì di sinistra radicale, che è riuscita nell’impresa di “sfondare” al centro, al centrodestra e anche tra molti socialisti che, per protestare contro la politica che ha causato il quasi default, non hanno votato il Pasok (crollato al 13%).
Il 37enne che può contare su 52 seggi nella Voulì è stato ricevuto in mattinata dal presidente della Repubblica Karolos Papoulias che gli ha conferito l’incarico. Nel corso della giornata ha avuto colloqui con Fotis Kouvelis di Sinistra Democratica (19 seggi) da cui ha ricevuto ampia disponibilità (ha detto oggi che il suo partito “appoggerà un eventuale governo di coalizione delle sinistre a larga maggioranza per non far tornare di nuovo il Paese alle urne” con due punti basilari: nuovo memorandum e permanenza della Grecia nell’Ue); e con i rappresentanti di due forze che non sono riuscite ad entrare in parlamento: i Verdi-Ecologisti (“intendiamo restare in Europa – hanno detto – ma non in quella di Merkel e Sarkozy”) e Accordo Sociale, formazione di centro-sinistra guidata da Luca Katseli. Domani Tsipras dovrebbe incontrare i leader degli altri partiti, quindi Antonis Samaras (Nea Dimocratia, 108 seggi), Evangelos Venizelos (Pasok, 41 seggi), Aleka Papariga (Partito comunista di Grecia, 26 seggi) e Panos Kammenos (Greci Indipendenti, 33 seggi). Nessun incontro invece con Chrisi Avghì (Alba dorata, filo-nazista, 21 seggi).
Tre giorni cruciali per il futuro della Grecia (e dell’euro) in cui Tsipras, si dice, manterrà saldo il suo mandato per tutta la sua durata. L’obiettivo è costruire un esecutivo pro Europa in coalizione con tutte le forze di sinistra del Paese. O, chissà, anche allargando il raggio di azione a partner diversi. Conti alla mano, se si unissero tutti i partiti tranne conservatori e socialisti, otterrebbero in totale 130 seggi, non ancora sufficienti per arrivare alla soglia della metà dei seggi più uno (151), utile a governare. Sembra quindi profilarsi un bivio: o un accordo per un governissimo di larghe intese che, in un modo o nell’altro, coinvolga almeno uno tra conservatori e socialisti oltre alle forza di sinistra. Oppure il ritorno alle urne esattamente tra un mese, il 17 giugno secondo il Financial Times. Colpa anche di una legge elettorale pachidermica che favorisce la balcanizzazione. E in virtù di un’astensione giunta al record del 40%, che ha stravolto anche i riposizionamenti degli altri elettori. Per questo l’incontro di domani con Venizelos potrebbe essere decisivo: in quanto se il socialista dicesse sì a un governissimo con tutte le forze di sinistra, lascerebbe fuori i conservatori e i neonazisti ottenendo quota 171.
All’orizzonte dunque la tanto agognata stabilità amministrativa: una meta che, se raggiunta, servirebbe a tranquillizzare mercati ancora in fibrillazione, dal momento che la Bce ha già annunciato di non voler rinegoziare il salvataggio della Grecia. Stando alle parole del membro tedesco dell’Eurotower, Jeorg Asmussen “la Grecia ha bisogno di essere avvertita, deve sapere che non ci sono alternative al programma di salvataggio, se vuole restare nell’Eurozona”. Ecco il punto, quel memorandum siglato dai rappresentanti della troika (Fmi, Bce e Ue) con il premier Papademos, che oggi anche gli altri partiti annunciano di voler ritrattare, per Bruxelles rappresenta invece una linea Maginot non travalicabile.
Mentre Tzipras lo ha posto come punto principale del suo programma: ovvero annullare quei provvedimenti della troika che minano i diritti dei lavoratori. Come il taglio netto di stipendi, pensioni, liquidazioni: come se i trattamenti del welfare fossero un “regalo” dello stato e non un diritto maturato da tutti i lavoratori nel corso degli anni. Ma il giovane leader non si è limitato solo a puntare il dito contro il famigerato memorandum, bensì ha avanzato anche altre due proposte concrete, che vanno al cuore di questa vera e propria tragedia greca. Un controllo, finalmente serio ed articolato, sui finanziamenti pubblici che lo stato garantisce alle grandi banche, istituendo una serie di verifiche incrociate senza che siano ad esclusivo appannaggio del governatore della Banca di Grecia, quel Iorgos Provopulos che ha uno stipendio pari, se non superiore, a quello di Barack Obama.
E strutturando una commissione internazionale sul debito, coinvolgendo anche attori extra europei, allo scopo di fare chiarezza non solo sui conti che, come tutti sanno, sono in rosso. Ma soprattutto su come verranno utilizzati i proventi dei sacrifici dei cittadini, in primis i fondi pensione. “La crisi economica – ha annunciato il leader di Syriza– non è un problema che riguarda esclusivamente la Grecia ma è un problema europeo che deve essere risolto in ambito europeo”. E anche mondiale. Se anche Tsipras dovesse fallire, il mandato passerà a Evangelos Venizelos, ex ministro dell’economia del governo semitecnico guidato da Papademos. Tra i sostenitori del piano della troika e domani protagonista di un attesissimo incontro proprio con Tzipras.
Un ultimo dato analitico: non è vero, come molti commentatori hanno sostenuto, che dalle urne greche non sia uscito un segnale di cambiamento. Il partito di sinistra del Syriza è riuscito, pur nel suo piccolo, a intercettare quel malcontento senza una campagna elettorale populistica. E candidandosi a ragionare in termini maggioritari. Altro sapere se vi riuscirà.