Gli investimenti ciprioti nelle banche greche sono il 130 per cento dell'intero pil del Paese che a luglio assumerà la presidenza di turno dell'Unione europea. La salvezza passa dal Fondo salva-stati, ma intanto è clima da caccia alle streghe
Dopo Spagna, Italia, Portogallo e Irlanda, tocca all’isola di Cipro finire nella roulette della crisi dell’Euro, e a ben pensarci, poteva capitare prima. Se non fosse altro per il fatto che gli investimenti ciprioti nelle banche greche sono il 130 per cento dell’intero pil del Paese, dove il settore bancario è pari all’ 835 per cento sempre del pil (stime Financial Times). E poi tra Atene e Nicosia in linea d’aria ci sono solo circa mille chilometri, davvero pochi.
Sarà che l’isola di Cipro è piccola o che l’eventuale default di giganti come Spagna e Italia fa ben più paura, ma ci si è accorti del contagio cipriota solo dopo che questa settimana le banche del Paese hanno avuto bisogno di una ricapitalizzazione di due miliardi di euro, una bella cifra a giudicare dalle loro dimensioni. Questo perché le banche cipriote ci hanno rimesso molto nell’affare greco, dove entrambe le big del Paese erano molto esposte. Parliamo niente di meno che della Banca nazionale, a quanto pare vicina al risanamento, e della Laiki, che ha bisogno di un altro miliardo e 800 milioni in cash per sistemare i propri conti.
Un sospiro di sollievo lo fanno tirare i 2 miliardi e mezzo di euro arrivati dalla Russia di Putin (chissà perché tanta generosità?), una cifra che aiuta ma che non risolve tutti i problemi. Il neo ministro alle finanze cipriota Vassos Shiarly ha detto che il governo è pronto ad intervenire per metterci una pezza. Il che, tradotto in parole povere, vuol dire prelevare dalle casse pubbliche per aiutare un sistema bancario in difficoltà, un copione già visto in altre parti d’Europa.
Neanche a dirlo, nel Paese c’è un clima da caccia alle streghe. L’ex governatore della banca centrale, Athanasios Orphanides, recentemente non riconfermato dal Presidente cipriota Dimitris Christofias, punta il dito proprio contro il governo accusandolo di aver condotto politiche irresponsabili tra il 2007 e il 2009 che hanno portato ad un buco di 1,6 miliardi di euro (+4,3 miliardi di debito pubblico), mentre nel 2007 il Paese aveva registrato un surplus di 554 milioni di euro. Per tutta risposta, Christofias ha accusato l’ex governatore di aver esposto troppo le banche cipriote in Grecia tramite l’acquisto di bond greci. “Orphanides sta cercando di lavarsi le mani delle proprie responsabilità”, ha attaccato pubblicamente il presidente.
Coincidenza vuole che proprio Cipro assumerà la presidenza di turno dell’Unione europea il prossimo luglio, esattamente quando entrerà in vigore il nuovo fondo salva Stati Ems da circa 800 miliardi sul quale si è tanto discusso a Bruxelles negli ultimi mesi. Un fondo che fa sorridere economie in difficoltà come quella spagnola ed (eventualmente) italiana, ma che per un Paese piccolino come Cipro potrebbe voler dire davvero molto. E intanto Erato Kozakou-Marcoullis, ministro degli Esteri cipriota, ritira fuori dal cilindro gli Eurobond di cui in qualche Paese (Germania) non si vuole proprio sentir parlare. E sull’eventuale uscita della Grecia dall’Euro? La diplomazia cipriota non ha dubbi: “Non vogliamo nemmeno parlarne perché sarebbe molto controproducente”. Già, soprattutto per le banche cipriote.