Dopo l'uscita del procuratore nazionale antimafia ieri alla Zanzara, oggi risponde il segretario generale di Magistratura Democratica ricordando che " la denigrazione sistematica del lavoro dei magistrati non può essere certo annoverata tra le azioni favorevoli alla lotta alla mafia"
Un premio al governo Berlusconi per il suo impegno nella lotta contro la mafia? Piergiorgio Morosini, gip del Tribunale di Palermo e segretario generale di Magistratura Democratica, non ci sta. E definisce “sconcertanti” le parole spese dal capo della Direzione nazionale antimafia Pietro Grasso sull’operato del Cavaliere.
L’uscita, ieri ai microfoni della Zanzara, non gli è piaciuta. “Sui sequestri – dice Piergiorgio Morosini – ci sono leggi collaudate già da qualche decennio e gli esiti positivi degli ultimi anni, in materia di aggressione ai patrimoni mafiosi, sono dipesi dallo spirito di abnegazione e dalla capacità professionale delle forze dell’ordine e della magistratura”.
E se Grasso, pur sottolineando che non tutto è stato fatto dall’ex premier, comunque ritiene ottimo il suo operato e quello dell’ex ministro dell’Interno Bobo Maroni, Morosini sceglie un’altra strada e fissa immediatamente un punto. “Dobbiamo ricordarci, in proposito, che la denigrazione sistematica del lavoro dei magistrati non può essere certo annoverata tra le azioni favorevoli alla lotta alla mafia”.
Al di là di questo resta un dato: il nuovo codice antimafia è stato approvato durante l’ultimo governo Berlusconi. Eppure anche qui vale una puntualizzazione del giudice palermitano: “Quel testo, a detta di esperti, a livello accademico e giudiziario, brilla per inadeguatezze e lacune”.
Altro? “Berlusconi non ha fatto nulla in tema di evasione fiscale e lotta alla corruzione che sono i terreni su cui attualmente si stanno rafforzando ed espandendo i clan”. Insomma, sembra che Grasso, incensando l’opera dell’ex esecutivo, abbia dimenticato qualche cosa. “Ad esempio – prosegue Morosini – le leggi che hanno agevolato il rientro in Italia di capitali mafiosi nascosti all’estero e della mancata introduzione di norme in grado di colpire le alleanze nell’ombra tra politici e boss”.
L’elenco del non fatto prosegue. Manca ancora una legge sul riciclaggio. E anzi “ci sono stati reiterati tentativi per indebolire il decisivo strumento investigativo delle intercettazioni”. Conclusione? “La politica antimafia delcentrodestra ricorda piuttosto il titolo di un noto brano del cantautore emiliano Ligabue ‘Tra palco e realta”: tanti proclami e poca sostanza”.