Le buone notizie per ora sono solo due. La prima è che la tranche degli aiuti da 5,2 miliardi di euro in partenza domani giungerà regolarmente a destinazione nelle casse elleniche nonostante l’opposizione di alcuni governi dell’eurozona. La seconda è che la borsa di Atene ha tenuto basse le perdite, chiudendo con un -0,87% cui fa da contraltare il segno positivo dell’indice bancario. I titoli degli istituti di credito guadagnano oggi un complessivo 0,65% dopo i fortissimi ribassi dei giorni precedenti. Il resto è solo incertezza. Incertezza sul futuro politico ovviamente, ma anche e soprattutto finanziario, con la novità di un sempre più spiacevole sospetto: quello di una Germania ormai ai ferri corti con la propria pazienza.

Il messaggio, chiarissimo, lo ha lanciato oggi il ministro degli esteri di Berlino Guido Westerwelle specificando che “la permanenza della Grecia nell’euro è nelle sue stesse mani”. In pratica: o Atene torna sui suoi passi, e allora amici come prima, oppure la coppia Ue-Fmi smette di erogare i prestiti, trasformando l’abbandono ellenico della moneta unica in un evento ineluttabile. Un’ipotesi fino a qualche tempo fa impensabile ma oggi sempre più concreta. Nei giorni scorsi, gli analisti di Citigroup hanno attribuito al verificarsi di questa eventualità da qui al 2013 una probabilità del 75%. Gli analisti di Lombard Street Research, citati oggi dal Daily Telegraph, sono giunti anch’essi a una simile conclusione.

Che cosa comporterebbe un simile scenario? Per Atene, in primis, sarebbe il caos. Il Governo ovviamente cancellerebbe il proprio debito dichiarando bancarotta. I cittadini greci correrebbero a ritirare i propri risparmi in deposito anticipando l’inevitabile svalutazione della neo dracma. A quel punto i casi sono due: o un’accelerazione clamorosa di quel processo già in atto che ha portato negli ultimi tre anni ad alleggerimento dei conti correnti per 70 miliardi, oppure l’amara scoperta di trovare i caveau già vuoti, come accaduto in Argentina dieci anni fa. In entrambi i casi il sistema bancario crollerebbe. A quel punto si passerebbe alla fase due: nazionalizzazione delle banche e massiccia immissione di capitale pubblico. Come? Stampando moneta ovviamente – cosa che a quel punto la Grecia potrebbe fare – visto che di fronte a un fallimento disordinato il Paese non sarebbe più in grado di emettere obbligazioni. Il risultato sarebbe una massiccia inflazione cui la banca centrale ellenica proverebbe a porre rimedio acquistando dracme sul mercato allo scopo di sostenerne il valore. Fino a rapido esaurimento delle riserve in valuta straniera, ovviamente. Un rapporto di Ubs datato settembre 2011 ma tornato di moda oggi calcola che in un solo anno uno scenario simile costerebbe a ogni cittadino greco fino a 11.500 euro.

Alexis Tsipras, leader della coalizione di sinistra attualmente impegnato nel tentativo sempre più arduo di formare un nuovo governo, è perfettamente consapevole delle conseguenze. Per questo, accanto al suo impegno a rinegoziare l’accordo con la Troika (già dichiarato non più valido) punta alla permanenza nell’unione monetaria. Il problema però è che questa sua tenacia rischia di far saltare definitivamente i nervi alla Germania e a tutti coloro che da tempo sperano in modo malcelato che il problema greco sia risolto definitivamente nel modo più ovvio.

Oggi, un portavoce di Syriza, il partito di Tsipras, ha assicurato alla Reuters che il suo leader avrebbe tutte le intenzioni di incontrare il neo presidente francese Francois Hollande così come la cancelliera tedesca Merkel. La lettura è evidente: il non ancora premier greco vuole convincere la Francia a sostenere la sua causa davanti a Berlino nella speranza che la linea della revisione delle politiche di austerity possa infine prevalere. Una mossa logica ma anche rischiosa, date le circostanze, che potrebbe portare sì al definitivo isolamento della Germania ma anche, nel caso, all’inappellabile sconfitta della Grecia. C’è solo un piccolo problema: l’incontro, per il momento, non si può fare. Parigi e Berlino, hanno spiegato infatti fonti interne, sono disposti a incontrare solo i capi di governo e Tsipras, fino a prova contraria, è ad oggi solo il capo di un partito. Per ottenere ciò che vuole, insomma, il leader di Syriza dovrà prima formare una maggioranza. Che numeri alla mano oggi non c’è.

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