La legge 40 sulla fecondazione artificiale torna al vaglio della Corte costituzionale. Secondo l'avvocato dello Stato "il giudice non può supplire alle carenze del Parlamento". Ma le coppie che hanno sollevato il tema parlano di norma "irragionevole e discriminatoria"
E’ attesa tra stasera e domani mattina la pronuncia della Corte Costituzionale che dovrà decidere sulla costituzionalità degli articoli della legge 40 sulla fecondazione assistita, che prevedono il divieto di fecondazione eterologa, ossia con ovociti o gameti non appartenenti alla coppia. I quindici giudici della Consulta dovranno in sostanza stabilire se questo divieto crea, come sostengono le parti, una discriminazione tra coppie che, pur affette da una medesima patologia, possono in alcuni casi accedere al diritto alla procreazione e in altri vederselo negato.
Attualmente i medici che praticano l’eterologa in Italia sono punibili con una multa da 300mila ai 600mila euro e se la coppia è omosessuale o la donna è single si aggiunge la sospensione a tre anni dall’esercizio della professione. Ad attendere la sentenza sono, oltre alle coppie, anche i centri di procreazione medicalmente assistita: far cadere il divieto, rilevano, significherebbe anche fermare il turismo procreativo che ha, oltre all’impatto emotivo sulla coppia, anche un alto costo sociale ed economico. Secondo i dati raccolti dalla Società europea di riproduzione assistita (Eshre) nel 2010 le coppie italiane hanno il primato in Europa (sono il 31%) per i viaggi ai centri esteri di procreazione assistita. La Consulta dovrà quindi verificare la corrispondenza dell’articolo 4, comma 3, della legge 40 con le garanzie costituzionali. L’udienza pubblica, che si è aperta con l’intervento del giudice Giuseppe Tesauro, riguarda tre specifiche ordinanze con cui si sono rimessi gli atti alla Corte Costituzionale: quella emanata il 6 settembre 2010 dal Tribunale di Firenze, con cui per la prima volta in Italia un giudice ordinario ha ritenuto costituzionalmente illegittimo il divieto di procreazione eterologa per una coppia in cui l’uomo soffre di mancanza di spermatozoi causata da terapie fatte in adolescenza; quella del Tribunale di Catania del 21 ottobre 2010, riguardante il caso di una coppia in cui la donna ha problemi di fertilità per una menopausa precoce; e quella del 2 febbraio 2011 del Tribunale di Milano, legata a una coppia in cui l’uomo è affetto da infertilità totale e irreversibile.
Secondo l’avvocato dello Stato, Gabriella Palmieri, ”il giudice non deve supplire alle carenze del Parlamento: se il divieto di fecondazione eterologa deve cadere è necessaria una legge. Il divieto di fecondazione eterologa è coerente con l’impostazione dell’intera legge e una sua eliminazione secca senza una legislazione che disciplini compiutamente tutti gli aspetti creerebbe un vuoto normativo”. Per l’avvocato Gian Domenico Caiazza, che assiste alcune coppie e un gruppo di associazioni, il divieto di fecondazione eterologa é invece “discriminatorio perché è inconfutabile che soggetti affetti da medesima patologia possono in alcuni casi accedere al diritto alla procreazione e in altri vederselo negato. Il divieto assoluto – sottolinea – accomuna l’Italia solo alla Turchia ed alla Lituania”. Una posizione sostenuta con forza, per conto di altre coppie ed associazioni, anche dall’avvocato Marilisa D’Amico, che ha parlato di “norma irragionevole in quanto discriminatoria” perché in sostanza le coppie affette da un’infertilità risolvibile possono accedere alla fecondazione omologa mentre se l’infertilità è totale ci si vede negato il diritto alla procreazione.
La decisione sulla fecondazione eterologa è l’ultima in ordine di tempo delle pronunce della Consulta sulla legge 40. In 4 casi (nel 2005, due volte nel 2009 e una nel 2010) la hanno di fatto riscritta. Se si considerano anche i ricorsi per altre parti della legge – come quelli per ottenere la possibilità di congelamento degli embrioni, la diagnosi preimpianto e il limite di utilizzo di tre embrioni per ciclo di fecondazione – sono complessivamente 16 le volte che i giudici hanno ordinato l’esecuzione delle tecniche di fecondazione secondo i principi Costituzionali, affermando i diritti delle coppie e non secondo la legge 40.