Politica

Sale la tensione a Catanzaro, tre buste con proiettili al prefetto e a due giornali

Le missive intercettate al centro meccanografico di Lamezie Terme. Nella città calabrese il dopo le elezioni preoccupa. Due le inchieste della Procura per accertare eventuali brogli alle consultazioni del 6 e 7 maggio. Il rappresentante del governo Reppucci si dice "tranquillissimo" 

La tensione sale a Catanzaro. I veleni del post elezioni non si fermano. Alle polemiche politiche da ieri si sono aggiunti episodi inquietanti: tre buste, contenenti proiettili e santini di alcuni candidati al consiglio comunale, sono state bloccate al Centro meccanografico delle Poste di Lamezia Terme. Destinatari dei plichi sono il prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci, e due giornali locali, la Gazzetta del Sud e il Quotidiano della Calabria.

“Nel messaggio – ha dichiarato il rappresentante provinciale del governo – mi viene contestato un mancato intervento in merito alle polemiche sul voto ignorando che io in questa materia non ho alcun potere. Per quanto mi riguarda, dunque, sono tranquillissimo”. Proiettili e santini sono stati sequestrati dai carabinieri nella speranza che gli accertamenti tecnici possano fornire elementi utili per risalire ai mittenti. Dal messaggio intimidatorio appare chiaro il riferimento a quanto sta accadendo in questi giorni nel capoluogo della Calabria. Due inchieste della Procura stanno accertando la regolarità delle elezioni del 6 e 7 maggio scorsi.

Il candidato del centrodestra, Sergio Abramo, è stato proclamato sindaco con appena 130 voti che gli hanno consentito di superare la soglia del 50%. Una soglia che, secondo il centrosinistra, non sarebbe stata raggiunta dal candidato se non si fossero verificati brogli elettorali ai seggi. Nella sezione 85, infatti, controllata direttamente dalla commissione centrale sono state riscontrate diverse anomalie. Il numero delle schede non coincide con quello degli elettori votanti. La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo, inoltre, su una presunta compravendita di voti e sabato pomeriggio ha posto sotto sequestro tutte le 60mila schede elettorali.

Oltre all’ingente somma di denaro e al materiale elettorale trovato addosso a un candidato consigliere di centrodestra, tra il materiale rinvenuto dalla Digos anche un normografo che potrebbe essere stato utilizzato per compilare la scheda vergine da consegnare all’elettore. Il candidato del centrosinistra, Salvatore Scalzo, infine, ha presentato un esposto che nelle prossime ore sarà integrato con un dossier contenente decine di testimonianze di elettori ai quali non è risultato il voto espresso o che si sono presentati al seggio per accorgersi di “aver già votato”.

Il pericolo di brogli era stato paventato dallo stesso prefetto Reppucci che, qualche giorno prima delle elezioni, aveva lanciato l’allarme: “Raccolgo da parte di forze politiche e privati cittadini – era scritto nella sua nota – voci sempre più insistenti di possibile uso di duplicati del certificato che dà diritto al voto, da parte di rappresentanti di lista nel seggio ove svolgono la funzione, mentre con l’originale eserciterebbero il diritto di voto nel seggio di iscrizione. Nel rammentare che il nostro ordinamento non consente l’espressione di voto in più sezioni e che i rappresentanti di lista, nell’esercizio delle funzioni, sono considerati pubblici ufficiali, invito pubblicamente le forze politiche e i soggetti interessati, alla massima vigilanza democratica per garantire uno svolgimento delle operazioni di voto libero e pienamente rispondente al dettato di legge”. Ciò evidentemente non è avvenuto. Il prefetto si è dimostrato un “veggente” o c’erano tutte le avvisaglie di quello che si stava consumando nella città calabrese?