Il Cavaliere a marzo 2012 ha dato mandato al suo avvocato Alessandro Sammarco di andare in Argentina per incontrare l'ex direttore dell'Avanti. Il difensore: "Una situazione inconsueta, ma la legge lo consente". Intanto il faccendiere rientrato in Italia ricostruisce davanti ai pm la rete di aiuti avuta durante la latitanza.
Berlusconi alla fine di marzo 2012 ha dato mandato al suo avvocato Alessandro Sammarco di andare in Argentina per incontrare il latitante Valter Lavitola e per ascoltare e verbalizzare, sotto giuramento, la verità dell’ex direttore dell’Avanti. La circostanza è emersa durante l’interrogatorio di Lavitola da parte dei pm Vincenzo Piscitelli, Francesco Curcio e Henry John Woodcock, il 5 maggio scorso. Quel giorno i magistrati hanno ascoltato per ore la versione di Lavitola su molte vicende: gli aiuti ricevuti durante la latitanza prima a Panama, poi in Brasile e infine in Argentina; il destino dei 500 mila euro messi a disposizione per Gianpaolo Tarantini da Silvio Berlusconi e i contatti con l’Italia. I pm napoletani incalzano Lavitola sulla questione dei legali che lo hanno incontrato negli ultimi mesi. A partire dall’avvocato Eleonora Moiraghi, la penalista che difende l’ex direttore dell’Avanti sul fronte dei contributi illecitamente percepiti. “La Moiraghi doveva venire accompagnata dall’avvocato Alessandro Sammarco… quello che aveva chiesto di fare l’interrogatorio difensivo… dopodiché non è venuta più, in quanto l’avvocato Gaetano Balice ha ritenuto non opportuno questo interrogatorio difensivo che io, invece, avrei voluto fare”.
IL PM FRANCESCO Curcio si incuriosisce: “Che vuol dire interrogatorio difensivo?” e Lavitola spiega: “Allora, l’avvocato Sammarco si era proposto di fare un interrogatorio difensivo nell’interesse di Berlusconi”. A quel punto interviene il pm Woodcock: “Ma interrogatorio difensivo in senso stretto o l’interrogatorio difensivo era… insomma, voleva riscattare lui”. A questo punto Lavitola sbotta: “Perché non glielo chiede a lui (Sammarco, ndr)? Così lo sente, voglio dire; io non lo so che cosa voleva venire a fare; lui disse che voleva venire a fare un interrogatorio difensivo; …io non ho avuto rapporti con Sammarco, solo tramite Balice, e poi dopo tramite l’avvocato Eleonora Moiraghi, avevano… questo aveva deciso di venire a fare l’interrogatorio difensivo; Balice si è opposto a questa cosa e questo qui non è venuto”. Lo scenario che emerge ha davvero dell’incredibile. Come ha raccontato la sorella, Maria Lavitola, almeno da novembre del 2011 il latitante Lavitola sta cercando disperatamente di contattare l’ex premier per chiedergli 5 milioni di euro minacciando in caso contrario sconquassi e rivelazioni. Prima invia la fidanzata brasiliana dall’avvocato Gennaro Fredella e gli chiede di portare la sua ambasciata al Cavaliere. L’avvocato però rifiuta e allora Valterino ritenta il contatto tramite l’imprenditore italo-argentino Carmelo Pintabona. Anche in questo caso, a detta di Lavitola, il contatto fallisce perché Pintabona viene bloccato dalla Polizia mentre entra o esce dal palazzo di Berlusconi.
POI I GIORNALI cominciano a raccontare dell’imminente rientro di Valter e il premier, preoccupatissimo per la sua posizione, che fa? Pensa di inviare (due settimane prima dell’atterraggio di Lavitola a Fiumicino) l’avvocato Sammarco per farsi dire in un verbale che poi sarebbe potuto sparire con lo schiocco delle dita (non c’è obbligo di depositarlo nel fascicolo) quello che Lavitola minacciava di rivelare. Se la manovra salta lo si deve solo all’avvocato di Lavitola, Gaetano Balice. Il 29 marzo l’avvocato Alessandro Sammarco scrive via fax ai tre legali che difendono Lavitola per chiedere di sentirlo con l’assistenza di un difensore. Sammarco è stato investito da un esplicito mandato di Silvio Berlusconi e nell’interesse del suo assistito vuole assumere sommarie informazioni da parte dell’ex direttore dell’Avanti che egli stesso qualifica come latitante. La richiesta è inconsueta, ma Sammarco la motiva con gli articoli 327 bis e 391 bis del codice di procedura penale. La risposta di Gaetano Balice arriva nei primi giorni di aprile, sempre via fax e ha un tono abbastanza ruvido. “La sua richiesta allo stato non appare realizzabile”, scrive Balice nei primi giorni di aprile, due settimane prima che Lavitola si consegni, “questo mio convincimento si fonda prima di tutto sulla circostanza che nella sua istanza non vi è riferimento al procedimento tuttora pendente presso la Procura di Roma che vede il suo assistito Silvio Berlusconi e Valter Lavitola in posizioni apparentemente inconciliabili”. In quel procedimento, infatti, Lavitola è l’estortore e Silvio Berlusconi, teoricamente, la vittima dell’estorsione. Nella sua lettera, inoltre, l’avvocato Balice aggiungeva poi un secondo motivo che gli intimava di rispondere picche a Sammarco e Berlusconi: “Sottolineo che il dottor Lavitola è allo stato latitante in seguito all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare da parte dell’autorità giudiziaria di Napoli e Bari” che per inciso lo stava cercando. L’avvocato Alessandro Sammarco, sentito dal Fatto, non demorde: “Rivendico il mio diritto, in qualità di difensore di Silvio Berlusconi, di sentire anche il latitante Lavitola e confermo che nei prossimi giorni mi attiverò per sentirlo in galera”. Al Fatto che gli chiede se non gli sembri grottesco che un “quasi coindagato” come Berlusconi lo inviasse in Argentina a parlare con Lavitola, Sammarco replica: “Mi rendo conto che siamo di fronte a una situazione inconsueta, ma la legge consente questa attività e in qualità di difensore avevo il dovere di esperire tutti i rimedi utili”.