Terminati i test, il ministero ha annunciato che solo venti classe hanno attuato il boicattaggio. Ma secondo i sindacati sono numeri falsi. Un'insegnante: "Ai miei alunni fatte domande che nulla avevano a che fare con il lavoro svolto in classe"
Si sono conclusi i cosiddetti test Invalsi, ossia il mega monitoraggio del grado di preparazione degli studenti nelle scuole, prima alle medie ed elementari, poi alle superiori. E subito il ministero si è affrettato a dare i numeri sulla partecipazione delle classi alle prove. Un dato sconcertante: secondo il Miur solo una ventina di classi avrebbero attuato il boicottaggio. Un dato che in realtà ha un valore molto relativo, se non addirittura nullo.
L’operazione, un retaggio della precedente gestione di Maria Stella Gelmini, si è svolta tra polemiche infuocate non raramente anche di tipo ideologico. Una ragione in più per i proponenti di fare le cose seriamente, per smontare le resistenze più pregiudiziali. E invece i risultati sono di segno opposto. Innanzitutto sulla qualità dei test. “Ai miei alunni – dice una maestra di matematica di sicura professionalità – sono stati somministrate delle domande che poco o nulla riguardavano il lavoro svolto in classe. Che valore potranno avere dunque i risultati di questa prova? Per noi nessuno”.
E poi come si sono svolte le prove? Basta scambiarsi gli insegnanti di classe per garantire un minimo di obiettività. Dalle scuole arrivano segnalazioni di ogni tipo: docenti che aiutavano gli allievi a rispondere ai quiz, docenti distratti che lasciavano copiare l’uno dall’altro, intere classi che hanno consegnato i modelli di prova in bianco. Anomalie a cui i dirigenti scolastici hanno risposto nei modi più disparati: chi ha lasciato fare, chi minaccia sanzioni pesanti sia nei confronti dei docenti che degli studenti che hanno contestato i quiz.
Significativa la presa di posizione dell’Uds (Unione degli studenti): “Il Miur – si legge in un comunicato – dovrebbe assumere il dato ampio del rifiuto che gli studenti hanno messo in campo ed aprire un tavolo di discussione serio con le associazioni studentesche, dei genitori e i sindacati dei docenti su come si valuta realmente la scuola italiana”. E mettono le mani avanti sulle azioni di repressione in risposta a chi ha boicottato le prove: “Denunciamo – conclude nella nota l’ UdS – il comportamento vergognoso di alcuni professori e presidi che hanno minacciato voti in condotta ribassati a causa del boicottaggio e valutazioni sui registri di classe delle prove che vanno al di fuori di ogni senno e legalità. Come sostiene anche l’Invalsi le prove devono essere totalmente anonime ed è vietato risalire dalle prove all’identità dello studente per valutarlo o sanzionarlo, siamo inoltre tutelati dalla libertà di espressione sancita dallo Statuto degli Studenti e delle Studentesse che non può essere sanzionata. Invitiamo pertanto studenti e studentesse che hanno subito questi atti ingiusti di denunciarli al nostro sportello diritti”. La verifica degli apprendimenti degli studenti nella classi è tema certamente serio e delicato. Ma l’operazione del Miur non sembra proprio aver azzeccato le modalità di affrontarlo. Insomma una grande occasione persa.