Non è lui. La fonte è attendibile e al Fatto ha raccontato una verità diversa da quella emersa in giornata: il killer della scuola Morvillo-Falcone non è Claudio S. E su questo, sempre a sentire l’inquirente in questione, non ci sarebbero più dubbi, tanto che in serata è stato rilasciato. E’ l’ennesimo colpo di scena di una giornata che nel primo pomeriggio sembrava aver riservato una svolta non di poco conto. Claudio S., infatti, era stato portato in questura: per gli inquirenti era l’uomo che rispondeva all’identikit della persona immortalata nelle immagini delle telecamere a circuito chiuso. Per questo motivo, nei suoi confronti sono stati effettuati “controlli di routine per verificare l’alibi in seguito a una delle segnalazioni che stanno arrivando e che necessitano di verifica”.
Il procuratore della dda di Lecce Cataldo Motta, però, aveva spento sul nascere ogni entusiamo: “Non ci sono novità, non è stato adottato nessun provvedimento nei confronti di alcuno e non abbiamo trovato nessun sospetto” aveva detto. Circostanza per certi versi confermata anche da fonti qualificate della Procura, secondo cui “nei confronti dell’uomo rintracciato dagli inquirenti, e del fratello che è stato portato in questura, non ci sono allo stato elementi che possano ricondurre i due all’attentato alla scuola Morvillo-Falcone di Brindisi”. Le verifiche sui due, è il ragionamento degli inquirenti, fanno parte di una serie di controlli di routine scattati anche su altri soggetti fin dalle prime ore successive all’attentato. Fatto sta che i fratelli S. hanno risposto alle domande dei magistrati, al pari di altre persone che secondo i pm possono offrire particolari interessanti su quanto avvenuto sabato scorso. Nel tardo pomeriggio, poi, Marcello S., il fratello che per primo era stato prelevato dall’abitazione di piazza Tiepolo, era uscito dalla questura sdraiato sul sedile posteriore di un’auto della polizia. Tensione e rabbia tra la folla presente fuori dall’ingresso dell’edificio: l’auto della polizia è stata presa a pugni da alcuni studenti presenti. La vettura si è allontanata a gran velocità. Evidentemente i ragazzi ritenevano che la persona nell’auto è coinvolta nell’attentato.
“Non ci sono arrestati, non ci sono fermati, non ci sono indagati in questo momento e non ce ne saranno nelle prossime ore. ‘Non c’è nessuna svolta né ci sarà nelle prossime ore. La situazione è fluida, lavoriamo su vari fronti”. Parola del Capo di Gabinetto della Questura di Brindisi, Anna Palmisano, ai giornalisti che da ore presidiano l’ingresso della Questura di via Perrino dopo l’assalto di alcuni giovani brindisini ad un’auto ‘civetta’ uscita dall’edificio e nella quale pensavano potesse trasportare una delle persone coinvolte nella strage. “Fateci lavorare – ha proseguito la dottoressa Palmisano – vi preghiamo di farci lavorare, perché si sta creando un tipo di tensione e perché non deve più accadere quello che è accaduto pochi minuti fa”.
A ora di pranzo, invece, Marcello S. (fratello di Claudio), è stato portato in questura, ma non è mai stato sottoposto a fermo. Marcello S., insieme al fratello sospettato, abita a in via Paolo Uccello, nei pressi di piazza Tiepolo, nel cuore del quartiere Sant’Elia di Brindisi (a 200 metri dalla scuola Morvillo-Falcone), da stamattina al centro delle perquisizioni delle forze dell’ordine. Claudio S. è un esperto di informatica, titolare di un’azienda di riparazioni hardware nonché tecnico tv. E’ già sposato, ha meno di cinquant’anni e vive alla sua compagna (una donna dell’Est Europa) e alla figlia piccola avuta con quest’ultima. Ha anche un altro figlio avuto dalla ex moglie. A quanto pare, inoltre, Claudio S. sarebbe mancato da casa per un paio di giorni, anche se per alcuni in realtà era sparito stamattina dopo essersi riconosciuto nella foto pubblicata su tutti i giornali. Tutti particolari non confermati dagli investigatori.
