Lascio agli esperti l’interpretazione politica e l’analisi sociologica dello squilibrato volantino con cui la FAI (Federazione Anarchica Informale) rivendica la gambizzazione di Adinolfi. Spetterà a loro individuare le correnti di delirio che animano questi scalmanati, il sottobosco insurrezionalista da cui provengono e le contorte letture che li ispirano. Io mi limito a soffermarmi su un dettaglio del proclama della FAI: il simbolo.

Nell’era della pubblicità, si sa, per un movimento il simbolo è tutto. Dalla sua forza comunicativa spesso dipende il seguito e il successo che riesce ad avere. Pensiamo ai moderni simboli e bandiere di Forza Italia o della Lega, stelle fortunate, azzurre o verdi, stendardi, imitazioni floreali e cerchi magici. Ma ricordiamo anche la panciuta stella a cinque punte delle orride Brigate Rosse. Un simbolo che sapeva cogliere il momento, esprimere il tempo in cui si manifestava il movimento, le attese e le paure che suscitava. La stella brigatista era quella delle rivoluzioni e del comunismo, evocativa e feroce, carica di promessa redentrice e di romanticismo rivoluzionario, sinistra nel senso di funeraria, nera di ciclostile ma rossa di sangue.

Invece a guardare il simbolo dei poveri FAI viene innanzitutto in mente uno di quei disegnini che si fanno sul bloc-notes quando si è al telefono e non si sa come riattaccare. La mamma non molla la pezza, la moglie si raccomanda, l’amico si confida, il capo dà istruzioni e noi scarabocchiamo per far passare il tempo. Forse è così che i farneticanti ecoterroristi della FAI hanno elaborato il loro simbolo. Su una telefonata della mamma che gli diceva di smetterla di fare i cretini.

Come lo chiameremo? La ruota a quattro frecce? La stella cadente? Un segno a dir poco astruso da cui parte inesorabile un messaggio di smarrimento. Dove siamo? Dove andiamo? E la stella con la A anarchica a destra in alto rende il tutto molto simile a un rebus da Settimana Enigmistica. Cosa vorrà dire? “Oppure è uno di quei giochi che si  trovano negli involucri delle cicche da masticare o il marchio per indicare che un prodotto è riciclabile. Mezzo ciclo, quindi mezzo riciclabile

Riciclano tutto, infatti, anche le armi delle vecchie BR. Qui non si butta niente… Mezzo tondo e quattro frecce senza direzione, il marchio FAI sembra anche una parodia del cartello “you are here” delle mappe della metropolitana. Non lo sanno dove si trovano gli squilibrati della FAI, ancora meno sanno dove vanno e il nucleo Olga parte malissimo, perché da nucleo non ha neppure un centro, anzi nell’inconcludenza del disegno sembra alludere a un seguito. Che sia forse questa la pista?

Ad ogni volantino la FAI continuerà il disegno e alla fine capiremo come gira la loro mente disturbata? Certo è che fra tanti che sono, come almeno dicono, uno straccio di pubblicitario potevano rimediarlo, anche un geometra, un grafico con laurea albanese che ci riflettesse un attimo. Insomma, qui si rilancia il terrorismo, si sfida lo Stato, si pianifica la rivoluzione con un marchio che sembra un tatuaggio da marinaio! Decisamente, anche a terrorismo siamo diventati scarsi e anche in questa nostra tradizionale specialità rischiamo di fare figuracce irreparabili.

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