Dagli atti dell'inchiesta della Procura di Milano che ha iscritto nel registro degli indagati la famiglia Bossi emerge che Belsito aveva carta bianca dal 2007. L'ex tesoriere avrebbe investito almeno 9 milioni di euro in valuta estera nel 2011 e forse poteva contare sulla complicità di un funzionario di Banca Aletti, poi allontanato
L’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, indagato da tre procure e da ieri a Milano anche in concorso con Umberto Bossi e i figli Renzo e Riccardo, aveva carta bianca della Banca Aletti a Genova dall’aprile 2007. E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta condotta dalla procura lombarda sulla contabilità del Carroccio. Dalla documentazione emerge che “Belsito ha operato seguendo la medesima prassi del suo predecessore per il quale non esisteva un documento della Lega che ne limitasse i poteri”. In banca Aletti vi era una delega a favore dell’amministratore poi espulso a firma onorevole Maurizio Balocchi del 16 aprile 2007 e una procura generale oltre ad una procura su deposito titoli del 7 agosto 2008, riferita sia a Balocchi che a Belsito con firme disgiunte. Per questo banca Aletti in passato non ha insistito a richiedere la formalizzazione dei limiti e dei poteri. “Di fatto Belsito – si legge ancora nella documentazione – ha svolto una operatività senza limiti di importo avvalendosi di una sua autocertificazione dell’aprile 2011 nella quale si dice che il segretario amministrativo ha ad oggi poteri senza limite di importo per l’apertura e la gestione di conti correnti e deposito titoli bancari e postali nonché richieste di fidejussioni sul territorio dell’Unione Europea”. Già nel 2009 banca Aletti aveva chiesto alla Lega la delega rilasciata al segretario amministrativo. Ma sol0 il 9 marzo 2012 Belsito presentò alla banca un estratto notarile del febbraio 2010 di nomina del signor Belsito stesso al quale era concessa la facoltà di firma disgiunta per ogni operazione di spesa che non superi l’importo di 50 mila euro.
In piena crisi dell’euro l’ex buttafuori genovese decise di diversificare i suoi investimenti per il partito e non farli più in euro, bensì in valuta straniera. “A partire dal novembre-dicembre 2011 – si legge in uno dei documenti relativi alla conti della Lega – in piena crisi della zona euro, Belsito ha drasticamente cambiato le modalità di investimento alleggerendo la componente euro per circa 9 milioni, verso investimenti in certificati di deposito a breve scadenza in dollari australiani, corone norvegesi e dollari americani. Banca Aletti – è scritto ancora nel documenti – ha sempre proposto alle Lega investimenti estremamente prudenti e conservativi in linea col profilo del cliente. Il rischio paese ha portato nell’ultimo periodo il cliente verso posizioni sempre piu’ orientate a investimenti con l’estero”. A un certo punto, Belsito cambia decisamente rotta: “Banca Aletti ha cercato di diversificare tali investimenti cercando di seguire la volontà del cliente finché lo stesso ha deciso di agire direttamente sui mercati esteri (Tanzania e Cipro) senza usare piu’ la consulenza della banca”. Investimenti “in dollari australiani e Usa” e, come si sapeva, “in corone norvegesi”. Ma anche in sicav (ovvero società di investimento a capitale variabile, ndr) e pictet liquidity.
Dagli atti dell’inchiesta che ha travolto il partito leghista emerge anche il 16 dicembre 2009 e il 7 aprile 2010 Renzo Bossi fu beneficiario di due bonifici, rispettivamente di 1.000 e 3.000 euro, da parte di Belsito. Con questi due versamenti furono coperte gli addebiti della carta di credito del Trota con questa motivazione “conto studio-rimborso spese”. Emerge anche il figlio del Senatur, che si è dimesso dalla carica di consigliere regionale a causa dello scandalo, ha un conto presso la banca Popolare di Novara, filiale di Genova, che al 16 aprile 2012 presentava un saldo di 32,79 euro. Un conto “immobilizzato da più di un anno” e movimentato “movimentato da addebiti per utilizzo di carta di credito, a volte con generazione di debordi coperti mediante bonifico”.
Con i soldi della Lega Nord sarebbero state pagate anche due rate relative all’iscrizione alla Facoltà di Economia dell’Università dell’Insubria di Riccardo Bossi. E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta della Procura di Milano sui fondi del Carroccio nella quale sono indagati Umberto Bossi e i suoi due figli. Sono spuntati due pagamenti che si riferiscono al corso di laurea del figlio maggiore dell’ex leader. Nelle carte si legge di uscite di cassa dai fondi del Carroccio per il pagamento di due quote avvenute ai primi di gennaio del 2009. La prima riguarda l’anno accademico 2007/08 per un totale di 2.723 euro di cui 50 di mora. La seconda rata si riferisce all’anno accademico 2008/09 e si aggira attorno a un importo di 690 euro. Il sospetto degli inquirenti e degli investigatori è però che tutto il corso universitario e non solo due rate sia stato pagato dal partito. Infatti sulla vicenda sono in corso accertamenti e analisi approfondite anche dei consulenti nominati dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, titolare dell’indagine.
Infine causa di “anomalie” emerse nei rapporti con la Lega, un funzionario di una filiale genovese della Banca Aletti, venne allontanato dall’istituto di credito. “Allo stato attuale – si legge nella documentazione delal banca agli atti dell’inchiesta – pur essendo la situazione esterna in continua evoluzione, emergono anomalie definibili come non conformità operative”. Il funzionario, “presso cui sono incardinati rapporti della Lega Nord e di Francesco Belsito” sarebbe stato negligente “per quanto attiene la carente raccolta dei poteri di firma” attribuiti all’ex tesoriere del Carroccio. E così il 23 aprile 2012 “al funzionario che gestiva i rapporti con Belsito è stato notificato da Banca Aletti un provvedimento di allontanamento temporaneo dai servizi con riserva di formulazione di contestazioni disciplinari”.