Dimitri Deliolanes, corrispondente dall'Italia per la tv pubblica greca ERT, analizza le conseguenze del caos politico che sta portando Atene a nuove elezioni dopo quelle di due settimane fa: "La situazione è disperata e il nuovo governo dovrebbe applicare la parte più dura del piano della troika"
E’ probabile che a governare la Grecia sarà la sinistra radicale. Dimitri Deliolanes, corrispondente in Italia della tv ellenica Ert, commenta così l’ennesima fumata grigia arrivata da Atene martedì 15 maggio. A nulla è servita la riunione tra i leader di partito per formare un governo tecnico di transizione. Un esecutivo che, nell’intenzione di Unione europea e Fondo monetario internazionale (i principali creditori della Grecia), avrebbe dovuto convincere il Paese a rispettare i patti firmati finora per ridurre il debito pubblico in cambio di prestiti. Invece niente da fare. E così il risultato delle elezioni del 6 maggio va in archivio. Vale la pena tenere a mente quei numeri, visto che tra un mese si tornerà alle urne. Le elezioni parlamentari avevano reso evidente il calo di popolarità dei due grandi partiti ellenici: il conservatore Nuova Democrazia e il socialista Pasok, che si sono spartiti il potere negli ultimi quattro decenni, avevano racimolato insieme poco più del 32 per cento dei consensi. Un’ecatombe, se si pensa che il solo Pasok nel 2009 aveva ottenuto il 44 per cento. A beneficiare della crisi economica finora sono state le forze che non hanno firmato i patti con Europa e Fmi. Primo fra tutti Syriza, il partito della sinistra radicale guidato dal 37enne Alexis Tsipras, divenuto il 6 maggio scorso il secondo del Paese con il 16,6 per cento dei voti. La sua tesi: la Grecia deve restare nell’euro, ma i patti con l’Europa vanno rivisti. Successo più moderato per il partito di destra dei Greci indipendenti, Sinistra Democratica e Partito Comunista, tutti abbondantemente sopra la soglia di sbarramento del 3 per cento. Sorprendente il 6,9 per cento andato ai neonazisti di Alba Dorata, il cui leader proprio ieri ha negato la Shoah.
Dimitri Deliolanes, che succederà adesso?
La costituzione prevede che ci siano elezioni entro un mese. Oggi sarà definita la data del voto, che secondo quanto si è capito dovrebbe tenersi il 10 o il 17 giugno, e verrà annunciata la composizione del governo che traghetterà il Paese per un mese. Comunque tutto questo rappresenta una formalità. Il governo sarà formato da tecnici dello Stato e presieduto da un alto magistrato. La verità è che in Grecia è già iniziata la nuova campagna elettorale.
Il leader del Pasok, Evangelos Venizelos, ha detto che la trattativa è fallita “per colpa di qualcuno che ha messo i propri temporanei interessi politici al di sopra degli interessi della nazione”. Parere condiviso dall’altro grande partito, Nuova Democrazia. Chi è questo qualcuno?
E’ Tsipras, il leader di Syriza, ma in realtà sono stati loro stessi a mettere i propri interessi al di sopra di quelli nazionali.
Perché?
Perché una maggioranza possibile c’era, ed era quella formata da Nuova Democrazia, Pasok e Sinistra Democratica. Il problema è che questi partiti volevano includere nel governo anche la sinistra radicale, eliminando così l’opposizione.
Perché era così necessario includere anche Syriza?
Perché il nuovo governo avrebbe dovuto applicare la parte più scabrosa dell’ultimo memorandum firmato con la Troika. Un piano che prevede nuovi tagli alla spesa pubblica per 11,5 miliardi e il licenziamento di 150 mila lavoratori statali entro 2015. Poi le svendite. Innanzitutto quelle delle aziende pubbliche. Dico svendite perché è previsto che da queste cessioni si dovrebbero ricavare 50 miliardi di euro, mentre invece, agli attuali valori di mercato, quello è il prezzo al massimo di due delle varie società. Svendita anche di parecchi asset pubblici, in particolari terreni da destinare a privati per costruzioni turistiche. Infine il memorandum prevede una riforma della costituzione che imponga quanto segue: se lo stato greco ha un surplus primario, questo non può essere utilizzato per rilanciare l’economia, ad esempio abbassando le tasse o investendoli in altro, ma deve essere indirizzato subito a pagare il debito pubblico. Praticamente un suicidio.
