Non era mai successo prima che il Lingotto mettesse in cig i colletti bianchi dello stabilimento. E nel frattempo forti tensioni anche nell'ex stabilimento di Termini Imerese e a Cassino. I sindacati chiedono risposte al governo
Non era mai successo prima nella lunga storia del Lingotto di Torino: tutti i 5.400 dipendenti degli Enti Centrali di Mirafiori, la maggior parte impiegati, andranno per la prima volta in cassa integrazione ordinaria per sei giorni. “E’ una pessima notizia: vuol dire che anche a livello della testa di Fiat ci sono forti problemi” ha commentato Edi Lazzi, responsabile V lega Fiom. I giorni di cassa integrazione saranno sei: il 14, 15 e 21 giugno, il 12, 13 e 19 luglio. Queste date vanno ad aggiungersi a quelli già programmati per il 22 giugno e per il 20 luglio, in cui ci sarà la chiusura dello stabilimento utilizzando i permessi personali dei lavoratori. “I timori riguardo all’indebolimento dell’azienda e al suo disimpegno dal nostro Paese, dopo questa decisione – ha aggiunto Edi Lazzi – incominciano drammaticamente ad assumere una forma concreta. Ci auguriamo che, a fronte di questo ulteriore pesantissimo segnale, la città, le istituzioni e le forze sociali non voltino ancora una volta lo sguardo da altre parti minimizzando ciò che sta accadendo”.
LE REAZIONI DELLA POLITICA
La decisione del Lingotto ha provocato subito reazioni politiche. “Oggi, per la prima volta, la Fiat ha messo in cassa integrazione settori impiegatizi e tecnici che mai erano stati coinvolti, continuando così il processo di destrutturazione del settore auto in Italia che ha in Termini Imerese l’apice, ma che riguarda anche Mirafiori ” ha detto il responsabile lavoro e welfare dell’Italia dei Valori, Maurizio Zipponi, secondo cui – riferendosi anche a Finmeccanica – “in questo modo, il nostro Paese perderebbe settori fondamentali per lo sviluppo quali quelli dei trasporti, dell’energia e del segnalamento”. Poi l’appello al ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera: “Dopo sei mesi di promesse, invitiamo Passera a battere finalmente un colpo sulla politica industriale di questo Paese – ha detto Zipponi – Il ministro richiami la Fiat alle proprie responsabilità, fermi Orsi e azzeri il cda di Finmeccanica. Chiediamo che venga fatta pulizia e che nel cda possano sedere quei tecnici e manager di valore di cui Finmeccanica è piena”.
Anche il Partito democratico si è schierato contro la decisione del Lingotto. “La scelta di mettere in cassa integrazione gli oltre 5000 impiegati di Mirafiori, rappresenta un salto di qualità – ha detto il capogruppo Pd in Commissione Lavoro Cesare Damiano – E’ evidente che ci troviamo in una situazione non solo di rallentamento produttivo ma anche di indebolimento della capacità di progettazione e innovazione, gli unici fattori in grado di consentire a l’azienda di uscire dalla sua crisi”. Per Damiano “a questo punto non è più accettabile una fase di ulteriore attendismo: la Fiat deve rendere note al Paese le sue reali intenzioni sul progetto di Fabbrica Italia, troppe volte annunciato. Da parte sua il governo dovrebbe tempestivamente chiedere un confronto con l’azienda per affrontare i temi delle scelte industriali e occupazionali” ha concluso Damiano.
“E’ l’ennesima conferma che il programma Fabbrica Italia è rimasto sulla carta, nonostante i pesantissimi cambiamenti imposti alle condizioni del lavoro” ha detto Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Partito Democratico, il quale ha chiesto che ci sia al più presto un incontro tra governo, azienda e rappresentanti sindacali. Per Fassina, inoltre, “è la conferma che la Fiat perde quote di mercato a causa di scarsi investimenti e scarsa innovazione dei prodotti. Il governo, di fronte a tale drammatica situazione, non può limitarsi a incontri rituali di presa d’atto dell’involuzione della capacità produttiva della Fiat in Italia”. “Chiediamo – ha spiegato l’esponente Pd – che venga convocato al più presto un incontro tra governo, azienda e rappresentanze sindacali per conoscere le reali intenzioni del gruppo, la ragione del ritardo degli investimenti innovativi previsti e le misure da prendere, come avvenuto in Germania, Francia e Stati Uniti, per evitare di perdere una parte importante del nostro tessuto industriale. Crescita vuol dire anche politiche industriali, non soltanto riforme strutturali”.
