Bernazzoli, presidente della provincia non dimissionario, uomo nato tra il circolo Arci e il partito, politico di professione ha perso da Pizzarotti, il candidato della porta accanto, l'uomo qualsiasi, ma non qualunque. Che ha lavorato fino a ieri e per la campagna elettorale si è preso 15 giorni di ferie
Era una scelta tra il vecchio e il nuovo. Bernazzoli, appunto, che non si è dimesso dall’incarico di presidente della Provincia e in quel ruolo ha fatto tutta la campagna elettorale, e Federico Pizzarotti che invece ieri ha lavorato in banca, al Credem di Reggio Emilia, fino alle 13 per poi presentarsi in piazza a Parma a seguire i risultati in mezzo ai passanti. Lui, Pizzarotti, risposta breve, chiara, con una “erre” arrotondata tipicamente parmigiana, come le melanzane, il prosciutto e il parmigiano, che ha lavorato fino all’ultimo giorno e che per fare la campagna elettorale si è preso due settimane di ferie.
Un politico impolitico, Pizzarotti, ma attenzione, questo non vuol dire che si tratti di antipartitismo o antipolitica. Tutt’altro: la prima cosa che ha detto quello che ormai si chiama sindaco ed è un ex bancario, è che vuole governare la città. Applicando i punti del programma, cercando di risolvere le problematiche che si troverà lungo la strada, dall’inceneritore ai 600 milioni di debito.
Bernazzoli, oltre a non aver mollato la poltrona di presidente della Provincia di Parma, candidato del centrosinistra con un passato pluriennale da amministratore, sindaco due volte di Fontanellato e presidente dell’Upi (Unione province d’Italia), uomo del Pd chiamato dal partito a farsi avanti alle primarie di coalizione nonostante a livello locale ci si aspettasse la candidatura dell’ex capogruppo di minoranza in consiglio Giorgio Pagliari, non ha convinto. O ha convinto poco. Ci ha provato, ma la sua campagna elettorale è stata segnata da due fattori: l’inceneritore, appunto, per il quale si è speso fino alla fine, e quel doppio ruolo (amministratore e candidato) che nell’Italia post berlusconiana non è più tollerato. Su questi due terreni ha perso.
Il politico di professione, Bernazzoli, e quello nato per caso, Pizzarotti. Bernazzoli per la sua campagna elettorale ha speso centinaia di miglia di euro, si è preso una sede nella centralissima e per alcuni versi prestigiosa piazza della Ghiaia, cuore della tradizione popolare diventata dopo la riqualificazione simbolo del malgoverno di centrodestra. Il candidato del Movimento si è fatto prestare un piccolo ufficio in via Baganzola 29, estrema periferia verso la zona fiera.
Il confronto è spiazzante da tutti i punti di vista, la differenza c’è e si vede. Ma alla fine la decisione di Parma è proprio la meno scontata. Alla comprovata esperienza da amministratori più volte predicata come virtù in questi mesi dal centrosinistra, gli elettori, forse proprio per questo, hanno scelto dall’altra parte. Hanno votato, più che l’inesperienza, la totale estraneità agli apparati e ai partiti. Dopo gli scandali giudiziari della passata amministrazione, le decisioni sbagliate del centrodestra che in 14 anni ha stravolto la città con grandi opere calate dall’alto, dall’inceneritore al Ponte Nord, a Parma hanno scelto consapevolmente dei loro pari per essere amministrati, dimostrando la voglia di azzerare tutto, di ripartire dall’idea, forse utopistica, di democrazia diretta, che tenga veramente in conto i cittadini e non si pieghi alle logiche di potere della città.
Bernazzoli incarnava il modello del politico puro, Pizzarotti è un cittadino che ha deciso di entrare in politica per cambiare quello che non gli piaceva della sua Parma. “Ho proprio piacere che abbia vinto lui – diceva con il sorriso ai giornalisti una donna, schiacciata tra la folla accalcata per conoscere da vicino il nuovo sindaco – Mi piace perché non è nessuno, è proprio come noi”. Questo è il fattore vittoria.