Italia: verso la fuga o la morte. Il paese patisce enormemente le conseguenze della crisi del debito pubblico e le misure di austerità imposte del governo. Giovani laureati emigrano in massa – e molti disperati si tolgono la vita.
Testata: Die Presse
Data di pubblicazione: 4 maggio 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli e Cristina Bianchi per italiadallestero.info
Articolo originale di Kordula Dörfler
Il paese dei suoi sogni è bagnato dal mare. Ha una forma allungata, migliaia e migliaia di chilometri di coste e alte montagne, il clima è piacevole, c’è buon cibo e vino buono e tesori culturali di ogni epoca della storia occidentale. Daniela M. 32 anni, trattiene a fatica le lacrime quando parla della terra dei suoi sogni. Non avrebbe mai immaginato di doverla abbandonare, forse per sempre. Ma questa è la sua ferma decisione, lasciare l’Italia, perché nel paese dei suoi sogni non esiste una cosa: un futuro per i giovani.
“Non vedo altre possibilità“, dice la donna snella con gli occhiali scuri, e la sua voce riprende sicurezza. E’ tutto pronto, in estate prenderà l’aereo per andare in Australia. Dopotutto, anche lì ci sono un clima mite e il mare ad attenderla – e un lavoro.
Le ha tentate tutte dopo aver finito gli studi. Non si contano le domande di impiego che ha spedito. “Dalla maggior parte non ho nemmeno ricevuto una risposta.” Nessuno ha voluto assumere la giovane architetto, almeno per non più di sei mesi. Infine ha accettato un lavoro qualsiasi, in un call center ha dato consigli a clienti impazienti, ha fatto la cameriera. Ha guadagnato veramente poco, troppo poco per vivere, troppo per morire. E così vive con i suoi genitori in un piccolo appartamento nei pressi di Roma, perché, come si può vivere con poche centinaia di euro in una città costosa come Roma?
La maggior parte non ha più alcuna speranza
A M. non piace parlare della sua storia, ma stare tra persone che la pensano come lei l’aiuta. Decine di giovani sono arrivati per un convegno chiamato “Emigrazione 2.0” che si è tenuto in una ex discoteca di Roma. Hanno un buon curriculum formativo ma sono senza lavoro fisso. La maggior parte tra l’altro non ha alcuna speranza di ottenerlo. La crisi finanziaria ha fatto salire il tasso di disoccupazione al 9,4 per cento. La cosa più grave è che colpisce i giovani. Un 35enne su tre e un 25enne su due non ha un lavoro. Sempre più giovani hanno a che fare con un lavoro temporaneo e mal pagato. Ciò consente ai datori di lavoro di risparmiare molto, mentre i lavoratori precari non hanno quasi diritti.
E non finisce qui, perché il governo vuole modificare l’art. 18. E mentre combatte con i sindacati, la disperazione dilaga, da questo punto di vista il cambiamento di governo avvenuto nel 2011 ha cambiato poco. Dopo un breve periodo di sollievo, la crisi colpisce molti con tutta la sua forza. Sempre più giovani vedono un’unica via d’uscita: lasciare l’Italia, in particolare proprio quelli di cui il paese avrebbe così tanto bisogno: personale altamente qualificato, docenti universitari, medici, architetti, ingegneri. Circa 600.000 negli ultimi dieci anni.
Particolarmente forte è l’esodo proveniente dall’arretrato Sud. Ma anche dal nord si parte per andare lontano. “Questi giovani non si accontentano di giocare in serie B, vogliono restare in serie A“, spiega il demografo Alessandro Rosina.
Del resto l’emigrazione non è un fenomeno nuovo in Italia, a partire dal 19° secolo ci sono sempre state ondate di emigranti, soprattutto verso l’America e l’Australia. Ma a differenza dell’ultima ondata, avvenuta negli anni ‘60 e ‘70, non sono più prevalentemente i lavoratori non qualificati a cercare la loro fortuna all’estero, anche al di là delle Alpi. “Questa è una forma di emigrazione finora sconosciuta in Italia“, spiega Gabriele di Mascio della UIM, che si occupa e segue gli italiani all’estero – e coloro che vogliono emigrare. E’ uno dei padri fondatori del convegno “Emigrazione 2.0” e si sorprende del grande afflusso [di partecipanti]. Dovrebbero seguirne altri, il prossimo a Londra, una delle mete preferite per i giovani italiani, e forse anche a Berlino.
Secondo le statistiche, un suicidio al giorno
Ma non tutti hanno il coraggio di emigrare. Lucia (28), un ingegnere disoccupato, non vedeva via d’uscita dalla miseria. Si è gettata da un balcone a Cosenza. “Non riusciva più a vivere in questa Italia, non ha visto altra soluzione” ha scritto la madre in una lettera aperta al giornale locale.
In questi giorni storie quotidiane come queste creano sgomento negli italiani, ogni giorno i media raccontano di persone che si tolgono la vita – a causa della crisi. Alcuni ricorrono a mezzi estremi per protesta: un operaio a Bologna si è dato fuoco morendo giorni dopo, a fine marzo anche un operaio edile marocchino si è dato fuoco davanti al municipio di Verona perché senza stipendio da quattro mesi. Una persona disabile, che aveva chiesto invano il rimborso delle spese per le terapie mediche, poco prima di una visita del Primo Ministro Mario Monti a Napoli, si è dato fuoco.
Ci sono anche pensionati a cui è stata ridotta la pensione e per questo la fanno finita, come recentemente è successo ad una signora siciliana. E ci sono anche capaci imprenditori ridotti sul lastrico, piccoli e medi imprenditori, la spina dorsale dell’economia: sono colpiti dalla mancanza di ordinazioni, aggravati da mancate riscossioni del credito e ritardati pagamenti dei fornitori e clienti.
Dal 2008 al 2011 sono fallite più di 40.000 aziende e secondo una statistica solo nel 2011 la crisi ha portato al suicidio una persona al giorno. L’associazione artigiana parla anche di oltre 1000 suicidi, un aumento del 24 per cento dal 2008, dato che nel 2012 forse verrà superato. E chi ha un lavoro, teme per il futuro. Gli stipendi a reddito fisso sono in netto calo, in compenso aumentano i prelievi fiscali e le tasse imposti dalla politica di rigore del governo. I consumi diminuiscono, i ristoranti non sono certi di poter restare ancora aperti, nei centri storici sempre più negozi chiudono, perché non possono più pagare l’affitto. Il 2012 potrebbe essere l’anno economicamente più difficile per l’Italia dal 1945.
“Non posso più aspettare che le riforme di Monti diano i loro frutti“, dice Michele F. (30), tecnico informatico, ma che oggi in Italia ha difficoltà [a trovare lavoro]. Andrà a Londra. Suo fratello vive già lì, è un medico, lo ha aiutato a trovare un posto di programmatore pagato meglio. “Londra mi aspetta“, dice con tono deciso, cercando di sorridere.