La corte d'appello ribadisce l'accusa di associazione mafiosa per alcuni imputati dell'operazione Isola, che in primo grado a Monza erano stati assolti. La famiglia, originaria di Isola Capo Rizzuto e trapiantata a Cologno Monzese, faceva il movimento terra nei cantieri dell'Alta velocità e gestiva la logistica dei supermercati Sma
L’associazione mafiosa c’era. La corte d’appello di Milano ha confermato l’accusa di 416 bis contro Marcello Paparo e Carmelo La Porta, accusa che era stata contestata dal pm Mario Venditti a diversi imputati dell’operazione Isola, scattata nel marzo 2009 a Cologno Monzese e dintorni, ma era caduta per tutti nel processo di primo grado, svoltosi al tribunale di Monza. Marcello Paparo, 47 anni, originario di Isola di Capo Rizzuto (Crotone), ritenuto il capo dell’organizzazione, che in primo grado era stato condannato per altri reati, ha visto la sua pena aumentare a 12 anni di carcere. Carmelo La Porta, amico-rivale del primo, è stato condannato a otto anni di reclusione, anche lui per 416 bis.
L’operazione Isola fece scalpore per diversi motivi. La ditta di movimento terra del Paparo, la P&p, aveva ottenuto lavori nel cantiere dell’alta velocità ferroviaria tra Pioltello e Pozzuolo Martesana, in provincia di Milano. Dalle intercettazioni emergeva che alcuni dipendenti della ditta appaltatrice, la Locatelli di Grumello Monte in provincia di Bergamo, davano consigli ai calabresi su come aggirare i controlli della Guardia di finanza sui subappalti e lamentavano le noie derivate del certificato antimafia. Per la prima volta, un’inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Milano documentava il caso concreto di una ditta in odore di ‘ndrangheta impegnata nelle grandi opere pubbliche lombarde. Il titolare dell’azienda bergamasca, Pierluca Locatelli, sarà poi arrestato per corruzione nel 2011, nell’ambito dell’inchiesta che ha coinvolto l’ex assessore regionale lombardo Franco Nicoli Cristiani.
Inoltre, il consorzio di cooperative Ytaka, presieduto dalla giovane figlia di Paparo, Luana, aveva ottenuto la commessa della logistica della Sma, una delle principali catene di supermercati della Lombardia, con magazzino centrale a Segrate. In questo business era maturato il pestaggio a sangue di un dipendente riottoso, Nicola Padulano, episodio costato una condanna a Marcello Paparo anche in primo grado.
Secondo il pm Venditti, i Paparo erano legati alle cosche dominanti di Isola di Capo Rizzuto, gli Arena e i Nicoscia, divise da una feroce rivalità. In alcune intercettazioni, Marcello e altri membri della famiglia Paparo dimostravano un grande interesse per le dinamiche mafiose di Isola, e una buona conoscenza di fatti e personaggi. Ma l’accusa di 416 bis non aveva retto in primo grado, perché i giudici non avevano ravvisato un “agire mafioso” nella loro attività in Brianza e dintorni.
L’inchiesta “Isola” era iniziata il 4 ottobre 2004, quando, nella notte, qualcuno aveva esploso dei colpi di pistola a fianco dell’abitazione di Marcello Paparo a Cologno Monzese. Un avvertimento attribuito dagli investigatori all’altro condannato in appello per 416 bis, Carmelo La Porta, sodale di Paparo che però aveva voluto lanciargli un messaggio chiaro legato alle dinamiche di ‘ndrangheta di Isola di Capo Rizzuto.