Dopo tre anni trascorsi nel purgatorio della serie cadetta, la squadra allenata da Giampiero Ventura ha conquistato la promozione in A vincendo 2 a 0 allo stadio Olimpico contro il Modena. In città piove a dirotto, ma il tripudio della gente non conosce ostacoli
Fuori dalla cinta daziaria ha perso il suo appeal da tempo, ma in città, quando vince il Toro, è ancora festa di popolo. E pazienza se piove. Anzi, il diluvio è un compagno di viaggio da quel 4 maggio 1949 quando le nuvole inghiottirono la squadra più bella e amata, sul terrapieno della Basilica di Superga. Quando vince la Juve, Torino si riempie (anche) di turisti, le previsioni cambiano e la folla di villeggianti calcistici della festa ringrazia il cielo e saluta il pullman scoperto. Ieri no, ma la festa è uguale.
Al Filadelfia, il tempio del Grande Torino ridotto a rudere da 15 anni, sono in migliaia, bagnati e contenti. Potrebbero essere di più, allo stadio erano in 25mila, di più, oggi, non ce ne stanno. Due gol, uno per tempo, e tutto va stranamente come doveva andare. Qualcuno, nell’intervallo, evoca lo spettro di Mozzini, che il 16 maggio 1976, giorno dell’ultimo scudetto granata, incappò in in comico autogol contro il Cesena e per poco non rovinó la festa. Non succede, e anche se i tempi non sono più gli stessi.
Si fa festa uguale. Chi non è tifoso non capirà. Dirà che il tifo è l’oppio dei popoli, che con tutti i problemi che ci sono affidare il proprio buonumore a un mondo marcio come quello del calcio è una puerile bestemmia. Forse hanno ragione, ma sicuramente non hanno mai abbracciato uno sconosciuto con le lacrime agli occhi dentro uno stadio. Torino è una città in difficoltà. Anni di loisir post industriale hanno dato i loro frutti cancellando la fuliggine grigia della company town fordista del ‘900. Ma ora la rinascita presenta il conto. Un debito miliardario, niente soldi in cassa, asili chiusi e cooperative sociali senza stipendio da mesi. Ha senso festeggiare per una promozione in Serie A (dopo tre campionati passati nella serie cadetta)? Sì, se non ci fosse nessuno ci guadagnerebbe. Così abbondano i sorrisi.
E’ quasi sera, il pullman dei ragazzi in granata arriva ai ruderi del Fila. Tutti immaginano di rivedere capitan Mazzola rimboccassi le maniche al suono del ferroviere trombettiere Bolmida. Un tempo era l’inizio del quarto d’ora granata, in cui i vecchi tifosi giurano non sia mai mancato il gol. Questa volta è solo per il via al giro scoperto in città. Pazienza se piove. Il Toro è tornato.