Il regista del film tratto dal romanzo di Roberto Saviano ammette al Fatto Quotidiano il suo incontro col camorrista Cirillo (a sua insaputa), ma smentisce il pentito Oreste Spagnuolo sul pagamento del pizzo per realizzare il suo lavoro cinematografico
“Io stavo pensando a Cannes e mi tocca andare in Procura a rispondere di miei incontri con un boss della camorra… e quando esco, i giornalisti a trattarmi come un criminale. Ma ti rendi conto? A me colpisce l’ottusità mentale di personaggi come te. Tu hai dei problemi. Problemiiiii… Tu sei un uomo piccolo piccolo. Sai cosa penso? Lo sai? Che avete tirato fuori proprio adesso questa storia, di quel pentito che parla di miei incontri con un boss della camorra perché tra pochi giorni devo andare a Cannes e sono l’unico regista italiano in gara”.
Scusi, ma quale interesse potremmo avere a ostacolare un regista italiano che può vincere la Palma d’Oro? “Che ne so, vendere qualche copia in più sulla mia pelle”. Garrone è un fiume in piena. Finché sbotta: “Pensa alla tua vita”. Scusi, che cosa intende dire? 2Pensa alla tua vita, che io penso alla mia”. Il regista Matteo Garrone è arrabbiato. Di più. Il pavimento di linoleum consumato della Procura invece del tappeto rosso della Croisette di Cannes. Lunedì è stato un giorno difficile per lui. E non importa che in questa brutta storia sia vittima di un’ipotetica estorsione. Una come migliaia di quelle che si consumano a Napoli ogni anno. Enorme non per la somma ipotizzata – 20 mila euro – ma per il valore simbolico: perfino per girare Gomorra, il film denuncia sulla camorra, si sarebbe dovuto pagare il pizzo.
Una storia, l’indagine, raccontata dal Fatto Quotidiano a partire da un’intervista al pentito Oreste Spagnuolo che aveva messo nero su bianco la sua vita nel libro di Daniela De Crescenzo, Confessioni di un Killer. Con il Fatto, il pentito Spagnuolo (che la Procura di Napoli ha ritenuto attendibile) era stato categorico: “Senza il pizzo alla camorra, il film Gomorra non sarebbe stato girato”. Aveva riferito agli inquirenti dell’incontro tra il regista Garrone e Alessandro Cirillo, boss agli arresti domiciliari, all’epoca reggente del clan Bidognetti. Aveva raccontato di aver saputo da Cirillo del pagamento di un pizzo da 20mila euro perché le riprese girassero lisce come l’olio. Abbastanza perché la Procura aprisse un’inchiesta, pm Giovanni Conzo e Cesare Sirignano.
Ed ecco che il regista viene convocato in Procura, a pochi giorni da Cannes. Ieri a parlarne aveva i nervi a fiori di pelle. Poi, piano piano si calma. Scusi, Garrone, ma noi da giorni le chiediamo una sua versione dei fatti. E lei si è limitato a rispondere: “Non ho niente da dire”. Perché? “E’ falso”. E’ tutto registrato. “Lei non è un giornalista serio”. Va bene, ma com’è andata, è stato o no a casa del boss Cirillo? “Sì, l’ho detto anche ai magistrati. Ma non sapevo che fosse agli arresti domiciliari. E comunque ci sarei andato lo stesso… eravamo nel 2007, prima di girare Gomorra. Dovevo documentarmi, dovevo capire quel mondo. Anche quando volevo fare un film su Fabrizio Corona ho passato dei giorni a casa di Lele Mora in Costa Smeralda. Non c’è niente di male”.
Però dicono che sia stato pagato il pizzo per poter girare il film tranquillamente… “Non è vero. Lo dimostra il fatto che il pentito parla di me, mentre a pagare al massimo sarebbe il produttore del film”. Fa poca differenza. La sostanza non cambia. Ha pagato? “No”. Ma perché non ha mai smentito la notizia, perché si è rifiutato di darci la sua versione dei fatti? “Io sono fatto così, se avessi smentito avrei dato più risalto a questa storia. E poi a me non piace finire sulle prime pagine, voglio una vita appartata. Non sono come altri giornalisti, come Roberto Saviano, che appaiono spesso sui giornali”.
La conversazione adesso è pacata. Garrone diventa calmo: “E poi le dichiarazioni di questo Spagnuolo che manco conosco non sono attendibili. Spero che questa brutta storia sia chiusa. Però… magari anche questa esperienza mi sarà utile. E poi il magistrato che mi ha sentito è una persona in gamba”. Ma la Procura di Napoli non sembra proprio intenzionata a chiudere subito il fascicolo. Vuole andare a fondo. Spagnuolo, killer della frangia spietata guidata da Giuseppe Setola, sosterrebbe che a riferirgli del pagamento sarebbero state ben due persone: Cirillo, ma anche Giovanni Venosa, attore ed estorsore del clan. Anche Venosa gli avrebbe detto del pagamento di 5mila euro per girare il film nel parco Saraceno a Castel Volturno.
Il tramite dell’incontro tra Cirillo e Garrone è stato Terracciano che dopo Gomorra è stato arrestato e condannato per associazione camorristica. Nelle prossime settimane saranno sentiti gli altri protagonisti di questa vicenda intricata, tra cui Terracciano. Le pressioni e il clima durante i ciak di Gomorra sul litorale domizio emergono anche da un video che sta girando su Youtube e riporta un dietro le quinte delle riprese. Protagonista Venosa, nipote di Luigi detto o’ cocchiere, un killer spietato ora all’ergastolo condannato nel processo Spartacus. Venosa ha ottenuto una parte nel film Gomorra, prima di finire nuovamente in manette nel 2009, accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Nel video, dopo gli screzi, rassicurava Garrone: “Mò te facc verecomm s’accir nu cristian (ora ti faccio vedere come si uccide una persona)”. Gomorra, un capolavoro di realismo.
VIDEO – Il dietro le quinte di Gomorra