Aiuto, aiuto arriva Hollande. E’ un uomo “piuttosto pericoloso”, avverte l’Economist. Attenti, non è come Monti, che fa solo poche obiezioni mirate al fiscal compact, scritto sulle tavole della legge dei mercati. Monsieur le président “vorrà preservare lo stato sociale francese a tutti i costi”, magari romperà pure l’asse di ferro con la Germania e sembra troppo ottimistico pensare che “nonostante quello che ha detto in campagna elettorale finirà per fare la cosa giusta”. Ma quale? Abbassare la testa e ridurre il debito, tagliare le spese, aumentare le tasse, ricapitalizzare le banche, diminuire il peso dello stato nell’economia. Ormai è come una giaculatoria.

Fino a poco tempo fa gli elettori della zona euro avevano dimostrato di accettare l’idea di austerity, la “via delle riforme”. In Spagna, Portogallo e Irlanda si sono eletti governi che tutto sommato piacciono ai mercati. Ma ora la misura è colma e la festa è finita. E’ finita alla Bastiglia con migliaia di persone accalcate in piazza, arrampicate sui monumenti, i palazzi, sospese tra i lampioni e le bandiere. E’ finita in Grecia con l’esplosione dei partiti del memorandum e il trionfo delle sinistre anti-Troika e, purtroppo, dei peggiori rigurgiti della pancia popolare. Ed è finita in Italia dove, per usare le parole del Financial Times, altro megafono dei famosi mercati, “il comico populista Beppe Grillo ha sbalordito l’establishment politico guadagnando più del 10% in alcune elezioni locali”. E’ un mondo che si disgrega, mentre Angela Merkel contiene le perdite nelle elezione regionali tra l’avanzata del fantomatico Partito dei Pirati (8% in Schleswig-Holstein) e la morte clinica del partito liberale Fdp, suo alleato di governo.

Il mondo è in rapido cambiamento sociale, finanziario, politico, ambientale, energetico e i partiti tradizionali non hanno risposte. Nei compiti in classe scrivono le soluzioni suggerite dai mercati. Per un po’ ha funzionato, ma ora sono stati scoperti. Cosa succederà? Difficile prevederlo ora. Consola però sapere che qualcosa si stia muovendo nei sotterranei della coscienza civile europea. Le forze politiche al potere, succubi dei poteri finanziari, non sono state in grado di ridurre il perimetro della finanza, i volumi del sistema bancario ombra, delle transazioni ad altissima frequenza che mandano in tilt i mercati. Hanno balbettato timidamente di una tassa sulle transazioni finanziarie che non adotteranno mai, hanno fatto proclami contro paradisi fiscali, strumenti derivati, obbligazioni strutturate, ma alle prediche è seguito ben poco.

Ieri Jp Morgan Chase, la più grande banca americana, ha candidamente dichiarato di aver perso 2 miliardi di dollari a causa di “errori grossolani” nella speculazione su credit default swaps “sintetici”. Forse a quattro anni dall’esplosione della crisi finanziaria internazionale dovrebbe stupire di più che operazioni e disastri del genere siano ancora possibili piuttosto che la vittoria di Hollande o di “comici populisti”, pirati e giovani ex-comunisti che non digeriscono la santissima austerity.

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