Sono gli addetti alla portineria e l'assistenza informatica base. Sono stati ricevuti anche dal Rettore. Ma in realtà il loro datore diretto di lavoro è la Coopservice di Reggio Emilia, colosso da 600 milioni di ricavi ogni anno e 14.500 addetti. "Ma l'Alma Mater se tace diventa complice di questo sistema di sfruttamento"
“Da quando Coopservice è subentrata nell’appalto con cui l’Alma Mater si garantisce l’apertura di biblioteche, aule studio e parte dell’assistenza informatica le cose hanno cominciato ad andare male”, spiega Antonella Zago del sindacato di base Cub. “Per giunta la retribuzione è al limite dello sfruttamento, e col cambio di appalto è pure diminuita dai 5 euro l’ora precedenti alle attuali 4”.
Il dito ovviamente è puntato contro la cooperativa Coopservice, colosso di Reggio Emilia da 14.500 addetti e con ricavi che sfiorano i 600 milioni di euro all’anno. Ma i lavoratori in sciopero se la prendono anche con l’Università di Bologna, per loro colpevole di tollerare una situazione “intollerabile”.
“L’Unibo – spiega Salvatore, che per arrivare a mille euro mensili deve lavorare 50 ora la settimana – permette che nelle proprie aule e corridoi ci siano lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, con pochi diritti e una retribuzione bassissima”. Per questo il corteo (a cui hanno partecipato in solidarietà anche alcuni studenti del “Laboratorio sul debito” del collettivo universitario Cua) è finito fin sotto gli uffici del rettore Ivano Dionigi, che ha accettato di incontrare i lavoratori. “Ci ha ascoltati e di questo lo ringraziamo, ma senza darci nessuna garanzia concreta”, ha spiegato Zago al termine del colloquio.
“Abbiamo chiesto a Coopservice una modifica alle condizioni di lavoro per passare dagli attuali 4 euro netti all’ora a 5 euro e mezzo – continua Zago – Ci hanno proposto un aumento di 30 centesimi l’ora, ma in cambio i lavoratori sarebbero dovuti diventare soci della cooperativa”. Da qui il no dei circa 60 dipendenti, che avrebbero visto l’aumento in busta paga assorbito dalla quota obbligatoria da pagare per diventare soci della coop, e in più avrebbero perso anche la tutela dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
C’è poi un altro problema. I sindacati hanno chiesto la trasformazione degli attuali contratti part time con cui sono assunti i lavoratori Coopservice in contratti a tempo pieno. “Invece di assumerli 8 ore al giorno – spiega Zago – Coopservice ha scelto contratti da 20, 25 o 35 ore settimanali. Il resto sono straordinari che però di straordinario hanno poco visto che tutti lavorano dalle 40 alle 50 ore alla settimana”. Per il sindacato i contratti sarebbero “falsi part-time” usati per rendere il più possibile flessibile il lavoro. “A ulteriore minaccia – spiega un comunicato dei Cub – Coopservice precisa che la crisi arriverà e prima di tutto sarà garantito il lavoro ai soci e che quindi le ore di straordinario che oggi i lavoratori svolgono per arrivare ad un trattamento economico decente a fine mese potranno essere tolte in virtù dell’inserimento di altri soci/lavoratori”. “Credo – aggiunge Zago – che risposte del genere siamo solamente arroganti”.
Insomma una situazione complessa che ha radici altrettanto intricate. Nel luglio 2011 l’appalto per i servizi di portierato e ausiliarato dell’Università di Bologna è scaduto, e il cda ha deciso di non indire direttamente una nuova gara riaffidando invece il servizio attraverso l’agenzia regionale Intercent. In teoria i costi sarebbero dovuti diminuire. Invece dai 17,784 euro all’ora della vecchia gestione (la torinese Rear) si è passati agli attuali 19,80. “Un dipendente costa a Coopservice attorno ai 10 euro lordi tutto compreso. La differenza dove va?”, si dimanda Zago. Non solo il costo dell’appalto è aumentato, ma la paga oraria è diminuita, e per giunta i 60 lavoratori hanno perso il diritto ai buoni pasto e all’indennità di servizio per il supporto informatico.