Massimo Carlotto è Il re indiscusso del noir mediterraneo, quello dove quasi mai vincono i buoni e nelle storie emergono le dinamiche criminali e del potere politico ed economico che contraddistinguono le realtà dove si svolgono. Il suo ultimo libro Respiro Corto pubblicato per Einaudi Stile Libero, presentato a Bologna giovedì 10 maggio alla libreria Coop Ambasciatori, supera i confini geografici abituali delle narrazioni di Carlotto e fa confluire in una Marsiglia, ancora più feroce e globalizzata di quella narrata del grande maestro Jean-Claude Izzo, la “Dromos Gang”. Si tratta di un piccolo gruppo formato da rampolli di famiglie criminali internazionali che hanno studiato economia nelle migliori business school europee e sono pronti a conquistare Marsiglia venendo a patti con chi ne controlla i palazzi e le strade. Un noir mondiale dove la velocità del mercato e quella del crimine si confondo fino a mischiarsi indistinguibilmente mentre una disincantata poliziotta di mezz’età, abituata con la sua squadra a muoversi nell’illegalità, prova ad attaccare l’oligarchia economica che governa le sorti della città.
“Respiro corto” è il tuo primo noir globale perché questa scelta?
Avevo voglia da tempo di scrivere un romanzo corale, che mi permettesse anche di fare un riassunto di tutti i temi importanti toccati negli anni precedenti. L’idea di uscire dall’Italia mi sembrava importante, anche per dare ai lettori il senso di come i reati si sviluppano da un paese all’altro in una sorta d’immaginario del crimine che è più veloce e più forte dell’immaginario del “bene”.
Come dicevi il mondo criminale è descritto all’insegna della velocità. Non c’è più il posto fisso neppure nel mondo del crimine
Assolutamente si. Bisogna ragionare su come la crisi ha investito il crimine, le vecchie organizzazioni sono molto lente nel ridefinire il nuovo modo di agire, di competere nei nuovi mercati. I nuovi sono quelli che ci capiscono di più. L’idea di questo romanzo nasce dal raccontare come prima la volta nella storia il sapere applicato al crimine sta diventando un aspetto strutturale e non più occasionale.
Quello dei figli dei criminali che studiano nelle università più importanti è un mutamento interno al crimine o è semplicemente un elevamento di classe sociale di certi criminali? Nel momento in cui i figli dei criminali di successo studiano con le élite economiche occidentali, diventano come loro o portano con se un valore criminale aggiunto?
Hanno imparato entrambi gli ambienti a vicenda, quello criminale e quello economico più spregiudicato. Se guardiamo all’agire delle multinazionali a livello mondiale, c’è una dimensione spregiudicata che s’intreccia con il crimine
Nei tuoi romanzi molti personaggi sono assolutamente amorali, non si pongono mai alcun problema che non sia la loro realizzazione criminale a qualsiasi costo. I ragazzi della “Dromos gang” forse sono perfino qualcosa di più perché oltre a questo sembrano disprezzare il resto dell’umanità. Forse hanno bisogno di sentirsi migliori per sopperire alla loro mancanza di fame?
Questo disprezzo nei confronti dell’umanità deriva dall’astrattezza economica, l’idea di tutto questo mi è venuta analizzando come i giovani manager di alcune multinazionali abbiano deciso di irrorare le piantagioni di banane a una certa ora del giorno perché costava meno e faceva bene alle banane. Solo che a quell’ora c’erano sotto tutti i lavoratori, ed è una scelta che comporta una riduzione di vita di 10-15 anni di vita per lavoratore. Ma permette maggiori guadagni. Questa è una scelta criminale ma legale. Quando ho incominciato a fare le interviste in questo ambiente di esempi di questo tipo me ne hanno fatti a bizzeffe dicendo “Che differenza c’è?”. Alcuni facevano l’esempio del “pilota che bombarda”. Per loro l’economia ha le sue esigenze e si tratta solo di svolgerle pienamente. Ma la forma d’astrattezza è una maschera di una totale amoralità. Quello che ho voluto sottolineare è che c’è una modificazione antropologica nella percezione dei reati, alcuni come ad esempio la corruzione, sono molto meno gravi di un tempo, l’inquinamento e il traffico di rifiuti le sofisticazione alimentari che fanno ammalare le persone non sono percepiti come cose gravi
Nel libro certi personaggi come la poliziotta marsigliese, lo spacciatore Garrincha o il boss corso ricordano maggiormente quelli dei tuoi altri libri, esponenti di un mondo criminale precedente ma che alla fine del libro sembrano avere ancora qualcosa da dire. Per loro solo una questione di tempo?
Non è detto, perché la criminalità nel nostro mondo è stratificata per culture e non è obbligatorio che queste arrivino a confliggere. Ci saranno comunque anche le parti del vecchio. La cosa più importante sarà capire come si modifica l’agire polizesco.
In che senso?
Anche loro stanno attraversando una sorta di crisi, sono demandati a reprimere i fenomeni criminali, ma non li sanno interpretare e sono spesso un passo indietro. Questo determina molto spesso comportamenti sopra le righe nella Polizia
Mancano di analisi
E mancare di analisi oggi ti fa rallentare, e se non sei veloce perdi
In questo noir globale non c’è molto spazio per gli italiani, è una scelta narrativa oppure a livello globale la malavita organizzata italiana non è più così importante?
No, perché negli ambienti che ho studiato gli italiani erano marginali e non ero interessato a raccontare l’Italia, ero affascinato molto di più da altri posti ad altri personaggi
Marsiglia è insanguinata da una feroce guerra fra bande che non scuote molto l’opinione pubblica francese. Credi che il ritorno al potere dei socialisti potrà migliorare la situazione?
Marsiglia è una città più mediterranea che francese, è una cosa a parte. Il conflitto fra gang può essere risolto solo da un punto di vista sociale e politico. Non credo che questo governo sia in grado di farlo ma ha senz’altro più strumenti del precedente
Sei famoso per l’accuratezza documentale con cui prepari i tuoi libri. Muoverti fuori dal contesto italiano ti è costato maggiore fatica?
Ci sono voluti 2 anni di ricerche e viaggi. Ma credo che l’applicazione del metodo giornalismo investigativo all’indagine narrativa finisca per dare sempre buoni frutti
Hai detto che per il momento non t’interessa scrivere ancora del nordest finché non ci sarà qualcosa di nuovo da raccontare. La caduta della Lega apre nuove prospettive in questo senso?
La caduta della Lega riporta a galla meccanismi ancora più consolidati, con meno contraddizioni di quelle contenute in libri come “Alla fine di un giorno noioso”. La situazione del nordest si è cristallizzata ed è inamovibile. Manca la grande inchiesta , il maxi processo. Sarebbe meglio un cambiamento politico ma per questo ci vorrà molto tempo ancora, nel frattempo spererei in una soluzione giudiziaria.
L’anno scorso avevi detto che sarebbe tornato presto l’alligatore (il suo personaggio più famoso, n.d.r.)?
Al momento non so ancora quando tornerà perché attualmente è infognato in un inchiesta non semplicissima, e dal punto di vista narrativo voglio fare un grande investimento su di lui. Contemporaneamente sto lavorando anche ad un altro progetto e non so quale uscirà prima.
di Daniele Rielli