Chi sono i vincitori e i vinti di questo mancato accordo?
A giugno i vinti saranno ancora, come già è stato il 6 maggio, i partiti storici che hanno governato negli ultimi decenni, mentre il vincitore del mancato accordo è Syriza che potrebbe diventare il primo partito greco. Secondo i sondaggi otterrà tra il 20 e il 23 per cento dei voti, che in questo momento equivale alla maggioranza relativa.
Il direttore dell’Fmi, Christine Lagarde, ha detto che un’uscita della Grecia dall’euro è possibile. Così ha fatto anche qualche ministro europeo. Sono frasi che fino a qualche settimana fa nessuno si sarebbe azzardato a pronunciare ufficialmente. Come si spiega questo improvviso cambiamento?
Credo sia una minaccia per convincere i greci a svendere e tagliare, come previsto dal piano.
In generale i greci cosa pensano dell’uscita dall’euro?
Secondo diversi sondaggi, il 70 per cento della popolazione vuole restare nell’euro. Non a caso la maggioranza dei voti non è andata al partito comunista, ma alla sinistra europeista.
Come si spiega il successo dei neonazisti di Alba dorata?
Principalmente con la questione dell’immigrazione clandestina. In questi anni c’è stata una totale sottovalutazione del problema da parte dei partiti che hanno governato e anche della polizia. Dal confine greco-turco passa quasi l’80 per cento dei clandestini diretti verso il Nord Europa. La stragrande maggioranza di loro resta bloccata in Grecia, senza un reddito. E dunque spesso delinque per sopravvivere. Alba Dorata propone una risposta sbagliata ad un problema reale.
Però il loro successo è arrivato solo alle ultime elezioni, in concomitanza all’inasprirsi della crisi economica. In che modo ha pesato questo fattore sul loro exploit?
Alba Dorata ha preso i voti del Laos, altro partito di estrema destra che però ha partecipato, anche se per soli 3 mesi, all’ultimo governo, quello guidato da Lucas Papademos. Gli elettori hanno punito duramente Laos che non ha nemmeno ottenuto il 3 per cento necessario per entrare in Parlamento. Di questo ha beneficiato Alba Dorata. L’indicazione generale, comunque, è che chiunque sposa le misure della Troika viene punito dagli elettori.
Al prossimo voto la popolarità di Alba Dorata aumenterà ancora?
Secondo me no, hanno raggiunto il loro massimo storico. Almeno spero.
Il ministro degli Interni, Michalis Chrisochoidis, ha detto che l’uscita dall’euro porterebbe il Paese alla guerra civile. E’ un’ipotesi plausibile?
Una guerra civile mi sembra assurda, non si capisce chi combatterebbe contro chi. Credo però che se l’Europa non deciderà di cambiare strategia al più presto, peggio ancora se deciderà di espellerci dalla zona euro, in Grecia ci sarà una vera esplosione sociale, con episodi di violenza per le strade finora mai visti.
Vivendo e lavorando in Italia, quali sono le principali differenze con la Grecia?
La situazione in Grecia è disperata, niente a che vedere con quella italiana. Secondo l’Unicef da noi ci sono 400mila minori in stato denutrizione. I centri di accoglienza fanno da mangiare a famiglie intere. In molti casi, chi ha i genitori in campagna va lì per mangiare qualcosa, altrimenti non sa come campare. Detto questo, sia in Italia che da noi si sta attuando una politica duramente liberista. Voi potete però contare su una struttura economica più solida e fin da subito avete avuto un governo tecnico che ha detto all’Europa “accettiamo l’austerità ma vogliamo anche la crescita”. Certo che se la Grecia esce dall’euro, italiani, spagnoli e portoghesi inizieranno a chiedersi “chi sarà il prossimo?”.