L'iniziativa partita da Stefano Bonaga, Alessandro Bergonzoni Roberto Morgantini: "Dipingeremo le celle, ma la nostra missione è non coprire, ma scoprire. Soldi non ce ne sono, cooperare è un dovere"
“Vogliamo pitturare tutte le celle del carcere, e sono oltre 400. Iniziamo domani, poi il lavoro andrà avanti una cella al giorno per un anno e mezzo”. A parlare è uno degli organizzatori dell’iniziativa, Roberto Morgantini. Con un lui una pattuglia di star cittadine, dall’attore teatrale Alessandro Bergonzoni al calciatore del Bologna Fc Gaby Mudingayi, passando per il filosofo Stefano Bonaga. Personaggi che come si suol dire ci hanno messo la faccia. Obiettivo: tentare di attirare l’attenzione della città su quello che per loro dovrebbe essere parte integrante della comunità bolognese, il carcere appunto, e lanciare da domani un anno e mezzo di iniziative che rendano dignitoso quello che per i detenuti è ormai un supplizio.
“Non vogliamo metterci in vetrina, vogliamo essere i suonatori di un racconto che durerà un anno e mezzo, e cioè il tempo che servirà per ridipingere tutte le celle della Dozza – spiega Alessandro Bergonzoni – Prima di una mostra d’arte si verniciano i muri e poi alle pareti si attaccano le opere. Noi non vogliamo coprire ma scoprire: mentre verniciamo i muri vogliamo scoprire assieme a tutta la città quello che c’è dentro la Dozza. Vederemo chi avrà voglia di farsi coinvolgere”.
Il ragionamento degli organizzatori è semplice: la Dozza fa notizia solo per le tragedie o le denunce choc sulle condizioni di vita dei detenuti. Bisogna fare in modo che i cittadini di Bologna inizino ad andare al di là della notizia di nera e si rendano conto che un carcere malato è sintomo di una società malata. “Nessuno può più restare a guardare”, aggiunge Bergonzoni. “Mancano soldi, il pubblico si sta ritirando da ogni settore, immaginatevi cosa succede nel carcere – spiega Bonaga – E’ ora che i cittadini si facciano avanti, e purtroppo sappiamo che è un momento difficile per tutti. Invece di accusare le inadempienze delle istituzioni noi cerchiamo di fare qualcosa. Nei momenti di crisi pensare a sé stessi significa diventare più fragili. Bisogna aprirsi, anche al carcere. Perché il carcere è lo specchio della società”.
Che cosa si potrà fare concretamente durante l’anno e mezzo di vernissage? “In carcere manca di tutto, dai prodotti di igiene intima ai vestiti. Senza le associazioni di volontariato e le donazioni la Dozza sarebbe un vero inferno, il pubblico purtroppo fa molto poco”, spiega Laura Luchetta, volontaria di Ausili per la Cultura. Per questo l’appello è alla donazione, anche di libri. “Abbiamo portato centinaia di volumi dentro la Dozza – spiega Luchetta – eppure non bastano mai. Ne servono di più, e non solo romanzi”. Il punto di riferimento per chi vorrà donare, portare idee o partecipare alle attività che pian piano verranno proposte a città e detenuti è l’associazione Piazza Grande. “Certo è un momento difficile e il lavoro che proponiamo a tutti è faticoso – conclude Bergonzoni – ma bisogna iniziare subito. Tutti devono diventare il sindaco, l’assessore e il direttore di quel carcere. Ognuno nel suo piccolo”.