Questa volta però il passo verso quell’universo dalle mille sfaccettature entro cui si racchiude lo spirito di uno dei poeti più cari alla letteratura italiana di tutti i tempi, arriva dritta all’anima della poetica leopardiana, con l’adattamento teatrale delle Operette Morali. Ne deriva un lavoro intriso di profondità acuta unita ad una leggerezza mista a comicità, che, dopo il debutto alla presenza del Presidente della repubblica Giorgio Napolitano, e il successo a Parigi al Theatre de la Ville, si prepara a svelare anche al pubblico bolognese tutta la sua teatralità più intrinseca, per un’opera che per natura teatrale non è.
Le operette morali, una raccolta di 24 componimenti in prosa, dialoghi e novelle, vennero scritte da Leopardi tra il 1824 e il 1832. Essi svelano l’anima più profonda dell’autore, con uno sguardo al rapporto dell’uomo con i suoi simili, con la storia, con la natura, in un continuo raffronto tra il passato e la staticità e la decadenza del presente. Le tematiche che ne scaturiscono, la ricerca della felicità, il peso dell’infelicità, la vita che è dolore, la natura matrigna, mostrano come la ragione si dimostri l’unico strumento di salvezza per sfuggire alla disperazione più totale.
Nasce forse dalla natura multiforme delle operette leopardiane, la scelta da parte di Mario Martone di svelare sulla scena un “testo che la drammaturgia contemporanea ci mostra oggi in tutte le sue potenzialità teatrali”. Così dall’alternarsi sul palcoscenico di parole che evocano un raffronto tra passato e presente, è probabile che l’indagare del regista si sia rivolto anche a visioni contemporanee per riflettere sul nostro presente. Un raffronto con la cultura e la storia del XIX secolo che porta con sé una riflessione profonda sui testi fondanti, come le Operette morali, per la condivisione di un’identità culturale unitaria, soprattutto dopo il centocinquantenario dell’Unità d’Italia.
Tanti i lavori a cui Martone si è dedicato, dal teatro al cinema: Faust o la squadra del cerchio, Otello, Coltelli nel cuore, per passare poi alla trilogia seminata negli anni, dai Sette contro Tebe, all’Edipo Re, all’Edipo re a Colono. Il regista ha dimostrato da sempre di voler creare un legame molto stretto tra le città e i teatri. Nei Sette contro Tebe la sala del Teatro Nuovo di Napoli si proiettava continuamente verso l’esterno, verso i quartieri spagnoli come teatro di guerra e nell’Edipo Re la scenografia ridisegnava la platea sventrata e semibruciata come una città malata.
Come a voler ricordare che il teatro, quello profondo e simbolico, è lo specchio che riflette il nostro tempo, con le sue inquietudini, le sue nevrosi che si trascinano, mutano e si ricompongono di epoca in epoca.
Il 1980 segna l’esordio di Martone alla regia cinematografica che lo porterà nel 1992, al suo primo lungometraggio Morte di un matematico napoletano, la storia del matematico Renato Caccioppoli, con il quale si aggiudica il Gran premio della giuria alla Mostra del cinema di Venezia. Nel 2001 ha partecipato all’esperienza registica collettiva del film Un altro mondo è possibile, girato in occasione delle giornate di protesta durante il G8 di Genova. Non da ultimo Noi credevamo, uscito nelle sale italiane nell’autunno scorso, vincitore nel 2011 del premio Alabarda d’oro, per il miglior film e la miglior sceneggiatura.
Con uno sguardo al passato ed uno al presente, Martone con la lettura delle Operette Morali, non conclude la sua riflessione proteiforme dedicata alla poetica leopardiana. Pare infatti, secondo un annuncio dello stesso regista del 28 aprile scorso, che il prossimo film di Martone sarà dedicato proprio alla vita di Giacomo Leopardi.
Per informazioni sullo spettacolo: www.teatridivita.it