Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha dichiarato alla Zanzara: “Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia…“. Visto il suo curriculum non c’è da stupirsi.
Con l’aiuto di due articoli di fondo “Honoris causa” e “Tu dai una poltrona a me“, usciti di nei giorni scorsi su il Fatto Quotidiano a firma di Marco Travaglio, che ringrazio, ecco una piccola carrellata sui meriti antimafia del Cavaliere e sul curriculum del procuratore.
Antimafia il Cavaliere?
Al suo confronto Rascel, Ridolini,
Dapporto, Walter Chiari, i tre Guzzanti,
Macario, Stanlio ed Onlio, Campanini
sembran comici proprio dilettanti.
Alla Zanzara l’antimafia Grasso
di Berlusconi ha detto testualmente:
“Col suo governo è stato proprio un asso
nella lotta alla mafia e giustamente
un bel premio speciale gli darei“.
O Piero Grasso è di corta memoria
oppur sembra arrivato agli apogei
di una comicità degna di gloria.
A casa ricevette il Cavaliere
il boss Bontate con Cinà e Teresi
quando Mangano assunse, non stalliere,
ma garante di moglie e figli illesi.
Non denunciò un paio di attentati
alla sua bella villa di Milano,
con gentilezza e affetto organizzati
da Mangano, il fattore siciliano.
Alla mafia pagò cospicui importi
nell’ambito di accordi protettivi
raggiunti con i boss grazie ai rapporti
di Dell’Utri con i siculi cattivi.
Aspirava a strozzare gli scrittori
che della mafia narrano le gesta,
trasformando in nazion di malfattori
l’Italia fatta sol di gente onesta.
Coi fiscal scudi e col falso in bilancio
favorì dei quattrini il riciclaggio,
agli affari mafiosi dando slancio.
Dell’antimafia questo è il personaggio.
Ma in realtà non fa ridere la storia
poiché il procuratore ha un precedente:
fu il vincitore nella graduatoria
nella quale Caselli fu l’assente.
Con ben tre leggi fatte a sua misura
dell’Antimafia conquistò la vetta
grazie al caiman che se ne prese cura.
Morale: quella frase un po’ sospetta
che vorrebbe premiar Sua Oscenità
non suscita risate ma imbarazzo,
dà indignazione e non ilarità,
procura il vomito, non lo sghignazzo.
E se Napolitano e Severino,
nell’ascoltare ciò che Grasso disse
non fanno un cazziaton ma un sorrisino,
della Giustizia ormai siamo all’eclisse.