Cultura

Berlusmonti, l’ABC di fine impero

di Andrea Scanzi
Tecnici e politici orfani di B. visti da Travaglio nel suo ultimo libro

Venne il diluvio universale, l’Italia affogò, ma sull’arca dei tecnici uno solo si salvò: il solito”. È il sottotitolo di Berlusmonti (558 pagine), nuovo libro di Marco Travaglio edito da Garzanti. Raccoglie i suoi migliori articoli usciti sul Fatto Quotidiano da ottobre 2010 ad aprile 2012. Una carrellata di umanità varia, non di rado avariata.

Alfano Angelino

Detto “Angelino Jolie”, per il vezzo di trasformare ogni cognome accrescendo l’effetto satirico (come Giannini, come Grillo). Propaggine telecomandata di Berlusconi.

Bersani Pier Luigi

“Bersanitù” o “Bersamasutra”. “L’altra notte, in non so quale tg per nottambuli, è comparso Bersani, la giacca appesa al dito e pendula sulla spalla, l’aria trasandata da passante un po’ scazzato, e ha iniziato a biascicare come una pentola di fagioli in ebollizione”. Dopo le molte critiche, Bersani prova a replicare a Travaglio. L’effetto è quello di un rauto esploso in contemporanea col Big Bang.

Belpietro Maurizio

Mascella bulimica berlusconiana. Ridicolizzato per il presunto attentato che avrebbe subìto. E non solo per quello.

Berlusconi Silvio

“Quel nano triste da italiano in gita”, “Latrin Lover”, “Gli ultimi giorni di Pompetta”. Protagonista del libro. Macchietta così improbabile da tenere in scacco un paese intero.

Bossi Eridano Sirio

Ultimogenito del Senatur. “Naso comunicante”. “Nella classifica delle peggiori pagliacciate leghiste a carico nostro, vince ai punti la rinoplastica finanziata coi rimborsi elettorali per Eridano Sirio Bossi: cioè abbiamo pagato pure il naso nuovo all’ultimogenito del Senatur, che ora va in giro con un naso non più suo, ma parastatale”.

Bossi Umberto

Travolto dai noti scandali. “Chi l’ha scelto Belsito? Bossi. Chi ha mandato in Regione il Trota a dodicimila euro al mese? Bossi. Chi ha lasciato pieni poteri al ‘cerchio magico’ e mandato a vicepresiedere il Senato la Rosi? Bossi. Il resto sono lacrime di coccodrillo”. 

Casini Pier Ferdinando

“Piercasinando”, “Piercuffarando”. Sta sullo sfondo. Non solo nel libro.

D’Alema Massimo

“Max The Fox”, “Volpe del Tavoliere”. Teoricamente antiberlusconiano. “Puntuale come una merchant bank, ogni qualvolta B. è travolto in uno scandalo, arriva la Volpe del Tavoliere a levarlo d’impaccio. O almeno a fare pari e patta. Fa sempre così, da diciassette anni”. Il libro contiene un botta e risposta Travaglio-D’Alema che basta, da solo, a far capire perché la “sinistra” italiana sia in crisi da vent’anni.

Facci Filippo

“Mechato, “Poveretto con le meches”. “Orfano di Craxi” con improvvise tendenze grilline (dopo averli ritenuti la parte peggiore del paese). 

Ferrara Giuliano

“Notoriamente intelligente”. A prescindere.

Gasparri Maurizio

Affermato intellettuale (“Biagi è come il confetto Falqui”, “La presenza di gay travestiti in tv danneggia l’immagine della categoria”). Travaglio ne ricorda le gesta migliori: “Nel 1996 l’ex ministro stava recandosi al Circolo del Polo ai Parioli per una serata con moglie e amici, quando inspiegabilmente, solo alla guida della sua auto, “sbagliò strada e fu fermato dai carabinieri in una zona dove i transessuali sono soliti prostituirsi, tra i viali dell’Acqua Acetosa. I carabinieri, insospettiti dall’andatura a singhiozzo, lo fecero accostare. Ma lui procedeva a singhiozzo perché stava cercando il Circolo del Polo, che avevate capito?”.

Monti Mario

“Smonti” o “Super Mario Bros”. Il Redentore in Loden che piace a tutti. O quasi. “Si sperava che almeno Monti, della cui preparazione nessuno ha mai dubitato e che ha trascorso ai vertici delle istituzioni europee gli ultimi anni della sua carriera, ci illuminasse con parole un tantino più dettagliate e persuasive. Invece è stato più evasivo di un Bersani”. Sul Tav, sulla Rai, eccetera.

