Ancora in corso, la quotazione di Facebook sta mantenendo le promesse. Secondo quanto riferito dal Nasdaq, i dati sono da record: 82 milioni di azioni scambiate nei primi 30 secondi di contrattazioni e scambi per 4,5 miliardi in 5 minuti. Una mole di contrattazioni che ha addirittura messo in crisi il sistema informatico della Borsa, bloccando gli aggiornamenti del titolo per qualche minuto. Il titolo, in apertura, è schizzato a un valore di 43 dollari (il prezzo era fissato a 38 dollari per azione) scendendo poi a un valore di 40-41 dollari. Paradossalmente, il record di volumi negli scambi di Facebook hanno condizionato negativamente le altre Internet Company. Zynga, che produce videogiochi proprio sulla piattaforma Facebook, ha subito un brusco calo e le contrattazioni del titolo sono state sospese per 50 minuti.
L’IPO (Initial Public Offering) per il 18 per cento delle azioni del gruppo di Zuckerberg rappresenta la più sostanziosa operazione nella storia della net-economy e la seconda di tutti i tempi dopo la quotazione di Visa, il colosso specializzato nella gestione delle carte di credito. Il gruppo fondato da Zuckerberg, in queste condizioni, si trova ad avere un valore complessivo di oltre 100 miliardi e al termine dell’offerta pubblica dovrebbe ritrovarsi in cassa un surplus di 19 miliardi di dollari.
E’ stato stato lo stesso fondatore e amministratore delegato, Zuckerberg, a suonare la campanella di apertura del Nasdaq dal quartier generale di Menlo Park, peraltro indossando la consueta felpa. La curiosità per l’andamento delle vendite, alla vigilia, era altissima e l’hashtag #FacebookIPO su Twitter è letteralmente affollato di previsioni, commenti e suggerimenti per gli aspiranti investitori. Non mancano però i timori nei confronti del “big happening”. Le maggiori preoccupazioni sono legate alla sopravvalutazione di Facebook, sottolineata nei giorni scorsi da esperti e analisti.
Il cuore di Facebook, sotto il profillo economico, è rappresentato dalle entrate pubblicitarie, che rappresentano circa l’85 per cento degli introiti del gruppo. Scomponendo il valore del gruppo sulla base del numero di utenti, però, il dato che ne deriva è che con la quotazione a 38 dollari per azione ogni investitore si troverebbe a pagare circa 110 dollari per utente: un valore decisamente superiore ai profitti garantiti (4 dollari a utente) fino a oggi dal social network. Rimanendo nell’ambito delle valutazioni matematiche, il valore complessivo del gruppo sarebbe quantificato in oltre 100 volte gli utili annuali. Un record che straccia il precedente primato di Google, attestato su un rapporto di quasi 70 a 1.
Sul versante degli ottimisti, gli indizi per un buon andamento anche nel prossimo futuro della piattaforma creata da Zuckerberg in realtà non mancano. Il social network sta sperimentando nuovi modelli di business per capitalizzare i 900 milioni di utenti che rappresentano il suo vero patrimonio. Le maggiori aspettative si concentrano sulla piattaforma di e-commerce, basata sui Facebook Credits, che per il momento permettono di acquistare applicazioni e “beni virtuali”, ma che in un futuro prossimo dovrebbero consentire di comprare più o meno qualsiasi cosa. Le prospettive di crescita dovrebbero quindi finire per giustificare gli oltre 100 dollari a utente che gli investitori si trovano a pagare. Anche dopo la quotazione, la barra del timone rimarrà saldamente nelle mani del fondatore Mark Zuckerberg, che non una quota del 18,7 per cento delle azioni si garantisce comunque la maggioranza dei diritti di voto.
Se gli operatori mostrano non poche perplessità sulla tenuta del titolo già nel breve e medio periodo, gli azionisti originali di Facebook possono in ogni caso brindare all’occasione d’oro che gli si è presentata. A puntare tutto sulla quotazione in Borsa di Facebook è stato certamente Eduardo Saverin, primo socio di Zuckerberg nell’impresa e attualmente detentore di una quota pari al 4 per cento della società. Il trentenne brasiliano si è mosso per massimizzare i guadagni derivanti dalla quotazione a Wall Street del social network rinunciando, a settembre 2011, alla cittadinanza statunitense per trasferirsi a Singapore dove, stando a quanto da lui dichiarato, vive e lavora già da tempo. Il cambio di cittadinanza, sotto il profilo fiscale, permetterà a Saverin di risparmiare parecchi milioni di dollari in tasse sui proventi derivanti dall’IPO.