Gli inquirenti erano convinti che a tradirlo sarebbe stato un problema fisico alla mano destra e il fatto di essere claudicante: il particolare era emerso dalle immagini immortalate dalle telecamere a circuito chiuso che oggi sono sulle pagine di tutti i giornali. Alle domande del Fatto, i vicini di casa di Claudio S. avevano confermato che era scomparso da venerdì e, dopo aver visto i fotogrammi del video, avevano ammesso che poteva essere lui l’uomo immortalato vicino al chiosco. Descritto come una persona molto schiva e con la grande passione per l’elettronica, per ore è stata caccia all’uomo per incastrarlo. “Se fosse davvero lui – hanno detto i vicini – è meglio che non torna qui a Sant’Elia”.
La chiave, dunque, è l’ormai famoso video. Un volto sfocato, un uomo di mezza età, vestito dignitosamente, circa 50 anni. Altro? Un problema alla mano destra: s’intuisce che la muove a fatica. Da questo dato di fatto l’accelerazione alle indagini e l’ipotesi di un complice. In mattinata, invece, si era sparsa la notizia che ci fosse un indagato. Un piccolo passo avanti, dunque, frutto del lavoro degli investigatori che nella notte tra domenica e lunedì hanno effettuato centinaia di perquisizioni. Dieci i sospetti. Su due di loro si concentra l’attenzione.
LA SMENTITA: “NESSUN INDAGATO”
La Procura però ha smentito: nessun indagato e questo dato di fatto è stato confermato anche dal ministro della Giustizia Severino nella conferenza stampa che ha seguito il vertice in prefettura a Brindisi: “E’ ufficiale non c’è nessun indagato” ha detto il Guardasigilli, che poi ha rispedito al mittente le presunte frizioni tra dda di Lecce e Procura di Brindisi. “Oggi sono tutti attorno a un tavolo, a fare un lavoro insieme” ha detto. Il lavoro delle forze dell’ordine intanto va avanti, uno dei sospettati avrebbe un negozio di rivendita di bombole di gas e gli inquirenti tendono a pensare che possa essere il fiancheggiatore della veramente dell’attentato. Ma anche in merito a questo la Severino ha gettato acqua sul fuoco: “Rimangono ancora sullo sfondo moventi e possibili concorrenti nel reato, che oggettivamente non è poco. Dobbiamo ancora attendere perché tutti questi elementi vadano in un unica direzione”. Sul filmato diffuso, invece, il ministro ha detto di apprezzare “il senso di responsabilità della stampa che non ha pubblicato le immagini del volto” del presunto attentatore, sottolineando “il senso di grande maturità” della stampa e, allo stesso tempo, “la riprovazione per la rivelazione dei segreti di indagine”. Sulla vicenda della pubblicazione delle immagini contenute nel video, tuttavia, la Procura di Brindisi ha aperto un’inchiesta.
INCHIESTA PASSA A LECCE: L’ACCUSA STRAGE CON AGGRAVANTE DI FINALITA’ DI TERRORISMO
Nel frattempo, però, l’inchiesta sull’attentato sarà coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce. Lo ha riferito il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, parlando con i giornalisti in Prefettura a Brindisi. Il reato ipotizzato non è più quello di strage: ora si parla di strage con aggravante di finalità di terrorismo; alla Dda leccese sarà aggregato il pm di Brindisi Milto De Nozza. ”Tolta l’ipotesi del fine personale nei confronti delle vittime – ha spiegato Grasso – non c’è dubbio che qualsiasi altra ipotesi ha un effetto di terrorismo sia che venga fatto da un singolo isolato, sia da un pazzo, sia da un’organizzazione eversiva, dalla mafia o dalla Sacra Corona Unita. In ogni caso – ha concluso – l’effetto è terroristico, intimidatorio e questo produce la competenza della Procura distrettuale Antimafia o di quella competente per atti di terrorismo”. L’art. 270 sexies del codice penale considera “con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia“.
Certo, se le immagini del filmato coincidessero con il supersospetto, sarebbe solo questione di ore per arrivare al killer. Nelle scorse ore, era emerso il nome di un’altro sospettato, Raffaele Niccoli, 63 anni ed è un ex ufficiale dell’aeronautica. E’ stato interrogato dagli inquirenti, che l’hanno rilasciato stamattina senza alcun provvedimento nei suoi confronti. Gli stessi pm, inoltre, hanno smentito quanto scritto dai giornali oggi: non c’è nessun iscritto nel registro degli indagati. Lui, Raffaele Nicoli, ha un alibi e lo ha ripetuto al cronista del Fatto: “Non conosco l’uomo del video e io non ero a Brindisi quando sono scoppiate le bombe”.
