Li chiamavano “cartoni”, oppure “alberi”, ma si trattava di persone: “Quanti alberi hai tu?”, chiede Antonio, italiano di Andria, all’egiziano Abu Khaled. “Sono quaranta, cinquanta, poco… poco…”. È il primo maggio, la festa dei lavoratori, ma c’è chi per trovare un posto di lavoro è costretto a imbarcarsi su un gommone e chi, invece, sfrutta la disperazione degli immigrati. Antonio parla di soldi: “Perché io devo pagare il peschereccio, devo pagare il gommone, devo pagare le persone che mettono nel magazzino… tu lo sai… settecentocinquanta euro… a venti miglia… non parlare con nessuno, però… se no io il lavoro non lo faccio… perché voglio fare le cose buone, non le cose che fanno un casino per far andare in galera le persone…”.
Quel che non sapevano, Antonio e Abu Khaled, è che non v’era bisogno di parlare con qualcuno, per farsi scoprire: la procura di Bari, con le indagini condotte dal procuratore capo Antonio Laudati e dal sostituto Carmelo Rizzo, ascoltava da tempo le loro telefonate. E il Gico della Guardia di Finanza, in collaborazione con la squadra mobile della Polizia, non soltanto era sulle loro tracce ma, soltanto pochi giorni prima, aveva ostacolato l’ennesimo sbarco. E da quel momento hanno ricostruito la nuova rotta del traffico di immigrati: è tale Mohamed, un egiziano che risiede ad Aysut, che secondo i testimoni si occupa di reclutare persone – connazionali e non – che vogliono emigrare in Europa. Mohamed assicura il primo tratto del viaggio, con un autocarro, fino ad Alesandria d’Egitto, Damietta o Port Said. Da lì, a bordo di un gommone, gli immigrati vengono trasportati su natanti più grandi, di solito pescherecci, che iniziano a stazionare al largo. Soltanto dopo inizia il viaggio verso le coste italiane. Costo: 5mila euro a testa, per un affare che, nel complesso, è stato stimato in 2,5 milioni di euro.
In Italia – scoprono pm e polizia giudiziaria – esistono altre “cellule” che si occupano di “accogliere” gli immigrati, ai quali forniscono abiti puliti e biglietti ferroviari, per poi accompagnarli alla stazione ferroviaria più vicina.
L’inchiesta era iniziata in Puglia ma, grazie alle intercettazioni telefoniche, gli investigatori avevano capito che gli scafisti si stavano riorganizzando in Sicilia, a Mazara del Vallo. La “nuova” frontiera dell’immigrazione clandestina inizia in Egitto e punta la Puglia: a dimostrarlo, tre tentativi di sbarco – tra l’ottobre e il novembre 2011 – che però non andarono a buon fine. Tentativi che, però, misero in moto le indagini della procura di Bari e della Guardia di Finanza del capoluogo pugliese, guidate dal colonnello Antonio Quintavalle, del nucleo di polizia tributaria, e da Salvatore Russo, colonnello del Gico. Indagini che hanno scoperto una vera e propria “regia”, organizzata in Egitto, per il traffico di esseri umani, con appoggi in diverse regioni in italiane, soprattutto in Puglia e Sicilia. Dopo il fallimento degli sbarchi a Taranto, il clan degli egiziani, elegge come meta la zona di Scanzano Jonico. Anche in quel caso, però, l’intervento l’operazione di polizia vanifica lo sbarco. E così il clan egiziano muta ancora destinazione: Mazara del Vallo.
Il 28 aprile, con degli sms, Abdou e Ramzi si erano trasmessi le coordinate per il trasbordo dall’imbarcazione egiziana al gommone che avrebbe trasportato gli immigrati sulla costa italiana.
Sono le 19.10 del 30 aprile, quando il gruppo aeronavale della Guardia di Finanza di Messina si posiziona sulle coordinate indicate. Mentre dall’alto cominciano le riprese mentre, due minuti dopo, le motovedette della GdF iniziano l’inseguimento: da un lato avvicinano il gommone, dall’altro il peschereccio “Haj Youssef”, che si era tenuto in acque internazionali e viene abbordato alle 20.20. Ed è a bordo del peschereccio che i finanzieri scoprono 65 immigrati, nascosti sottocoperta, e 15 membri dell’equipaggio. Nel frattempo continua l’inseguimento del gommone, che si spiaggia a Pozzitello, nei pressi di Capo Granitola, a Mazara del Vallo. Sono le 21: l’inseguimento in mare è finito. Uno degli scafisti viene arrestato ma le immagini mostrano la fuga degli immigrati che, disperati, dopo aver viaggiato in mare, tentano di sfuggire alla Guardia di Finanza.
Oggi gli arresti: sette persone, egiziane e tunisine, sono state sottoposte a un fermo su disposizione della procura di Bari. Il gruppo criminale ha diverse basi operative: Puglia, Lombardia, Campania e Sicilia. Le indagini, avviate nell’ottobre 2011, hanno portato all’identificazione di 490 immigrati, all’arresto di 43 persone, al sequestro di quattro motopescherecci e tre gommoni.