È ufficiale, l’Italia è in recessione. Il peggiore dei mali, per un sistema basato esclusivamente sulla continua crescita dei consumi. Persino per chi ritiene che il Pil non sia il miglior metro di misura del benessere di un popolo, visto che cresce anche quando si fa un incidente, si installa un allarme o si acquistano psicofarmaci, sentire parlare di recessione non è una buona cosa.
Ciò non significa che si deve smettere di mettere in discussione un modello di sviluppo ossessionato dalla crescita economica. Anzi, è un motivo in più per chiarire la differenza fra recessione e decrescita. Che, per chi non lo avesse ancora capito (o non si fosse almeno preso la briga di leggerlo), non sono affatto sinonimi.
La recessione è una piaga, la decrescita è una presa di coscienza. Per spiegarci meglio, la recessione è come non avere quasi più cibo a disposizione rischiando di morire di fame, la decrescita è come mettersi a dieta perché si è in sovrappeso o si ha il colesterolo troppo alto. In entrambi i casi si mangia di meno, ma per motivi ben diversi.
A parte la solita domanda, a cui politici ed economisti non sembrano volere (o sapere) rispondere, cioè “Come è possibile una crescita infinita in un ambiente dalle risorse finite?”, il parlare di decrescita porta dunque a fare questa importante precisazione. Soprattutto in un momento delicato come quello che stiamo vivendo.
Mentre la recessione ti travolge sconvolgendo il tuo sistema, insomma, la decrescita è un tentativo di cambiare direzione, uno spunto di riflessione e di azione per prepararsi a un cambiamento che comunque arriverà. Prima che a livello economico, ambientale o sociale sia troppo tardi.
Per potersi preparare al cambiamento epocale in arrivo, migliorando già da ora le proprie condizioni di vita e la rete di relazioni in cui si è inseriti, per fortuna ci sono diversi mezzi. Che sempre più persone hanno deciso di utilizzare. E condividere.