Cronaca

Avere vent’anni in Italia

Giù le mani dai nostri ragazzi! Dico a voi, polizia, carabinieri, questori, digos:  non permettetevi più di malmenare dei giovani che vogliono esprimere liberamente le loro opinioni indirizzate ai rappresentanti del potere politico.

E’ successo nei giorni del Salone del libro di Torino che si sta per concludere, quando un gruppo di studenti indipendenti (SI), liceali e universitari, hanno cercato di arrivare alla sala dove avrebbero parlato il ministro dell’istruzione Profumo e del lavoro Fornero (che non si è presentata) per manifestare il loro dissenso nei confronti della politica del governo. L’occasione era il convegno Avere vent’anni in Italia organizzato il 10 maggio dagli studenti di “Muoviti per la Novità”, ovvero la sezione giovanile del Terzo Polo. Normalmente accreditati, gli studenti indipendenti sono stati considerati indesiderati dagli organizzatori e quindi allontanati dalla polizia in malo modo. Alcuni di loro sono stati caricati e manganellati, ci sono stati dei feriti, il presidente del Senato degli studenti universitari, Nicola Malanga, è stato ricoverato in ospedale. Una violenza gratuita e fuori luogo.
Un pestaggio di stampo fascista.

Ma vi pare possibile? Dovrebbero essere per primi i ministri a scandalizzarsi per il comportamento delle forze dell’ordine denunciandone il comportamento. Che non succeda mai più in questo stato democratico che qualcuno che voglia manifestare un’opinione sia impossibilitato a farlo. Stiamo parlando del livello minimo di democrazia, quella democrazia che viene insegnata sui banchi di scuola e che poi viene disattesa da coloro i quali dovrebbero per primi rappresentarla e difenderla. Che esempio diamo ai nostri ragazzi? Inutile elogiare Diaz, il bel film di Vicari, che fa vedere i massacri compiuti dalla polizia a Genova e poi far finta di niente di fronte a questi episodi.

Quanto accaduto a Torino non è un caso ma è collegato alla violenza della Diaz e a tanti altri episodi in cui le forze dell’ordine si accaniscono contro persone che si limitano a manifestare il loro dissenso pacificamente. La matrice è la stessa ed è di stampo fascista, quella malattia che ci portiamo dietro e che, proseguita negli anni del dopoguerra grazie alle mancate epurazioni nella polizia, nei servizi segreti, nei ministeri, continua ad avvelenare il nostro Stato ancora oggi. La critica pacifica, il dissenso anche radicale sono guardati con sospetto, mentre chi usa l’arma della violenza sembra avere un suo spazio, una zona di rispetto in cui è permesso agire. Così i black bloc o le frange violente dei tifosi rimangono indisturbati.

E’ una vecchia storia che non riusciamo a interrompere, la violenza che si moltiplica e che diventa l’unico codice rispettato e riconosciuto da entrambe le parti: da chi usa violenza e da chi dovrebbe reprimerla. I contestatori pacifici non manovrabili da partiti, sindacati, associazioni non riconoscono queste regole di guerra, sono fuori dal gioco, usano altri linguaggi, per questo sono  pericolosi e inaffidabili. La democrazia reale è temuta dal potere. Proviamo a spezzare questa catena e rispettiamo i ragazzi che ci guardano, siamo noi il loro modello, che cosa gli stiamo insegnando?