LE INDAGINI
L’accelerazione delle indagini, comunque, è avvenuta grazie a quelle immagini immortalate dalla telecamere anti-racket di un chiosco di bibite. Queste, sfocata e poco chiare, rimandano la sagoma di un uomo di mezza età. Lui, sulla scena del delitto, si muove con apparente tranquillità. Sembra sapere quello che deve fare. Il filmato dura poco. Cinque minuti: dalle 7 e 40 al minuto dell’esplosione. Gli investigatori, giunti sulla scena del crimine, hanno ricostruito quasi subito l’innesco: detonatore volumetrico, azionato con telecomando. Da qui l’identikit del killer: un ex militare, un perito o comunque qualcuno che ha buone conoscenze di elettronica.
Tutto questo introduce la persona indagata che c’è, ma in pochi, ora, hanno voglia di parlarne. Forse per scaramanzia. Si tratta, sostengono sempre fonti locali, di un altro militare brindisino da tempo in pensione e con qualche problema psicologico. Nel suo passato l’appartenenza a un corpo d’elite. Diverse le missioni all’estero. Un profilo che potrebbe coincidere con quello dello stragista definito “un lupo solitario in guerra con il mondo” . L’uomo è stato prelevato dalla Digos durante la notte. Gli investigatori sono arrivati nella sua abitazione con una convinzione in tasca: l’ex militare sembra coincidere con l’uomo immortalato dalle telecamere. Di più: anche lui ha buone conoscenze elettroniche. Non solo sembra avere una corporature e un’età del tutto coincidenti con la foto-sequenza resa nota ieri. Ma non si tratterebbe di Raffaele Niccoli, interrogato per tre ore prima di essere rilasciato.
L’altro sospettato, invece, è stato ascoltato fino alle sette del mattino di domenica. Interrogatorio segretato. Nulla si sa. Emergono, invece, particolari dalla perquisizione nella sua casa. Qui la Digos ha trovato materiale definito “interessante”. Come alcuni opuscoli per fabbricare ordigni in maniera artigianale. Insomma, tramontata la pista mafiosa, con i capi della Sacra Corona Unita che addirittura si mettono a disposizione per catturare il killer, resta in campo solamente lo scenario del pazzo isolato. Il cui volto già s’intravede, ma il cui movente resta nascosto, probabilmente intrappolato in una psiche distorta.
GRASSO E MOTTA: “LA PUBBLICAZIONE DEL VIDEO PUO’ DANNEGGIARCI”
”E’ possibile che avere pubblicato questo video abbia danneggiato le indagini, ma è una mia valutazione personale”: parola del procuratore della Dda di Lecce, Cataldo Motta, che al contempo ha smentito frizioni con la Procura di Brindisi. “Il mio ufficio lavora d’intesa con la Procura di Brindisi in una sorta di democrazia a due. Se consente – ha chiarito – voi giornalisti enfatizzate la diversità di vedute che può esserci stata in un momento iniziale delle indagini, che vengono condotte in perfetta intesa. Non c’è alcun motivo di conflitto e contrasto con la Procura di Brindisi”. Per quanto riguarda le indagini, invece, il procuratore della dda ha speigato che “la finalità e le motivazioni dell’attentato sono aspetti che esulano dall’attività di indagine che parte dagli elementi di cui disponiamo. Le valutazioni arrivano in un momento successivo. Sull’attività d’indagine siamo assolutamente in sintonia con Brindisi”.
In relazione al video, Motta ha sottolineato che “il fatto che sia stata una persona a compiere l’atto finale non esclude che dietro ci possa essere una struttura organizzata. A mio avviso è difficile che quest’uomo possa avere realizzato un attentato del genere da solo. Ma è prematuro dirlo. Quel filmato pubblicizzato è un punto di partenza importante”. Anche in virtù di questa convinzione, Motta non ha escluso la matrice mafiosa, al contrario del procuratore di Brindisi, Marco Dinapoli: “Hanno colpito quella scuola e credo che la motivazione principale sia il collegamento col nome a cui è intestata – ha detto Cataldo Motta – Dovendosi compiere un attentato la scelta è ricaduta su una scuola dedicata alla moglie di Falcone. Questo fa parte dell’effetto terroristico dell’attentato. E’ stato colpito un obiettivo indiscriminato, poteva essere anche altrove per dare l’idea che nessuno può sentirsi sicuro”.
