Tre studi legali Usa hanno depositato azioni legali contro il social network per conto dei neo azionisti che accusano la compagnia e i sottoscrittori di aver nascosto loro informazioni rilevanti. Anche la commissione bancaria al Senato ha aperto indagine informale. Il titolo ha perso quasi il 20% in tre giorni
Neanche il tempo di far suonare la campanella e mandare sul mercato azionario più influente del mondo la sua creatura e Mark Zuckeberg, novello sposo, deve fare i conti con i titoli sulle montagne russe e gli investitori inferociti e pronti a una class action a tempi di record. Facebook perde molti amici e acquista altrettanti nemici. Chi ha comprato le azioni, che prima della quotazione a Wall Street erano valutate a 38 dollari per poi scendere, pensano di essere stati danneggiati dal fatto che l’azione del social network più famoso del mondo ha già perduto il 20% del suo valore. Tre studi legali Usa hanno depositato le azioni contro Facebook per conto di alcuni investitori, che accusano la compagnia e i sottoscrittori del suo collocamento alla borsa di New York di aver nascosto loro informazioni rilevanti.
L’Ipo, ovvero l’offerta pubblica iniziale, da 16 miliardi di dollari si è infatti rivelata un flop, con una prima seduta chiusa faticosamente in pareggio e perdite pari all’11% solo nel secondo giorno di contrattazioni. Nei primi tre giorni di contrattazioni il titolo ha registrato una perdita complessiva del 18%, suscitando numerose perplessità sulle dinamiche del secondo collocamento della storia di Wall Street. A innescare le azioni legali, depositate presso la Corte Federale di Manhattan, è il sospetto che i grandi investitori istituzionali avessero ricevuto analisi privilegiate riguardo al ridimensionamento degli obiettivi di bilancio di Facebook, spingendoli a vendere, lasciando il cerino in mano ai piccoli investitori. Nel mirino c’è soprattutto Morgan Stanley che, secondo fonti finanziarie, avrebbe avuto il controllo esclusivo delle operazioni tenendo fuori gli altri ventidue soggetti che avevano sottoscritto l’Ipo, non diffondendo le necessarie informazioni. Secondo la ricostruzione del New York Times, i dirigenti di Facebook alla vigilia del collocamento avevano comunicato in una conference call con gli analisti che gli introiti della pubblicità legata alla telefonia cellulare avrebbero deluso le aspettative, costringendo la compagnia a rivedere al ribasso del 5% le stime sul fatturato del secondo trimestre.
Gli analisti di Morgan Stanley e di altre società avrebbero quindi riferito immediatamente ai clienti di abbassare le aspettative sul debutto in borsa della creatura di Zuckerberg. Molti grandi investitori avrebbero di conseguenza ridotto gli ordini mentre la domanda da parte dei piccoli, preda dell’entusiasmo, continuava a salire. A salire abbastanza da compensare la parziale marcia indietro degli investitori istituzionali e spingere quindi Facebook e Morgan Stanley a ritenere che un prezzo d’offerta di 38 dollari ad azione rimanesse giustificabile. Un convincimento che si è rivelato azzardato già dalla prima giornata di contrattazioni, già funestata da imbarazzanti problemi tecnici che hanno costretto il Nasdaq a scusarsi (fonti finanziarie parlano di un numero piuttosto ingente di operazioni di trading commissionate ma mai effettuate), dove, secondo quanto riferiscono i trader, il titolo riuscì a chiudere in pareggio solo grazie ai colossali ordini di acquisto giunti da Morgan Stanley, che tentava disperatamente di mantenere il prezzo in pareggio, arrivando, a quanto si apprende, a spendere due miliardi di dollari solo negli ultimi venti minuti di contrattazioni. Il giorno dopo sono partite subito le accuse dalle altre grandi banche, che hanno incolpato la rivale di aver venduto troppe azioni al pubblico e di aver fissato un prezzo eccessivo. Nel frattempo, prima ancora dei piccoli investitori, si erano già mosse le autorità Lo Stato del Massachusetts ha citato in giudizio la banca, la Financial Industry Regulatory Authority, l’autorità interna di Wall Street, ha aperto delle indagini e la Security and Exchange Commission, la Consob a stelle e strisce, ha annunciato, per bocca del presidente Mary L. Schapiro, che esaminerà presto il dossier, senza fornire ulteriori dettagli. Intanto la Cnbc, specializzata nelle informazioni economiche e finanziarie, fa sapere che la commissione bancaria del Senato indaga sul sociale network per cercare di capire i problemi relativi dell’ipo del social network. A inizio seduta odierna il titolo fa registrare un aumento di quasi il 3%. La prima tegola per la quotazione era arrivata una settimana dal debutto quando General Motors aveva annunciato il ritiro della pubblicità.