La crisi del debito e la recessione incalzano, la Grecia fa paura e i mercati mordono dopo le voci di un piano europeo su una possibile uscita di Atene dall’euro: l’Europa deve uscire dal guado e la sfida ora è la crescita, perchè il rigore, da solo, non basta. Ma la sfida sul tavolo stasera dei 27 a Bruxelles – in un vertice “cruciale” anche in vista del Consiglio europeo di giugno – è tutt’altro che facile. Resa ancor più complicata dai tanti distinguo e divisioni. A cominciare dagli eurobond, fortemente caldeggiati da Roma e Parigi che sanciscono un nuovo asse al posto di quella tradizionale alleanza tra Francia e Germania che si è rotta con l’arrivo di Hollande all’Eliseo. E che ha lasciato Angela Merkel sempre più isolata. Voce, quasi unica, a continuare a brandire quel niet alle euro obbligazioni – “non rilanciano la crescita”, è tornata a dire stasera – in nome di un rigore che ormai sta stretto a tutti. E che resta contraria ad ogni ‘mutualizzazione del debitò e qualsiasi allentamento dei cordoni, anche se in chiave produttivà, come la golden rule. 

Il vertice è continuato fino a tarda sera. Alle scintille delle dichiarazioni di Merkel e Hollande all’ingresso della sala segue il silenzio della riunione dove sul tavolo ci sono argomenti fino al mese scorso tabù in queste riunioni. Due le posizioni a sfidarsi nel chiuso dell’aula: l’austerità a tutti i costi della Germania contro gli incentivi alla crescita della Francia.

Un dato su tutti: prima del vertice Hollande ha parlato con Monti e Rajoy. La Merkel non ha parlato con nessuno. Questo fatto tradisce un certo isolamento della Cancelliera adesso che il suo compagno Sarkozy non c’è più. Perfino lo spagnolo Mariano Rajoy, popolare come la Merkel, è più vicino alla posizione di Hollande, d’altronde di mezzo c’è il destino della sua Spagna.

Entrando al vertice, i due duellanti, Merkel e Hollande, avevano manifestato idee perfettamente opposte sugli Eurobond (obbligazioni comuni dei Paesi zona Euro). “Possibilità da considerare” per il presidente francese e “inutili per la crescita” per la tedesca. Di mezzo Monti, che quasi a smorzare i toni aveva precisato che “quella di oggi è una riunione importante ma dove non si prederanno decisioni”. E meno male che il Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy aveva invitato i leader europei a venire a Bruxelles “senza tabù” e con “la mente aperta a ogni soluzione”.

Tuttavia le parole di Monti, così simili a quelle di Hollande a tratti, avevano tradito l’incontro a tu per tu tra i due poco prima del summit. “Ci saranno delle idee forti che saranno menzionate, e gli Eurobond appartengono a questa categoria”, aveva detto Monti. “Sappiamo che per diversi stati membri non sono digeribili in questo periodo, ma è ben elencarle”. Insomma, “una riunione forse più importante di tante altre perché è una pagina aperta”.

È la prima volta che il discorso, o meglio lo scontro, sugli Eurobond finisce sul tavolo del vertice europeo. La ferma opposizione della Germania non è di certo una novità (sia per motivi di interesse nazionale a non avere un unico debito europeo che per fedeltà alla filosofia dell’austerità fiscale in tutti i Paese dell’Eurozona), ma per parlarne a Bruxelles c’è voluto un nuovo presidente francese che non avesse paura di contraddire la collega tedesca.

E la Merkel non può trovare appoggio nemmeno nel connazionale Presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, che a vertice iniziato ha detto in conferenza stampa che “la Germania deve riflettere”, la situazione attuale “a lungo termine non è sostenibile”, perché se ora i tedeschi “sono avvantaggiati dall’avere prestiti allo 0,01% mentre gli altri pagano il 6%”, il risultato finale sarà che “non ci sarà più un mercato europeo per i prodotti tedeschi”, perché “gli altri non avranno i mezzi per comprarli”. 

A rimbalzare sul tavolo della riunione di Bruxelles di stasera, tutta concentrata sulla crescita, c’è anche la drammatica situazione della Grecia. E quello spettro – l’uscita dall’euro, paventato anche oggi dal suo ex premier Papademos – che aleggia con l’avvicinarsi delle nuove elezioni del 17 giugno da cui si teme esca una vittoria dei partiti che non sostengono il piano di salvataggio. L’Europa si prepara. La Bce – si è saputo oggi – ha in cantiere un comitato ad hoc per valutare (e forse gestire) il possibile impatto di una riapparizione della dracma, mentre gli sherpa dell’Eurogruppo avrebbero già invitato i Paesi membri a preparare piani nazionali per sostenere l’impatto dell’addio greco: una notizia accompagnata da qualche smentita, ma anche da molte conferme.

E sulla quale Monti glissa, mentre le indiscrezioni parlano di un possibile ‘indennizzò (50 miliardi di euro) ai greci cui si preparerebbero Bce e Fmi. Anche la Bundesbank esamina lo scenario, giudicandolo “gestibile” anche se “complicato”. Di certo il problema Atene c’è e va affrontato. Come quelli sul tavolo dei leader stasera. Lo ha chiesto il G8. Ma soprattutto lo esigono i mercati. Come hanno dimostrato oggi, innervositi dalle notizie e le attese sul vertice di Bruxelles, anche in chiave greca: le piazze europee hanno bruciato 140 miliardi (fino a -3,5 Piazza Affari) mentre l’euro si è portato ai minimi degli ultimi due anni sul dollaro e lo spread sui bund tedeschi ha ripreso a volare. Sui btp italiani (oltre 440 punti) e sui bonos spagnoli (sopra 480).

I mercati restano ora alla finestra, in attesa di riaprire domani mattina i listini, forse con un incoraggiamento – magari nero su bianco in un comunicato finale del vertice – che superi le divisioni. Come sollecitato anche dal presidente del Pe Martin Schulz, che ha invitato la Germania a fare un passo avanti, a “riflettere”. Perchè le istituzioni europee – parlamento, commissione e consiglio – guardano dall’altra parte rispetto a Berlino. Ad un pacchetto più orientato alla ripresa, come dimostrato dal via libera ai project bond, alla Tobin Tax e all’apertura al ‘redemption fund’(fondo per ‘mutualizzarè l’eccedenza dei debiti oltre il 60% del Pil, che rappresenta un embrione degli eurobond).

Tra i punti affrontati stasera, anche la ricapitalizzazione della Bei e l’uso dei fondi strutturali. E se non è esclusa anche una riflessione sulla politica della Bce – al vertice c’è anche il responsabile dell’Eurotower Mario Draghi – e sulla necessità di un allentamento del costo del denaro per liberare potenza di fuoco, un giro di tavolo potrebbe toccare anche la Spagna, alle prese anche con il nodo della ristrutturazione del suo sistema bancario. E, ancora, il rischio di una corsa ai depositi da parte dei cittadini europei. Sempre più angosciati dalla crisi, dall’austerity e dalla mancanza di lavoro.

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