Un governo puramente tecnico e bancario. Una situazione economica da collasso. La vecchia classe politica in disgregazione continua tra indagini giudiziarie e flop di consenso elettorale. I grandi comitati affaristico criminali senza più referenti, schiacciati al muro da maxi sequestri di capitali. Il 41 bis, il carcere duro per detenuti mafiosi, che è ormai una certezza. Le urne dei penitenziari siciliani che rimangono per la prima volta vuote. I boss di primo piano che si dichiarano incapaci d’intendere mentre qualcuno ci racconta dei loro “tentativi di suicidio dimostrativo”. Nel frattempo un’inchiesta giudiziaria che a distanza di 20 anni sta svelando protagonisti e comparse di quel patto scellerato che portò mafia e Stato a sedersi allo stesso tavolo dopo una lunga Trattativa a suon di bombe. Di nuovo. Poi il ventennale, il ricordo della strage di Capaci e una scuola che porta quei nomi: Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. La carovana antimafia che passa da quella città, Brindisi, e il ricordo, la lungimiranza del ricordo.
“Si indaghi, si indaghi pure su tutti i fronti , è giusto, ma forse sono tornati” dice Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione Familiari delle Vittime della strage di via dei Georgofili, l’eccidio in cui il 27 maggio 1993 morirono 5 innocenti, tra cui la piccola Caterina Nencioni di appena 50 giorni.
Questa volta l’innocente vittima sacrificale di chissà quale strategia superiore si chiama Melissa Bassi, aveva 16 anni, e stava soltanto andando a scuola.
“Un contenitore di liquido infiammabile o una bombola di gas, sono segnali di grande intimidazione” disse Giovanni Brusca al processo per la strage di via Palestro. A Brindisi le bombole di gas esplose sono tre. “Potrebbe non essere mafia – ha detto il procuratore della Dda di Lecce Cataldo Motta – In un momento in cui le organizzazioni mafiose locali sono alla ricerca di un consenso sociale. Sarebbe un atto in controtendenza perché questo sicuramente aliena ogni simpatia nei confronti di chi lo ha commesso. Bisogna comunque chiedersi cui prodest cioè a chi interessa e chi se ne avvantaggia.” Già, cui prodest? A chi giova un eccidio del genere, in un posto del genere e in un momento del genere?
In questo paese si susseguono ciclicamente periodi d’equilibrio e fasi di passaggio, di evoluzione, in cui i poteri ridiscutono gli assetti di spartizione delle influenze. Ma poiché l’Italia è una nazione composta essenzialmente da alcune cosche di diversa natura e in perenne lotta tra loro, nelle fasi di passaggio, bombe e stragi, morte e terrore non si fanno attendere. Quasi mai.