Uno dei mestieri più oscuri e misteriosi è quello del critico televisivo. Sì, perché sull’arte di stroncare qualsiasi cosa passi in tv, fosse anche il meteo, ho da tempo una lunga serie di domande da fare. Mi piacerebbe davvero molto che a rispondere fosse Aldo Grasso, princeps e Gran Maestro dei critici, visto che lui, meglio di altri, racchiude in sé tutti i viziacci di questo sporco lavoro (che qualcuno dovrà pur fare, forse).
Aldo Grasso non critica. Aldo Grasso distrugge. Creatura mitologica un po’ vipera e un po’ Chuck Norris, il Nostro si sente invincibile e intoccabile. E più un programma piace agli altri, più lo stronca, lo demolisce, lo snobba e lo vitupera. Perché se piace alla plebaglia o agli altri “intellettuali”, qualcosa che non va deve esserci… Perché Grasso è Grasso e noi nun semo… niente.
Ma non è di Grasso che volevo parlare, perché di fronte a Sua Magnificenza Ineffabile io mi inchino, taccio e indietreggio, rinculando timido e paonazzo verso la porta d’uscita. Mi limito a rivolgere a lui alcune domande sul suo mestiere. Sulla sua arte, mi correggo, perché il Nostro di mestieri non ne fa.
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Fare il critico televisivo è una scelta o una distorsione ipertrofica dell’ego?
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Non si può provare a uscirne sfogando la rabbia con la boxe o il taekwondo?
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Per scrivere di televisione bisogna odiarla? O magari si può fare anche accostandosi al mezzo senza pregiudizi di sorta?
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Se un critico televisivo ha appena litigato con la moglie, si sfoga scrivendo contro il primo programma che capita?
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Se Saviano è cacca e il Grande Fratello no, la Terra è al centro dell’universo e Gad Lerner è un bell’uomo?
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Cosa si studia per diventare critici televisivi? E soprattutto: qual è il segreto per sembrare intellettuale e scrivere pezzulli da 3mila battute pieni solo di dati Auditel e frasi lapalissiane?
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Ogni tanto, mentre si scrivono i pezzulli suddetti, balena l’idea di cercarsi un lavoro vero? (a me, per esempio, capita spessissimo. Anche adesso, per dire)
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Il critico tv, per apparire radical chic, deve necessariamente demolire i radical chic televisivi? Mi spiego: se la Dandini o la Bignardi fanno il 3%, è proprio necessario sbertucciarle con l’aria da bambino saccente che indica le malcapitate perculandole cinicamente? Non sarebbe meglio spiegare cosa non va nel programma?
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Secondo la mia umilissima opinione, un critico televisivo con i controattributi è Massimo Bernardini, perché mi spiega cos’è la tv, come si fa e come, secondo lui, si dovrebbe fare. Ma me lo spiega veramente, con analisi oggettive e studi approfonditi. Ora, dove ho sbagliato, o Vate? Perché continuo a pensare che la critica televisiva possa essere meno livorosa e più scientifica? C’è una pena per espiare questo mio peccato? Ha per caso un libro in uscita?