Il primo ministro inglese David Cameron lo aveva promesso, appena eletto: «Il mio governo ridurrà il numero degli immigrati da 250mila a poche decine di migliaia all’anno». Così, fra le varie misure, nel Regno Unito è attualmente in corso una vera e propria stretta dei visti concessi ai giovani per motivi di studio. Ora l’Institute for Public Policy Research (IPPR) avverte: «Il governo sta mettendo a rischio una delle poche industrie ancora fiorenti, quella dell’educazione. E un taglio di soli 50mila visti per studenti potrebbe causare all’economia britannica una perdita di tre miliardi di sterline all’anno». Come ha detto David Cameron, «prenderemo iniziative entro l’estate per ridurre il numero dei visti concessi nel 2013 e nel 2014», anche se qualcosa è già stato fatto per complicare la vita a chi vuole studiare nel regno.
La presa di posizione dell’istituto IPPR arriva infatti a poco più di un mese dalle prime leggi in materia della coalizione fra conservatori e liberaldemocratici. Dallo scorso 6 aprile, sono stati ridotte le tempistiche di studio. Per una laurea, ora, sono concessi al massimo cinque anni, contro sette della precedente normativa. Sempre dallo scorso aprile, gli studenti muniti di visto possono lavorare al di fuori dell’università, per integrare il proprio reddito, solo per un numero di ore pari a un terzo delle ore di lezione, mentre in precedenza il limite era fissato in 20 ore settimanali. Ancora, norma che spaventa molti, è aumentato l’ammontare di denaro che gli studenti devono dimostrare di avere per sopravvivere. Se prima di aprile, per stare a Londra erano necessarie 800 sterline al mese, ora gli studenti internazionali devono dimostrare all’ufficio di immigrazione di poter contare su almeno 1000 sterline al mese.
Intervistato da ilfattoquotidiano.it, Osiel Gonzáles Dávila, dottorando messicano e docente in alcuni corsi alla SOAS-University of London, spiega: «Da docente, vedo l’esperienza di tanti studenti internazionali. E ne sono certo. Se il governo Cameron ridurrà il numero dei visti, per la nostra e per altre università si creerà un problema di finanziamento, anche considerati tagli e riduzioni che recentemente hanno colpito il sistema educativo britannico. È chiaro comunque: il problema per il governo è che molti di questi studenti rimangono poi nel Regno Unito anche una volta finito il corso universitario».
È lo stesso IPPR, comunque, a rivelare un dato: solamente il 15% degli studenti internazionali decide di rimanere una volta terminati gli studi. E, come mette in luce l’istituto di ricerca, la ripresa dell’emigrazione dei britannici – allo stato attuale oltre sei milioni di sudditi della regina vivono al di fuori del Regno Unito – non farà altro che far scongiurare il rischio di un aumento eccessivo della popolazione e di una corsa a posti di lavoro che non ci sono. Già da qualche anno, comunque, le procedure per ottenere il visto sono più lunghe e complicate, come lo stesso Gonzáles Dávila spiega: «Sono arrivato la prima volta nel 2007 e ho ottenuto il mio visto in appena sei ore, all’ambasciata britannica a Città del Messico. Nel 2008, quando ho dovuto rinnovarlo, ho impiegato due mesi. Nel 2009, ho dovuto rifarlo per il dottorato e questa volta ho impiegato tre mesi. E sono anche stato obbligato a rimanere nel Regno Unito senza poter uscire perché l’ufficio immigrazione mi ha trattenuto il passaporto».
Intanto, nella capitale, università come la UCL stanno obbligando gli studenti internazionali a mettere una firma una volta al mese, per evitare frodi e per controllare la permanenza del diritto a un visto. Manuela Melandri, romagnola trapiantata a Londra per un dottorato in diritto internazionale alla University College London, racconta: «Ho conosciuto diversi studenti che hanno avuto problemi, anche dopo gli studi. Infatti, ora, uno dei requisiti per il rinnovo del visto dopo l’università è di guadagnare almeno 20mila sterline all’anno, con un’azienda che ti “sponsorizzi”, ma questo, complice la crisi, sta diventando sempre più difficile».
Gli studenti che hanno scelto Londra, così, mettono in luce una contraddizione. Le borse di studio spesso sono date soprattutto a giovani stranieri, poi le politiche post-laurea relative alla permanenza sono molto restrittive. Così, il Regno Unito investe su giovani menti, per poi lasciarsele sfuggire, commentano dottorandi e laureandi. Per uno studente internazionale, un corso di dottorato costa anche 12mila sterline all’anno. Tutti soldi di cui le università britanniche dovranno iniziare a fare a meno.