Ho visto, come credo tanti altri italiani, il film sugli ultimi 57 giorni di Paolo Borsellino ieri sera. Luca Zingaretti è uno dei miei attori preferiti, per la bravura nel recitare ma anche nello scegliere ruoli sempre interessanti da interpretare. Purtroppo, avendo sotto gli occhi costantemente i video di Paolo, i suoi modi di dire, le sue inflessioni, i suoi sguardi, non mi è stato facile rivederlo in Zingaretti. Ma devo dire che per la prima volta in televisione si è parlato espressamente di trattativa, di servizi segreti deviati, di tradimento delle Istituzioni e della famosa agenda rossa e questa è una vittoria non indifferente per tutti gli italiani che aspettano la verità e che cercano di informare i propri ragazzi il cui unico mezzo di informazione sono le fictions e i film. Io stessa ho conosciuto la storia di Peppino Impastato attraverso il film “I cento passi” o quella di Giorgio Perlasca in “Un eroe italiano”.
Poi oggi vedo tutto questo caos di commenti e di servizi e di video sulla ricorrenza della strage di Capaci, tutti questi attestati di solidarietà e di stima nei confronti di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. E mi è salita una gran rabbia. E la voglia gridare una parola: ipocriti.
Uso le parole di Ilda Bocassini: “Non c’è stato uomo in Italia che ha accumulato nella sua vita più sconfitte di Falcone: bocciato come consigliere istruttore, bocciato come procuratore di Palermo, bocciato come candidato al CSM e sarebbe stato bocciato anche come procuratore nazionale antimafia se non fosse stato ucciso. Eppure ogni anno si celebra l’esistenza di Giovanni come fosse stata premiata da pubblici riconoscimenti o apprezzata nella sua eccellenza. Un altro paradosso. Non c’è stato uomo la cui fiducia e amicizia è stata tradita con più determinazione e malignità.”
E uso le parole di Paolo Borsellino: “Un amico mi ha tradito. (…) Sto vedendo la mafia in diretta.”
Non abbiamo bisogno di parole false e vuote o di presenze due giorni l’anno da parte delle istituzioni. L’unico modo che hanno per rendere omaggio alla vita e al valore di questi due magistrati è quello di far luce sulle stragi. Togliete i segreti di Stato sulle loro morti e raccontate quello che sapete e tenete nascosto da più di vent’anni. Come sulla morte di Nino Agostino e di sua moglie. O di Attilio Manca. O di Adolfo Parmaliana. O sulle stragi del ’93.
Vogliamo la verità. E la vogliamo una volta per tutte. Altrimenti rimanete nei vostri palazzi d’oro e state zitti.
La vera Italia, le vere Istituzioni, quelle con la I maiuscola, erano ieri sera al Palazzo di Giustizia di Palermo. Qui.
Federica Fabbretti