Minzolini Augusto

“Scodinzolini”, “Minzolingua”. Figura che esplicita, secondo l’autore, il passaggio da “cane da guardia” (ruolo teorico del giornalista) a “cane da riporto”. “Sia chiaro una volta per tutte: noi adoriamo Augusto Minzolingua. Purtroppo, lui non ricambia”.

Ostellino Piero

“O ‘Stellino nnammurato”. Firma del “Pompiere della sera”, che contribuisce in prima persona a giustificare titoli come “È la stampa, schifezza!”.

Panelli Paolo

Il libro è pieno di rimandi alla tivù – e al cinema – che fu. Totò, commedia all’italiana . Sottotesto malinconico: quanto siamo peggiorati.

Passera Corrado

“Da Patonza a Passera”. Il gioco di parole più hard.

Penati Filippo

Cioè “Filippo Penale”. Emblema di una questione morale assai irrisolta anche a “sinistra”.

Polito Antonio

“Polito El Drito”. Rifomista scarsamente amato dall’autore, assieme ai Riotta e Battista. Forma, con altri colleghi – Cappellini, Menichini –, la congrega dei “desertificatori di edicole”.

Renzi Matteo

Rottamatore, sfortunatamente però non di se stesso. Ha un debole per Arcore.

Santanchè Daniela

La “Rosa” di “Olindo”. Caricaturale di per sé, il libro ha la bontà di non infierire.

Sallusti Alessandro

“Olindo” o “Mastro Olindo”. Giornalista con “seri problemi con la logica aristotelica”. “Suggeriamo (a Berlusconi) di pregare Sallusti di astenersi dal difenderlo ancora: un altro paio di alibi così, e B. si becca l’ergastolo”.

Scajola Claudio

Nel libro c’è anche lui. Ma a sua insaputa.

Scalfari Eugenio

Maestro di giornalismo con un debole per Monti. “Qualche malpensante potrebbe insinuare che allora i referendum facessero comodo contro il Caf e Cossiga, mentre oggi disturbino Napolitano e Monti. Ma noi che stimiamo Scalfari non vogliamo nemmeno pensarci. Certo non vorremmo che Scalfari-2 se la prendesse con Scalfari-1 dandogli dell’’editorialista qualunquista e demagogo con un disperato bisogno di ‘audience’ e quindi di un nemico su cui sparare sempre e comunque”. Questo no, sarebbe davvero troppo”.

Stracquadanio Giorgio

Droide berlusconiano non più di moda. “Abito di sartoria vagamente metallizzato; scarpa lucidissima; toupet di saggina e licheni che, nonostante la tintura fresca a metà fra il mogano e il tramonto sul Bosforo, faceva scalino col colorito della chioma originale superstite; iPad ultimo modello da cui fingeva di attingere informazioni a getto continuo; sorriso d’ordinanza rimasto intatto dalla fresca visita a Palazzo Grazioli, dove aveva ricevuto il training presidenziale, il sacro viatico del Capo e, a titolo di incoraggiamento, uno stock di cravatte Mari-nella. Poco prima del calcio d’inizio, il nostro eroe ha compiuto un breve giro di campo per stringere la mano agli altri giocatori, visibilmente entusiasta di essere stato invitato (ad Annozero, nda) e, soprattutto, di essere Stracquadanio”.

Tabucchi Antonio

Amico scomparso troppo presto. “Schifani aveva trascinato lo scrittore in tribunale chiedendogli un milione 300 mila euro solo perché aveva osato chieder conto delle sue frequentazioni con certi mafiosi. Il caso – unico al mondo – destò enorme scalpore in tutta la comunità letteraria internazionale, ma naturalmente non in Italia. Infatti quasi nessun giornale ha ricordato che Antonio è morto con quella spada di Damocle sul capo”.

Vespa Bruno

Secondo l’autore, l’“insetto” più potente dell’informazione. 

Vinci Alessio

“A-lesso Vinci”, “Leccando da Vinci”. “Giornalista all’ameregana, molto anglosassone”. “L’altra sera, al cospetto del suo editore, nei rari intermezzi concessigli fra un’esternazione fluviale e l’altra per pigolare qualche monosillabo, ha saputo mantenere una postura orgogliosamente eretta, quasi eroica, ai limiti della temerarietà. Fin dal benvenuto d’esordio, versione aggiornata del più celebre Duce, tu sei la luce”.

Il Fatto Quotidiano, 13 maggio 2012

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