Motta, al contrario, ha rispedito al mittente l’ipotesi di un coinvolgimento della Sacra corona unita: “Un gesto di questo genere non sembra riconducibile a organizzazioni locali, perché loro cercano il consenso – ha detto il procuratore antimafia – e questa strategia del consenso è più pagante della strategia stragista”. Poi il ringraziamento agli studenti della scuola brindisina: “Ieri li ho incontrati – ha detto Motta – e la loro risposta è quanto di meglio ci si potesse aspettare. Questa risposta dimostra come sia fallita la finalità intimidatrice e terroristica di questo atto inconsulto e gravissimo”.
Sulla stessa linea d’onda il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: “Con le immagini avevamo un grosso vantaggio che forse abbiamo un po’ perso” ha detto Grasso, che si è presentato a sorpresa nella sala della prefettura di Brindisi dove si era tenuta la conferenza stampa con i ministri dell’Interno e della Giustizia, insieme al procuratore distrettuale antimafia di Lecce Cataldo Motta, e a quello della procura di Brindisi Marco Dinapoli. “La colpa non è di nessuno – ha aggiunto poi Grasso – Oggettivamente è un vantaggio nei confronti di chi è responsabile o di chi è dietro questa cosa. Però – ha detto – è anche giusto che si è rasserenata la popolazione”. Secondo il precuratore antimafia, comunque “ci sono delle buone prospettive sulle indagini. Insomma, non brancoliamo nel buio, abbiamo tanto su cui lavorare, quindi lasciateci lavorare”. Grasso ha comunque precisato che quel vantaggio è ancora attuale, nonostante, ha detto, “sarebbe stato meglio che quelle indicazioni su alcuni elementi in mano agli inquirenti, pubblicati già ieri su alcuni giornali, li avessimo soltanto noi”.
IL CONSIGLIO REGIONALE STRAORDINARIO
La Regione Puglia sosterrà con 200mila euro le famiglie colpite dall’attentato a Brindisi. Lo ha annunciato il presidente della giunta regionale, Nichi Vendola, nel corso della seduta straordinaria dell’assemblea sull’attentato di Brindisi. La giunta ha stanziato il contributo straordinario per il “sostegno per ogni esigenza di carattere materiale o di supporto psicologico a favore delle vittime e delle relative famiglie”. Vendola ha spiegato che “è stata condivisa emozione, dolore ed anche sforzo di trovare le parole, che quando suonano retoriche sono totalmente inadeguate. Occorre essere molto attenti con le parole. Davanti alle ipotesi che riguardano la matrice criminale di questo orrendo delitto dobbiamo lasciare agli investigatori il tempo di fare per bene il loro mestiere”.
“Il nostro – ha aggiunto – è un altro: non quello d’improvvisarci specialisti della scena del delitto. Noi dobbiamo ragionare sospinti dalla ricerca di quali possano essere i nostri compiti dal punto di vista dei gesti concreti. Per questo terremo una giunta straordinaria ed approveremo una delibera con cui sosterremo economicamente le famiglie colpite, in un momento in cui c’è bisogno di tutto”. “La Puglia – ha insistito Vendola – è una terra che reagisce sempre: le mafie non sono diventate inquilini stabili. Abbiamo storie di scalfiture, tentativi per entrare ma abbiamo classi dirigenti sostanzialmente immuni. Questo sangue chiede a noi un impegno. Non è possibile per nessuno avere atteggiamenti di sopportazione o connivenza. La piazza di Brindisi ha avuto un significato straordinario: quello della saldatura tra istituzioni e popolo. L’assoluta marginalità delle contestazioni sono indice di un fatto molto preciso: a noi chiedono l’autenticità e credibilità delle parole che diciamo. Su questo terreno – ha concluso – non c’è contesa politica ma il bisogno di rinsaldare il patto che tiene insieme la comunità civile del nostro paese. Oggi si celebra il funerale di Melissa e noi dobbiamo essere all’altezza di quel dolore. Abbiamo il compito di cercare le risposte”. Il presidente della Regione Puglia ha ricordato nel suo discorso anche le vittime del terremoto in Emilia Romagna.