Non mi scandalizza per niente che Maurizio Cevenini, morto suicida dal palazzo della Regione Emilia Romagna, sia diventato tema di scontro politico. Il Pd ha mandato avanti le retroguardie, ma lo ha fatto. Senza capire quanto la meschinità umana abbia stufato, senza recepire la lezione che lo stesso Cevenini ha lasciato: la politica buona. Non buona politica, che non sappiamo forse neppure da che parte stia, né come si faccia, ormai. Quella onesta, quella che ci mette la faccia, che sbaglia, che va allo stadio, ai mercati, e che celebra i matrimoni. In poche parole la politica vicina alla gente, quella che non usa le auto blu e cerca di aprire le porte del Palazzo anziché chiuderle.
Arrivo al dunque. Il tema è semplice: da ieri ha iniziato a girare una foto che ritrae Giovanni Favia, consigliere regionale del Movimento 5 stelle, mentre con una telecamera riprende quello che è accaduto sotto il suo ufficio, dove si è suicidato Cevenini. Apriti cielo: sciacallo, violenza privata, violazione di privacy senza scrupoli, dice il Pd per bocca di un consigliere regionale e del gruppo dei Giovani democratici. Lui che immortala le spoglie del Cev, si vergogni, si dimetta.
Togliamo al lettore ogni dubbio, ci sono le prove video: Favia non ha ripreso nessun corpo a terra, ma i poliziotti che facevano i rilievi quando la salma era stata rimossa. La stessa immagine che è apparsa sui giornali. Lo abbiamo ripreso anche noi Favia che si affacciava alla finestra con la telecamera in mano e l’orario del filmato dice che il corpo di Cevenini lì sotto non c’era più.
Scrivo queste righe non a difesa di Favia: l’ho visto tre volte in vita mia, non mi piace frequentare le persone delle quali mi trovo spesso a scrivere. Ma bastano tre volte per capire che sei davanti a una persona che cerca di fare politica e non uno sciacallo. Una persona perbene, che crede in quello che fa. E che immagino stia vivendo in queste ore un dramma che non ha fondamento.
Mi sfugge il motivo della polemica. Anche se ci fosse stato il corpo coperto da un lenzuolo. Smettiamola di fare gli ipocriti. Alzi la mano chi non ha mai rallentato davanti alla scena di un incidente. Non preoccupatevi, non siete sciacalli. Non vedo come e perché si debba trasformare la banalità di un gesto in un caso politico.
Siccome le stesse tre volte che ho visto Favia sono le stesse tre che ho visto Cevenini, posso ipotizzare che Cev non avrebbe gradito. Primo, perché era legato a Favia. Secondo, perché Cevenini cercava di fare politica in mezzo alla gente, come scrisse la prima volta sul blog che gli avevo chiesto di aprire su questo giornale. In mezzo alla gente, alla sua gente. Ai suoi bolognesi.
I suoi detrattori – ce ne erano molti anche all’interno del suo partito – dicevano che era un modo banale di fare politica. Magari quelle stesse persone che oggi chiedono le dimissioni di Favia una settimana fa non sopportavano la popolarità di Cevenini. E allora, per favore, lasciatelo perdere. Mettere il cappello politico su un cadavere non è da persone perbene, ma ipocrita e meschino. Chi aveva stima per Cevenini lo dica, sarà creduto. Quelli che invece non lo sopportavano possono con la stessa naturalezza esporsi, non verranno messi alla gogna, ma apprezzati per quel bene prezioso che si chiama lealtà. Quelli che vogliono creare un caso politico perché tra 15 giorni ci sono i ballottaggi, beh, lo vadano a fare da un’altra parte. Non sono graditi agli elettori.
Quando il Pd capirà questo sarà sempre troppo tardi. Cevenini lo aveva capito, ma per questo era considerato banale. Io so quante telefonate ricevetti quando chiesi al Cev di aprire il blog. Tutti suoi presunti amici, tutti a ripetere che non aveva la statura per tenere un blog sul Fatto. Sono le stesse persone che oggi troverete a piangerlo. La statura Cevenini ce l’aveva, eccome se ce l’aveva. Alcuni suoi colleghi di partito – quelli che oggi se la prendono con Favia – non solo erano piccoli senza possibilità di crescita, ma lo invidiavano Cevenini. E per questo faceva loro comodo liquidarlo come “banale”, come un uomo tutto stadio e matrimoni.