Il politico cercherà di convincere l'Ue a non interrompere gli aiuti al suo paese. Nel suo programma c'è l'eliminazione dei privilegi fiscali per la Chiesa, lotta all’evasione fiscale, introduzione di una patrimoniale e di un registro per i pubblici appalti, rimozione del segreto bancario. Il ministro degli Esteri tedesco: "Atene faccia i compiti"
Che dalle prossime urne esca un governo “funzionale” in grado di agire. Questo l’auspicio espresso dalla cancelliera tedesca Angela Merkel nel corso di una telefonata con il presidente della repubblica greca Karolos Papoulias, su cui però è calato un rigoroso riserbo. Non si conoscono altri dettagli della conversazione, ma se ne intuisce il tenore: Berlino trema perché Atene affonda. Con il rischio concreto dell’uscita dall’eurozona che significherebbe contagio quasi certo anche per altri paesi Pigs, ovvero i paesi sull’orlo del baratro. Sotto il Partenone serpeggia la paura: di svegliarsi al mattino e trovarsi catapultati in un altro mondo. Con la nuova ma vecchia dracma a fare compagnia a prezzi alle stelle (l’Iva al 23% ha effetti deleteri su consumi) e su stipendi dei politici ancora intoccabili.
Quella tranquillità invocata da frau Angela è tutt’altro che scontata, dal momento che i sondaggi in Grecia si alternano con poche certezze. L’unica al momento riguarda al momento il progresso della coalizione della sinistra radicale del Syriza, che dal 16% dello scorso 6 maggio sembra destinata ad incrementare consensi e seggi in Parlamento (nominato oggi il nuovo presidente, Vuronas Polidoras).
Un contesto in cui sul palco principale vede salire il nuovo protagonista della politica ellenica impegnato a farsi conoscere: quel Alexis Tsipras leader del Syriza che a giorni inizierà un vorticoso tour europeo che lo porterà nella maggiori capitali. Il suo biglietto da visita all’Eliseo e al palazzo del Reichstag sarà rappresentato non solo dai potenziali consensi elettorali, ma soprattuto da quello che potrebbe diventare il programma di governo per una sorta di “piano salva Grecia”. Come ha ribadito nel corso di un’intervista rilasciata al wall Street Journal l’Ue non dovrebbe interrompere gli aiuti alla Grecia. Ma se lo facesse “saremmo costretti a smettere di pagare i nostri creditori, e andare in default” ha avvertito. Se non dovesse impiegare i propri danari per restituire il debito, prosegue il 37enne, la Grecia potrebbe disporre dei soldi necessari a pagare dipendenti e pensionati. E dopo? Tsipras invoca una soluzione europea al problema ellenico.
In cima al suo programma si legge: eliminare i privilegi fiscali per la Chiesa (oltre al mancato pagamento delle tasse, si pensi che i sacerdoti greci ricevono lo stipendio dallo Stato e non dalla curia), lotta senza quartiere all’evasione fiscale in un paese dove gli scontrini fino a pochi anni fa erano rarità, introduzione di una patrimoniale e di un registro per i pubblici appalti, rimozione del segreto bancario, ridare fiato alla produzione nazionale, tagliando le spese di rappresentanza, quelle per le forniture militari e introducendo il referendum popolare che in Grecia non esiste. E sgombrando il campo dal vento antieuropeista che qualcuno gli ha affibbiato: “La nostra valuta nazionale è l’euro – ha proseguito – e l’uscita dall’euro avrà più conseguenze negative che vantaggi”. Dunque comunione di intenti (con Bruxelles per il sostegno economico) e di politiche progressiste con gli incontri parigini e berlinesi della prossima settimana.
Un endorsement proellenico si registra da parte dell’ex ministro dell’economia italiano Giulio Tremonti, secondo cui bisognerebbe applicare alla Grecia il metodo usato con la Germania nel 1953: “Nel 1953, la Grecia, insieme a tutti gli altri paesi hao firmato il Trattato di ristrutturazione del debito tedesco. Cosa è cambiato da allora? Il Cancelliere Konrad Adenauer disse che prima viene l’Europa e dopo la Germania”. Quindi In primo luogo l’Unione e dopo lo Stato nazione. “Questa logica, forse, potrebbe essere applicata oggi, – continua Tremonti – in un modo utile per risolvere la questione greca”. Ma nella consapevolezza di dover fare tutti gli sforzi utili per farla rimanere nell’eurozona: “Sono contrario all’uscita dall’Ue sia per ragioni politiche ed economiche”, ha detto.
Tra l’altro una linea perseguita anche dal ministro tedesco degli Esteri Guido Westerwelle con l’omologo ellenico Petros Molyviatis, invitandolo a recarsi al più presto a Berlino: “Siamo con la Grecia – ha dichiarato Vice Rappresentante del Cancelliere Georg Straiter – ma è importante che Atene faccia i compiti”. Berlino ha ribadito un punto che considera non negoziabile: nessuna nuova trattativa sulle riforme concordate con la troika né sui programmi di aiuto, in quanto la “Grecia si deve attenere ai programmi”.
Ma non è tutto. Nelle ultime ore è circolata la notizia che De La Rue, l’azienda britannica che produce banconote per monti paesi del pianeta, si sarebbe già attivata per “restaurare” la dracma, recuperando una vecchia collezione di matrici di rame, da utilizzare nel caso in cui la Grecia dovesse ritornare al vecchio conio. Senza contare che, come fatto filtrare qualche settimana fa dalla camera di commercio ateniese, nel paese vi sono in circolazione ancora il corrispettivo di 80 miliardi di euro in dracme. Che qualcuno ha pensato bene di non cambiato in euro quando la moneta unica venne introdotta. Tutti speculatori?