“Non delude mai: quando ti aspetti che dica una scempiaggine, la dice” scriveva Montanelli di Berlusconi. Su Sgarbi la descrizione diventa più variegata, perché le scempiaggini le spara, in aggiunta, anche quanto non ce lo si aspetta. Di fronte al terremoto in Emilia, Vittorio Sgarbi è infatti capacissimo, come ha fatto, di uscirsene con un: “L’aspetto positivo è che, come nel Friuli, la ricostruzione sarà rapida, mentre nel Meridione sarebbe stata una catastrofe”. Non soddisfatto, rincara la dose: “Gli emiliani non staranno certo con le mani in mano, mentre in Abruzzo, all’Aquila, si vive d’inerzia, tutto è fermo come all’inizio, si aspetta solo che lo Stato faccia qualcosa e intanto ci si piange addosso”.E ancora: “All’Aquila sono passati tre anni, ma è tutto esattamente come all’indomani del sisma. Stanno con le mani in mano, ad aspettare…”.
Che dire di fronte a tanta disinibita ignoranza? Informare Sgarbi che L’Aquila era diventata ostaggio dell’emergenza e palcoscenico per il G8 pro domo di un premier da avanspettacolo è del tutto inutile. Suggerirgli qualche documento non governativo, tipo Comando e Controllo o Draquila, che gli fornisca qualche elemento in più di riflessione sul perché lì sia ancora tutto da fare, è un esercizio superfluo se non impossibile. Orfano del suo mentore al quale è stato chiesto di farsi da parte, vaga confuso alla ricerca di qualcosa di originalmente controcorrente da proporre, anche se ignora la materia. Stavolta ha voluto destinare le sue attenzioni a coloro che, danneggiati dal terremoto e da chi ci ha speculato, devono per giunta subire la malasorte del tuttologo che sentenzia a vanvera con un curriculum non esaltante quanto a trasparenza.
Infatti, tra lettere false recitate in diretta tv per infangare Caselli usando il nome di don Pino Puglisi e una campagna elettorale a Salemi che l’ha portato a vestire la fascia tricolore con don Pino Giammarinaro come sponsor, passando per una condanna per falso e truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato in quanto assenteista, Sgarbi si candida a diventare la perfetta sintesi di quanto ama addebitare agli altri. “Si vive d’inerzia, tutto è fermo come all’inizio, si aspetta solo che lo Stato faccia qualcosa”. Tipo offrirgli uno stipendio, una consulenza o, perché no, un nuovo programma televisivo (sperando che stavolta dimostri di esserne all’altezza).