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Filippine, sit-in all’ambasciata cinese. Scontro diplomatico sulle isole Huangyan

L'arcipelago è diventato nell'ultimo mese il principale punto di frizione tra Pechino e Manila. Il ministro degli Esteri della Cina: "Il governo filippino istiga i peggiori istinti nazionalisti". Crollo delle prenotazioni turistiche nella zona contesa

C’è aria di tempesta nelle acque attorno alle Scarborough, o Huangyan come le chiamano i cinesi. Il gruppo di isole contese nel Mar Cinese Meridionale è diventato nell’ultimo mese il maggior punto di frizione tra Pechino e Manila. Tanto da spingere i principali tour operator e le agenzie di viaggi cinesi a cancellare tutte le prenotazioni per l’arcipelago. Oggi nella capitale filippina si è tenuta una manifestazione davanti all’ambasciata cinese con centinaia di persone. Altre proteste erano in programma davanti alle sedi diplomatiche di Pechino sparse per il mondo. “Evitate di uscire e restare soli”, si legge nella nota pubblicata sul sito dell’ambasciata.

“Sarà una manifestazione pacifica, non bruceremo alcuna bandiera. Ci limiteremo a intonare slogan patriottici”, ha assicurato al South China Morning Post un imprenditore sino-filippino, tra gli organizzatori della protesta.

“I nostri corrispondenti non ci hanno segnalato particolari problemi”, ha spiegato Franco Tura, titolare di Mosaico Tour operator, al fattoquotidiano.it, “Per quanto riguarda la sicurezza nel Paese ci basiamo soprattutto sulle informazioni di Viaggiare Sicuri. Il portale della Farnesina segnala generici allarmi per il rischio attentati. I viaggi nell’arcipelago continuano però a vendersi bene”. Anche per i corrispondenti di Go Asia il Paese è “molto sicuro”.

La questione è tra i due Paesi asiatici. Hong Lei, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha accusato il governo di Manila di istigare i peggiori istinti nazionalisti dei suoi cittadini. I sentimenti anti-cinesi sono alla base della decisione di cancellare tutti i viaggi. Un duro colpo per il turismo filippino. Stando ai dati del governo i visitatori cinesi sono infatti il 9 per cento degli arrivi totali nell’arcipelago. “Manila non deve ulteriormente danneggiare le relazioni bilaterali”, è il monito lanciato da Pechino.

Intanto pirati informatici hanno attaccato il sito dell’agenzia di stampa filippina. Al posto della homepage sono comparse frasi inneggianti alla sovranità cinese sulle isole: “La pazienza ha un limite”, “Le Huangyan sono cinesi, che diritto avete di dire che sono vostre”, “Non possiamo più tollerare”.

A calcare la mano è soprattutto la stampa cinese. A volte commettendo gaffe, come quella di He Jia, mezzobusto della tv di Stato Cctv che nell’impeto è arrivato a dichiarare che le Filippine appartengono alla Repubblica popolare.“Non siamo spaventati dall’ipotesi di una guerra nel Mar Cinese Meridionale”, scrive invece il China Daily, voce in inglese del governo. “Chiunque cerchi di strappare la sovranità delle Huangyan si troverà davanti il governo cinese e prima ancora l’esercito”, gli fa eco il quotidiano del Esercito popolare di liberazione. Lo stesso viceministro della Difesa, Fu Ying, aveva detto martedì che il suo Paese è pronto a rispondere a qualsiasi attacco nell’eventualità che la situazione precipiti.

La crisi va ormai avanti da un mese. L’8 aprile scorso otto pescherecci cinesi erano stati intercettati nel tratto di mare conteso e bloccati da una nave militare filippina. A loro volta due navi della Marina cinese sono intervenute per fermare l’arresto dei pescatori dando inizio al braccio di ferro sia diplomatico sia militare, con entrambe le Marine che hanno inviato le rispettive ammiraglie.

La zona contesa si trova 230 chilometri a ovest dell’isola principale delle Filippine, quella di Lucon. Manila ritiene che le isole si trovino nella sua area marittima esclusiva di 200 miglia e che l’appartenenza di queste acque all’arcipelago sia indiscutibile.

Al contrario Pechino rivendica per motivi storici la propria sovranità sul Mar Cinese Meridionale e il diritto allo sfruttamento delle risorse naturali nascoste sotto i fondali. Causa questa di altre dispute la vedono opposta al Vietnam, al Brunei, a Taiwan e alla Malaysia. Tuttavia il governo cinese non ha mai voluto discutere le questioni marittime in modo multilaterale, ma sempre e solo con incontri bilaterali, nei quali può far valere il proprio peso e dai quali può tenere fuori gli Stati Uniti, il cui rinnovato interesse per l’Asia ha avuto come prova le esercitazioni congiunte con filippini e vietnamiti.

di Andrea Pira