Dopo vent’anni dalla messa al bando dell’amianto, nel Lazio, come in gran parte d’Italia, è stato fatto poco o nulla per risolvere il problema; solo il 4,5% del territorio è stato sottoposto a telerilevamento. Non solo: ai questionari del Centro Regionale Amianto inviati a 17 categorie di enti pubblici o aperti al pubblico (ospedali, ambulatori, scuole, teatri, cinema, uffici) ha risposto solo il 5%. Per il momento tuttavia sono stati trovati ben 4mila edifici pubblici o aperti al pubblico con presenza di amianto: circa 700mila tonnellate di coperture in eternit.
“E’ facile desumere che se non verrà favorito il processo di dismissione, proseguendo con questo ritmo, verosimilmente saranno necessari ancora 250 anni per liberarci completamente di tutto il materiale contenente amianto” scrive in una relazione conclusiva il Cra del Lazio. Il documento fotografa lo stato dell’arte in tutta la regione: “Di questo passo ci vorranno centinaia di anni per bonificare tutto il territorio laziale” aggiunge Fulvio Cavariani, direttore del Laboratorio di Igiene Industriale del Cra. Oltre la lentezza disarmante nella mappatura del Lazio, anche le modalità lasciano un po’ a desiderare visto che le autodichiarazioni in risposta ai questionari del Cra non sono vincolanti e in molti edifici non vi sono le conoscenze necessarie per poter stabilire se vi sia presenza o meno di amianto. “Proprio per questo abbiamo da poco fatto una convenzione con l’Inail per fare una verifica approfondita in tutte le scuole del Lazio che sono circa 5mila”, dichiara Cavariani. Mancano ospedali, uffici e quant’altro, ma è già un inizio.
Negli ultimi giorni, peraltro, il tema è tornato drammaticamente d’attualità dopo la storica sentenza del tribunale di Torino dove i proprietari di Eternit sono stati condannati in primo grado a 16 anni (e i giudici hanno precisato nelle motivazioni che conoscevano il pericolo).
“Non è possibile pensare di tutelare la salute dei cittadini in questo modo. La mappatura degli edifici, pubblici e privati, è il primo passo per avviare poi l’eventuale bonifica o dismissione. Se non siamo neanche al 5% la situazione è veramente critica”, spiega Anna Maria Virgili, presidente del Comitato esposti amianto del Lazio che da anni segue e pungola le istituzioni per una bonifica seria e rapida del territorio. Già nella legge 257/1992 si parlava di censimento di edifici e “dal 1998 – spiega Cristiana Avenali, direttrice regionale di Legambiente – il Lazio ha formalmente approvato il piano previsto dalla legge del 1992 secondo cui entro 180 giorni ogni Regione avrebbe dovuto adottare un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati, ma la nostra Regione è ben lontana dall’attuarlo”.
Sono passati decreti ministeriali e delibere regionali che hanno dato indicazioni ma nei fatti non è successo granché. Tra gli atti istituzionali ne salta agli occhi uno della Regione Lazio targata Storace del 3 ottobre 2003. In seguito ad un decreto del ministero dell’Ambiente di 7 mesi prima si invitavano gli enti locali, attraverso gli enti provinciali preposti, !a voler segnalare, entro e non oltre il 25 ottobre 2003, situazioni riguardanti siti in cui sia accertata la necessità di intervento di bonifica da amianto di particolare urgenza”. In pratica, in 20 giorni i Comuni del Lazio dovevano individuare e segnalare al Dipartimento Territorio della Regione gli immobili particolarmente contaminati presenti nel territorio di loro competenza, compilando un questionario pieno di valutazioni specifiche da assolvere per descrivere nei minimi dettagli il sito contaminato scoperto: dalla “grandezza del sito” finanche alla “presenza di cause che creano e/o favoriscono la dispersione di fibre”.
Una richiesta impossibile che rispecchia quantomeno una superficialità diffusa della politica nella risoluzione del problema: amministrazioni di ogni colore politico si sono avvicendate negli anni, da Badaloni fino alla Polverini, passando per Storace e Marrazzo. “Purtroppo tutti questi anni trascorsi quasi invano fanno si che anche i siti in amianto considerati poco pericolosi ora sono vecchi e decadenti quindi più nocivi – prosegue Virgili – L’amianto è stato bandito nel 1992 quindi come minimo il manufatto in questione ha 20 anni se non di più”.
Altro problema fondamentale da risolvere è il metodo di valutazione dei rischi: “Purtroppo nel Lazio ogni Asl stima il grado di pericolosità di un immobile con presenza di amianto con i criteri che preferisce – aggiunge la presidente del Comitato esposti amianto – C’è chi mette al primo punto la vetustà, chi usa algoritmi, chi altri parametri, questo ovviamente non agevola la risoluzione rapida del problema e le relative bonifiche”. A questo bisogna aggiungere il problema delle discariche di amianto: “al momento la maggior parte dei rifiuti dobbiamo portarli all’estero, comunque fuori dalla nostra regione che non è dotata di discariche utilizzabili”. Di contro Legambiente Lazio ha denunciato numerose segnalazioni dei cittadini su discariche abusive, più o meno grandi, di scorie d’amianto disseminate sul territorio.
Numerosi i ritardi ed i problemi da risolvere: “E’ iniziato in Consiglio regionale l’iter per una legge seria sull’amianto – afferma Cavariani – Ci sono tre proposte sul campo, una per nuove discariche attrezzate sul territorio, una sulla riorganizzazione della valutazione dei rischi ed una sulla sostituzione delle coperture in eternit con pannelli fotovoltaici”.
Legambiente Lazio ha anticipato da tempo la Regione: in accordo con la Provincia di Roma ha lanciato il progetto “Roma Provincia Eternit Free” nel settembre 2010, proponendo la sostituzione delle coperture in cemento amianto con tetto fotovoltaico, ammortizzando i costi di bonifica grazie agli incentivi statali ed i risultati, seppur minimi, sono stati raggiunti. E mentre la Regione ancora, dopo 20 anni, dibatte leggi contro l’amianto, nel Lazio si continuano a contare le vittime. Il dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale ha monitorato i casi di mesotelioma maligno diagnosticati nelle strutture sanitarie del Lazio dal 1° gennaio 2001 al 30 novembre 2011, registrando complessivamente 716 casi.
di Luca Teolato