TENSIONE ANCHE A TERMINI IMERESE E CASSINO
E se a Mirafiori non ridono, simile la situazione di Termini Imerese e Cassino. In Sicilia, altissima tensione a Termini Imerese, dove circa 300 operai della ex fabbrica del Lingotto hanno bloccato l’autostrada Palermo-Catania. Preoccupati anche i lavoratori dello stabilimento di Cassino, che sollecitano nuovi modelli. I sindacati chiedono la conferma degli investimenti e annunciano un incontro con i vertici Fiat a giugno. A Termini Imerese la situazione è sempre più difficile. Un nuovo tavolo è convocato al ministero dello Sviluppo economico per lunedì 4 giugno con Fiat, Dr Motor, sindacati, Regione Sicilia e ministero del Lavoro. “Dopo ben 19 giorni di lotta – ha detto il sindaco Salvatore Burrafato – la mobilitazione dei lavoratori della Fiat e dell’indotto ha portato finalmente il ministro Passera ad occuparsi direttamente di Termini Imerese. Sono molto preoccupato, è una città che rischia di esplodere”. Il ministro Corrado Passera, dal canto suo, ha rassicurato tutti: “Dobbiamo trovare una soluzione solida in cui i soldi pubblici vengano impiegati al meglio. Se il piano di Dr Motors può essere realizzato daremo il massimo appoggio. Abbiamo dato 15 giorni a Dr per confermare o meno la loro capacità e disponibilità ad attuare l’impegno preso. Il giorno dopo è stato convocato il tavolo. Se la risposta arriverà prima anticiperemo l’incontro”. Per il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, “una soluzione al problema dello stabilimento siciliano deve venire dal governo e da Fiat. Il sindacato non accetterà mai che Fiat possa semplicemente chiudere e licenziare”.
Forti timori anche a Cassino, da dove escono circa 220 mila auto all’anno a fronte delle 400mila previste. “Abbiamo firmato a dicembre un contratto aziendale – ha detto il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti – e l’ad di Fiat Sergio Marchionne ora deve mantenere la promessa comunicando gli investimenti che si vogliono fare per le diverse fabbriche italiane e, in particolare, per quella di Piedimonte San Germano, dicendo quale nuova vettura si vuole produrre per invertire la tendenza, che adesso è piuttosto critica, allo scopo di mettere fine così alla lunga scia di cassa integrazione”.
Sulla situazione a Mirafiori è intervenuto anche il segretario nazionale della Fiom Giorgio Airaudo, secondo cui “la cassa integrazione per gli impiegati delle strutture centrali è la conseguenza dell’assenza di chiarezza rispetto al futuro degli enti centrali stessi, che assume più importanza di dove sarà la sede legale di Fiat Chrysler anche perché gli enti centrali sono il luogo del know how della Fiat e a questi sono legate aziende dell’indotto, su cui il provvedimento non potrà che ribaltarsi”. Airaudo, inoltre, ha sottolineato che i sindacati non sanno “nulla di quali auto verranno progettate a Torino. Alle Carrozzerie sappiamo che c’è un investimento che viene continuamente rinviato e dilatato ma il futuro degli enti centrali è un buco nero e di questo – è la conclusione del segretario Fiom – c’è una grande responsabilità del governo e una sottovalutazione degli enti locali rispetto all’importanza strategica del settore. Non servono incontri riservati e di cortesia sabauda servono impegni pubblici davanti all’opinione pubblica”.
A Piazza Affari, invece, ultima giornata per la negoziazione delle azioni privilegiate e di risparmio che da lunedì saranno tutte convertite in ordinarie. Fiat guadagna lo 0,72 per cento e Fiat Industrial lascia il 2,89 per cento.