Citato in giudizio l’editore del quotidiano, Marco Demarco. La querela legata a una lettera di Marta Herling, segretario generale dell’Istituto Italiano di Studi storici e nipote di Croce, che smentiva alcune affermazioni dello scrittore di Gomorra sullo storico
La polemica a mezzo stampa fu aspra e feroce. Se fu anche diffamatoria, lo stabiliranno i giudici civili. Ma sorprende e fa discutere la scelta di Roberto Saviano di adire le vie legali contro un giornale ‘colpevole’ di avergli dato torto. Pubblicando una lettera che smentiva alcune affermazioni dello scrittore di Gomorra su Benedetto Croce. Per questa lettera, e per la campagna che ne derivò anche su altre testate e che durò a lungo, Saviano ha chiesto 4 milioni e 700mila euro di risarcimento tra danni patrimoniali e non patrimoniali.
Il giornale in questione è il Corriere del Mezzogiorno, per il quale Saviano ha anche collaborato negli anni in cui era sconosciuto al grande pubblico. Ad essere citato in giudizio è l’editore del quotidiano, ma non il direttore, Marco Demarco. Di cosa si duole Saviano? Di una lettera di Marta Herling, segretario generale dell’Istituto Italiano di Studi storici e nipote di Croce, messa in pagina l’8 marzo 2011. Premessa: Saviano ha raccontato in tv – e poi in un libro – che Benedetto Croce, durante il tragico terremoto di Casamicciola del 1883, avrebbe offerto 100mila lire a chi lo avesse tirato fuori dalle macerie del sisma in cui era rimasto intrappolato e in cui persero la vita i genitori e la sorella. La Herling sostiene invece che quell’episodio è falso, che Croce, unico testimone oculare di quanto accaduto, non l’ha mai rivelato, pur avendo scritto pagine e pagine di quella drammatica esperienza.
E come ricorda Demarco nell’editoriale di commento all’azione legale di Saviano, 100mila lire appaiono una somma enorme per l’epoca, visto che il Papa stanziò per tutte le vittime di Casamicciola 20mila lire. Un editoriale che Demarco conclude ricordando e condividendo le parole di Saviano sulla libertà di stampa. “In modo particolare le parole da lui usate su Repubblica il 29 agosto 2009, a proposito delle domande a Berlusconi: “Nessun cittadino, sia esso conservatore, liberale, progressista, può considerare ingiuste delle domande. (…) Spero che tutti abbiano il desiderio e la voglia di pretendere che nessuna domanda possa essere inevasa o peggio tacitata con un’azione giudiziaria. È proprio attraverso le domande che si può arrivare a costruire una società in grado di dare risposte”. “Parole sagge, allora come oggi” scrive Demarco. “ Proprio per questo mi colpisce che, mentre si torna in tv a celebrare il valore della parola, la si sospetti, per quanto ci riguarda, di intenti diffamatori”.